Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2506 del 03/02/2021

Cassazione civile sez. III, 03/02/2021, (ud. 06/10/2020, dep. 03/02/2021), n.2506

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 32939-2019 proposto da:

C.S., elettivamente domiciliato in Vincenza, via Napoli,

n. 4 presso l’avv. MASSIMO RIZZATO;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo

rappresenta e difende;

– resistente –

avverso la sentenza n. 1742/2018 della CORTE D’APPELLO di BARI,

depositata il 11/10/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

06/10/2020 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE CRICENTI.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Il ricorrente, di nome C.S., è cittadino della Costa d’Avorio. Giunto in Italia, ha chiesto lo status di rifugiato, la protezione sussidiaria e quella umanitaria.

A fondamento delle sue richieste ha riferito di essere perseguitato in patria per ragioni politiche, avendo aderito al partito FPI, avverso alla maggioranza politica e di avere perso il padre durante gli scontri politici del 2010.

La Commissione territoriale non ha creduto al suo racconto, cosi come il Tribunale e la Corte di appello, aditi per impugnare la decisione amministrativa.

La corte di appello, in particolare, ha evidenziato non soltanto l’inverosimiglianza del racconto ma ha altresì escluso che in Costa D’Avorio possa presentarsi una situazione di generalizzato conflitto armato, tale da mettere a repentaglio la sicurezza personale del ricorrente.

Questa ratio è contestata da C. con due motivi di ricorso.

V’è costituzione del Ministero.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.- Va intanto considerato che il ricorso è tardivo.

Lo ammette lo stesso ricorrente, il quale afferma di non essere stato tempestivamente avvisato dal precedente difensore del deposito della sentenza di appello, di averne avuto dunque diretta ma tardiva conoscenza, non per sua colpa, e chiede di essere rimesso in termini.

Si tratta però di una richiesta non accogliibile. La mancata tempestiva conoscenza della sentenza impugnata è dipesa, per come ammesso, da una eventuale omissione del difensore, che non ha avvisato il ricorrente in tempo, e dunque non può parlarsi di causa scusabile del ritardo nel ricorso. Sempre ammesso che effettivamente non sia stata data alcuna comunicazione alla parte: manca in ricorso un qualsiasi argomento di prova di tale assunto.

Va dunque dichiarata l’inammissibilità.

2.- Ad ogni modo i due motivi sono anche essi inammissibili.

2.1.- Il primo motivo in realtà non è tale in senso stretto, posto come una questione preliminare e mira a dimostrare l’illegittimità costituzionale del D.L. n. 13 del 2017, che però non è applicato nel caso concreto. La corte di merito ha deciso le richieste del ricorrente sulla base della normativa previgente, ed applicabile ratione temporis; dunque l’eventuale illegittimità costituzionale del D.L. n. 13 del 2017 è irrilevante.

2.2.- Il vero motivo di ricorso invece denuncia difetto di motivazione quanto alla credibilità del racconto del ricorrente.

Secondo costui la corte non avrebbe considerato che effettivamente vi sono stati scontri in Costa d’Avorio, oltre al rischio di attacchi terroristici.

Anche questo motivo è inammissibile in quanto non coglie la ratio della decisione impugnata, che non sta nella negazione di un certo clima politico e sociale della Costa d’Avorio, su cui peraltro la corte si sofferma, citando adeguatamente le sue fonti di conoscenza, quanto sta nella contestazione che tale clima possa riguardare il ricorrente. I giudici di merito non ritengono inverosimile la situazione generale del paese, ma ritengono inverosimile il racconto personale del ricorrente, ossia la sua affermazione di essere stato membro di un partito coinvolto nella lotta polita armata e di aver perso il padre in quel contesto, che è cosa diversa.

Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Nulla spese. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, la Corte dà atto che il tenore del dispositivo è tale da giustificare il pagamento, se dovuto e nella misura dovuta, da parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, il 6 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 3 febbraio 2021

 

 

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