Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25055 del 10/10/2018

Cassazione civile sez. II, 10/10/2018, (ud. 17/05/2018, dep. 10/10/2018), n.25055

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CORRENTI Vincenzo – Presidente –

Dott. SABATO Raffaele – rel. Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23750-2014 proposto

C.M., I.L., elettivamente domiciliati in ROMA,

VIA GERMANICO 172, presso lo studio dell’avvocato MASSIMO OZZOLA,

che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato MARIO

MIGLIORINI;

– ricorrenti –

contro

O.G., elettivamente domiciliato in ROMA, LARGO GEN.

GONZAGA DEL VODICE 2, presso lo studio dell’avvocato ALESSANDRO

PAZZAGLIA, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato

FULVIA BACCOS;

– controricorrente –

e contro

O.M., O.V.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1632/2013 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 05/07/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

17/05/2018 dal Consigliere RAFFAELE SABATO.

Fatto

RILEVATO

che:

1. Con atto di citazione notificato in data 27.04.1999 i coniugi I.L. e C.M. hanno convenuto in giudizio G., V. e O.M. chiedendo l’accertamento dell’esistenza di un diritto di servitù di passaggio pedonale e carraio, costituito per destinazione del padre di famiglia, a carico dell’androne sito a piano terra dell’immobile ubicato in (OMISSIS), nonchè a carico del cortile interno di proprietà di O.G., con condanna alla rimozione del lucchetto apposto al portone interno di accesso al cortile. Hanno chiesto altresì, in via subordinata, la costituzione del diritto di servitù di passaggio coattivo a favòre del cortile di loro proprietà, dal momento che quest’ultimo si presenterebbe del tutto intercluso. Hanno infine domandato condanna delle controparti al risarcimento dei danni.

2. Si è costituito in giudizio O.G. negando la sussistenza della servitù, ed eccependone, in ogni caso, l’avvenuta prescrizione; si sono costituiti gli altri convenuti contestando quando dedotto da parte attrice.

3. Con sentenza depositata in data 23.05.2005 il tribunale di Padova, previo svolgimento di c.t.u. e assunzione di prove testimoniali, e previa separazione della causa relativa alla domanda proposta nei confronti di V. e O.M., ha respinto la domanda attrice principale, accogliendo invece quella subordinata,’ accertando l’interclusione del cortile degli attori e disponendo la costituzione coattiva della servitù di passaggio.

4. Avverso la predetta decisione O.G. ha proposto appello. Si sono costituiti i coniugi I. e C., proponendo appello incidentale e richiedendo l’accertamento dell’esistenza della servitù per destinazione del padre di famiglia. Si è costituita anche O.V., proponendo appello incidentale in ordine alla disposta separazione di cause e insistendo per il rigetto della domanda svolta dagli attori nei suoi confronti nel giudizio di primo grado. O.M. è rimasto contumace.

5. Con sentenza depositata in data 05.07.2013 la corte d’appello di Venezia, in accoglimento dell’appello, ha parzialmente riformato la sentenza impugnata denegando la costituzione della servitù coattiva di passaggio pedonale per carenza di interclusione, rigettando le restanti domande proposte in via di appello incidentale, anche per carenza del requisito dell’apparenza ai fini della costituzione di servitù per destinazione del padre di famiglia, e in particolare dichiarando inammissibile l’appello incidentale proposto da O.V. sulla separazione di cause.

6. Per la cassazione della sentenza hanno proposto ricorso I.L. e C.M. sulla base di tre motivi. Ha resistito O.G. con controricorso contenente ricorso incidentale su un motivo. V. e O.M. non hanno svolto difese.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo del ricorso principale si lamenta violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1061 e 1062 c.c., per aver la corte d’appello erroneamente ritenuto il carattere “non apparente” della servitù ai fini della costituzione per destinazione del padre di famiglia, dal momento che risulterebbe da un lato indubbia la presenza di opere visibilmente funzionali alla medesima servitù, e che dall’altro la valutazione dell’apparenza dovrebbe essere effettuata con riferimento esclusivo al momento del frazionamento del fondo, e non ad un momento successivo.

1.1. Il motivo è inammissibile.

1.2. Sul punto la corte di appello ha evidenziato come, ai fini della qualifica della servitù come “apparente”, nel caso di specie, non fosse effettivamente riscontrabile l’univoca destinazione dell’androne e del cancello a servizio dell’immobile di proprietà dei coniugi I., mancando pertanto il presupposto fondamentale per la costituzione della servitù ex art. 1062 c.c.. Non risulta alcuna considerazione in ordine all’evoluzione dello stato dei luoghi nel tempo.

1.3. Alla luce di ciò, il motivo avrebbe dovuto farsi carico di specificare in qual modo la suddetta statuizione (invero costituente accertamento in fatto, un’eventuale rivalutazione del quale è preclusa in sede di legittimità) si sia posta contro il precetto di legge anzidetto in materia di apparenza delle servitù costituite per destinazione del padre di famiglia. Viceversa, le argomentazioni addotte appaiono tutte di merito.

1.4. Poichè ciò che rileva ai fini dell’integrazione del suddetto requisito è la presenza di opere visibili e permanenti obiettivamente destinate all’esercizio che rivelino in modo non equivoco l’esistenza del peso gravante sul fondo servente, in modo da rendere manifesto che non si tratta di attività compiuta in via precaria, bensì di preciso peso a carattere stabile, l’assenza del requisito in sè – ritenuta dalla corte d’appello con valutazione come detto di merito – è contestata dalla ricorrente non come violazione di legge, bensì con critiche che afferiscono alla fattispecie concreta e non a quella astratta (da riferire all’interpretazione della norma).

