Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25062 del 07/12/2016


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Cassazione civile sez. VI, 07/12/2016, (ud. 04/10/2016, dep. 07/12/2016), n.25062

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. ARMANO Uliana – Consigliere –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 4459/2015 proposto da:

M.L., elettivamente domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR

presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato

GIANFRANCO MASSA, giusta delega in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

B.A.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 4746/2014 del TRIBUNALE di LECCE, emessa e

depositata il 09/12/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

04/10/2016 dal Consigliere Relatore Dott. FRANCESCO MARIA CIRILLO.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. B.A. convenne in giudizio, davanti al Giudice di pace di Alessano, M.L. e, sulla premessa di avergli versato, a titolo di prestito, la somma di Euro 1.000 con assegno bancario poi incassato, chiese che il convenuto fosse condannato a restituirgli detta somma.

Si costituì in giudizio il convenuto chiedendo il rigetto della domanda, sul rilievo che la somma a lui versata costituiva un compenso professionale e non un prestito.

Il Giudice di pace accolse la domanda.

2. Nei confronti della pronuncia è stato proposto appello dal soccombente M. e il Tribunale di Lecce, con sentenza del 9 dicembre 2014, ha dichiarato inammissibile l’appello, osservando che la sentenza di primo grado era stata notificata in data 20 dicembre 2012 e che l’atto di appello era stato notificato il successivo 24 gennaio 2013, cioè oltre il termine di trenta giorni di cui all’art. 325 c.p.c..

3. Contro la sentenza del Tribunale di Lecce ricorre M.L. con atto affidato a tre motivi.

B.A. non ha svolto attività difensiva in questa sede.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo di ricorso lamenta violazione dell’art. 149 c.p.c., comma 3 e censura la sentenza d’appello sul rilievo che il Tribunale avrebbe erroneamente assunto, ai fini del calcolo della tempestività dell’appello, il giorno di spedizione dell’impugnazione anzichè quello dell’effettiva ricezione, trattandosi di notifica avvenuta a mezzo posta. I poichè il plico era pervenuto il 28 dicembre 2012, l’appello doveva essere ritenuto tempestivo.

1.1. Il motivo è fondato.

Occorre innanzitutto rilevare che l’osservazione compiuta dal ricorrente in ordine alla violazione dell’art. 149, comma 3, cit. è certamente corretta, poichè non c’è dubbio che, in caso di notifica a mezzo posta, il perfezionamento avviene per il destinatario nel momento in cui egli ha “la legale conoscenza dell’atto”, momento che non necessariamente coincide con quello della spedizione della notifica, ben potendo essere necessari anche più giorni per il perfezionamento del procedimento di notificazione.

Ciò posto, il Collegio osserva che dal controllo degli atti processuali a disposizione della Corte – controllo doveroso in considerazione del genere di censura prospettato – risulta che la questione è stata dibattuta nel corso del giudizio di appello e che le parti furono invitate a dare conto delle rispettive affermazioni circa la ricezione della notifica della sentenza di primo grado. Nonostante ciò, in atti non è dato rinvenire la prova di quanto il ricorrente oggi sostiene, e cioè che la notifica, spedita il 20 dicembre 2012, pervenne a lui soltanto il successivo 28 dicembre. Deve cioè rilevarsi che, allo stato, non è dato sapere quando effettivamente si perfezionò la ricezione del plico da parte dell’odierno ricorrente.

1.2. Il punto sul quale la Corte è chiamata a pronunciarsi, quindi, si risolve nello stabilire su chi debba ricadere, nel caso in esame, l’effetto processuale negativo della mancanza della prova in ordine alla data di ricezione, da parte del destinatario, della notifica della sentenza di primo grado ai fini del decorso del termine breve per l’impugnazione. Ritiene il Collegio – in conformità a quanto già disposto con l’ordinanza 14 giugno 2016, n. 12177, di questa stessa Sezione, in una vicenda affatto identica a quella odierna e venente tra le stesse parti – che in tema di impugnazioni, se è vero) che è onere dell’impugnante dare la prova della tempestività dell’impugnazione, tuttavia, a norma dell’art. 2697 c.c., la parte che nell’impugnazione di una sentenza intenda avvalersi del termine annuale di cui all’art. 327 c.p.c., ha solo l’onere di dimostrare – attraverso la produzione della sentenza munita della certificazione della sua pubblicazione – che questa è avvenuta entro l’anno precedente l’atto di impugnazione, e non anche che la sentenza stessa non le sia stata notificata (prova negativa impossibile). Incombe, viceversa, alla parte cui sia stato notificato un atto di impugnazione entro il predetto termine di cui all’art. 327 c.p.c., qualora eccepisca la necessità dell’osservanza del termine breve e l’avvenuto superamento del medesimo, provarne il momento di decorrenza. A tal fine è necessaria la produzione della copia autentica della sentenza impugnata corredata dalla relata di notificazione, integrata, nel caso di notificazione a mezzo posta, dall’avviso di ricevimento della raccomandata, che non ammette equipollenti, con la conseguenza che la mancata produzione di tali documenti determina l’inesistenza della notifica della sentenza, impedendo il decorso del termine breve di impugnazione.

Ne consegue che, poichè è colui il quale notifica una sentenza ad essere destinatario della cartolina che attesta il ricevimento della medesima da parte del notificato, nella specie il dubbio sulla data effettiva di ricezione non può ricadere in danno dell’odierna parte ricorrente.

2. Gli ulteriori motivi di ricorso, riguardando il merito della vicenda, rimangono assorbiti.

3. Il ricorso, pertanto, è accolto e la sentenza impugnata è cassata. Il giudizio è rinviato al Tribunale di Lecce, in persona di un diverso Magistrato, il quale deciderà il merito dell’appello erroneamente ritenuto inammissibile.

Al giudice di rinvio è demandato anche il compito di liquidare le spese del presente giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia al Tribunale di Lecce, in persona di un diverso Magistrato, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 3, il 4 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 7 dicembre 2016

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