1.5. Il motivo del resto neppure si fa carico di indicare in qual modo la norma sarebbe violata, in relazione a risultanze processuali che non emergenti dalla sentenza – attesterebbero una evoluzione dello stato dei luoghi.

1.6. In particolare, la discussione delle risultanze dell’istruttoria testimoniale alle pp. 15 e 16 del ricorso sottopone a questa corte un riesame di accertamenti svolti dalla corte d’appello, inammissibile in cassazione.

2. Con il secondo motivo del ricorso principale si lamenta la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1073 e 2697 c.c., per aver la corte territoriale individuato erroneamente il dies a quo ai fini della prescrizione, non considerando che l’atto di disposizione del fondo da parte del proprietario unico (nello specifico, donazione di parte dell’immobile al figlio O.G.) risale al 1975 e non agli anni ‘50, ed altresì per non aver rilevato l’assoluta insufficienza delle prove testimoniali fornite ai fini della prescrizioine.

2.1. Il motivo – inammissibile per quanto già esposto in precedenza in ordine al riesame richiesto delle risultanze istruttorie – è per il resto parimenti inammissibile.

2.2. Deve rilevarsi come la corte d’appello (p. 18 della sentenza), dopo aver a lungo argomentato in ordine alla non configurabilità di avvenuta costituzione della servitù per destinazione del padre di famiglia, abbia statuito: “Ad abundantiam si osserva che, se anche vi fosse stata una servitù, la stessa sarebbe oggi estinta per non uso ventennale”.

2.3. Va sul punto data continuità alla giurisprudenza (v. Cass. n. 22380 del 22/10/2014) per cui in sede di legittimità sono inammissibili, per difetto di interesse, le censure rivolte avverso argomentazioni contenute nella motivazione della sentenza impugnata e svolte ad abundantiam, poichè esse, in quanto prive di effetti giuridici, non determinano alcuna influenza sul dispositivo della decisione.

3. Con il terzo motivo del ricorso principale si lamenta là violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1051 e 2697 c.c. per non aver il giudice di secondo grado considerat9 il cortile di proprietà dei ricorrenti come intercluso, dal momento che, alla stregua del principio dell’onere della prova, incombeva sul convenuto l’onere di dimostrare la possibilità di facili vie di accesso alternativo, onere peraltro non assolto. Inoltre, si lamenta il presunto errore della corte locale nell’aver escluso la interclusione del fondo solo in riferimento alla possibilità di transito a piedi, non considerando altre possibili modalità di accesso connesse alle specifiche esigenze del fondo medesimo, integranti il “conveniente uso” del fondo ai sensi dell’art: 1051 c.c..

3.1. Il motivo è anch’esso inammissibile. Esso, infatti, non individua in qual modo la sentenza impugnata abbia violato il riparto dell’onere della prova (competendo a chi invoca la costituzione della servitù provare l’interclusione e a chi eccepisse l’esistenza di accessi alternativi di dimostrare questi ultimi), ma contesta nel merito il risultato valutativi, cui la corte veneta è pervenuta, di ritenere il fondo non intercluso (svolgendo poi considerazioni per cui, se l’interclusione esistesse, sarebbe relativa, con applicazione dell’esenzione dei cortili di cui all’art. 1051 c.c.).

3.2. Le argomentazioni svolte con il motivo, tese a negare che un passaggio dall’immobile dei coniugi I. alla porzione di cortile di loro proprietà fosse comunque possibile, con le modalità esplicate dalla corte territoriale, sottopongono dunque ancora una volta a questa corte una inesigibile istanza di riesame del merito.

4. Con l’unico motivo di ricorso incidentale si lamenta l’omesso esame circa un punto decisivo del giudizio per non aver la corte d’appello accolto motivo di appello teso a veder emessa condanna alla chiusura di un varco che collega il giardino al locale ex legnaia, connesso a sua volta all’appartamento attraverso una scala interna. La corte ritenendo come il tribunale il varco da sempre esistente – non avrebbe considerato che si era realizzato un ampliamento di una precedente apertura ad opera della controparte.

4.1. Il motivo deve ritenersi, come i precedenti, inammissibile in quanto volto a sollecitare la revisione di un accertamento di fatto, incensurabile in sede di legittimità.

4.2. La circostanza stessa, poi, che la corte d’appello abbia esaminato la questione, seppur non addivenendo al risultato processuale auspicato dal ricorrente incidentale, attesta la non riconducibilità della doglianza all’omesso esame di un fatto storico, ma – al limite – alla mancata menzione di un elemento istruttorio (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5).

5. In definitiva, il ricorso principale va rigettato al pari di quello incidentale, con compensazione delle spese per soccombenza reciproca. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater va dato atto del sussistere dei presupposti per, il versamento da parte dei ricorrenti sia principali sia incidentale dell’ulteriore importo pari al contributo unificato dovuto per il ricorso a norma dell’art. 13 cit., comma 1 bis.

P.Q.M.

la corte rigetta il ricorso principale e il ricorso incidentale; compensa le spese del giudizio di legittimità; ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater dà atto del sussistere dei presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti sia principali sia incidentale dell’ulteriore importo pari al contributo unificato dovuto per il ricorso a norma dell’art. 13 cit., comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione seconda civile, il 17 maggio 2018.

Depositato in Cancelleria il 10 ottobre 2018

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