Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25055 del 08/10/2019

Cassazione civile sez. trib., 08/10/2019, (ud. 26/03/2019, dep. 08/10/2019), n.25055

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –

Dott. PERRINO Angelina Maria – Consigliere –

Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

Dott. CHIESI Gian Andrea – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 23419-2016 proposto da:

IMPRESE LIPPOLIS S.R.L., in persona del legale rappresentante p.t.

(P.I. (OMISSIS)) rapp. e dif., in virtù di procura speciale a

margine del controricorso, dagli Avv.ti MAURIZIO DE LORENZI e

GIUSEPPE TINELLI, presso lo studio del quale ultimo sono tutti

elett.te dom.ti in Roma, alla Via Villa Severini, n. 54;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE DOGANE E DEI MONOPOLI, in persona del Direttore p.t.

(C.F. (OMISSIS)), dom.to ope legis in Roma, alla Via dei Portoghesi,

n. 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che lo rapp. e

dif.;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 520/2016 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della PUGLIA, depositata l’01/03/2016;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

26/03/2019 dal Consigliere Dott. GIAN ANDREA CHIESI;

udito il Pubblico Ministero, nella persona del Dott.ssa ZENO

IMMACOLATA, che ha concluso per il rigetto del ricorso; udito l’Avv.

ANNA COLLABOLLETTA per la parte controricorrente.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Nel corso del 2012 l’AGENZIA DELLE DOGANE – DIRETTORE INTERREGIONALE PER LA PUGLIA, IL MOLISE E LA BASILICATA, notificò alla IMPRESE LIPPOLIS S.P.A., in persona del legale rappresentante p.t., due atti (prot. n. (OMISSIS) e (OMISSIS), dell’11.3.2012) di revoca, in autotutela, dei precedenti provvedimenti (prot. n. (OMISSIS) e (OMISSIS) del 27.10.2011) di annullamento, anch’essi in autotutela, delle Decisioni assunte nel corso del 2011 dal Direttore Interregionale dell’Agenzia delle Dogane per la Puglia, il Molise e la Basilicata in merito alla controversia doganale instaurata dalla società contribuente sulla classificazione attribuita alla merce (nella specie, tavoli in metallo e cristallo) dalla stessa importata.

2. In particolare, a fronte dell’originaria classificazione della merce importata in termini di “mobili di altre materie”, la IMPRESE LIPPOLIS instaurò una controversia doganale, onde conseguire la diversa classificazione in termini di “altri mobili di metallo”, conclusasi con due provvedimenti di rigetto del Direttore Interregionale per la Puglia, il Molise e la Basilicata dell’Agenzia delle Dogane. Avverso tali provvedimenti furono quindi contestualmente proposti (a) ricorsi innanzi alla C.T.P. di Taranto nonchè (b) istanze, al medesimo Direttore Interregionale, di loro annullamento in autotutela: queste ultime furono accolte, con provvedimenti prot. n. (OMISSIS) e (OMISSIS) del 27.10.2011.

3. Sennonchè, con due successivi atti (prot. n. (OMISSIS) e (OMISSIS), dell’11.3.2012) notificati alla IMPRESE LIPPOLIS il 17.4.2012, l’Ufficio provvide – come detto alla revoca, in autotutela, di tali provvedimenti di annullamento, contestualmente confermando le originarie Decisioni di controversia doganale;

4. Avverso tali atti di revoca la IMPRESE LIPPOLIS propose, quindi, ricorso innanzi alla C.T.P. di Bari che, con sentenza 3276/2014, previa riunione li rigettò; tale decisione fu quindi impugnata dalla contribuente innanzi alla C.T.R. della Puglia che, con sentenza n. 520/2016, depositata 113.2016, confermò la decisione di prime cure, ritenendo pienamente legittima la revoca, in autotutela, dei precedenti provvedimenti di annullamento, anch’essi in autotutela, delle Decisioni di controversia doganale.

5. Avverso tale decisione la IMPRESE LIPPOLIS ha quindi proposto ricorso per cassazione, affidato a sei motivi. Si è costituita, con controricorso, l’AGENZIA DELLE DOGANE E DEI MONOPOLI.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo parte ricorrente si duole (in relazione, rispettivamente, all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 4 e 3) della violazione dell’artt. 132 c.p.c. e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, nonchè dell’art. 19 Reg. CE n. 450/2008 (già art. 9 Reg. CEE n. 2913/1992) per avere reso una motivazione contraddittoria in relazione alla ritenuta legittimità del provvedimento di revoca, in autotutela, dei precedenti provvedimenti di annullamento, anch’essi in autotutela, delle Decisioni assunte nel corso del 2011 dal Direttore Interregionale dell’Agenzia delle Dogane per la Puglia, il Molise e la Basilicata in merito alla controversia doganale instaurata dalla società contribuente sulla classificazione della merce (nella specie, tavoli in metallo e cristallo) importata, legittimità della revoca fondata sulla sopravvenuta conoscenza – in realtà, si opina, mancante – di informazioni sugli elementi caratterizzanti la merce in questione rispetto all’annullamento in autotutela.

1.1. Va anzitutto chiarito che il motivo, sì come proposto, deve essere correttamente qualificato in termini di vizio motivazionale ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, essendosi parte ricorrente complessivamente doluta non già dell’erronea ricognizione, da parte della C.T.R., della fattispecie astratta recata dal citato art. 19 (già 9) quanto, piuttosto, di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa (cfr., da ultimo, Cass., Sez. 6-2, 12.10.2017, n. 24054, Rv. 646811-01).

1.2. Sennonchè, pur così riqualificato, il motivo esorbita dai confini del vizio motivazionale denunziabile ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, ormai circoscritto, a seguito della riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, conv., con modif., dalla L. n. 134 del 2012, alla sola verifica della violazione del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111 Cost., comma 6, individuabile nelle ipotesi di “mancanza della motivazione quale requisito essenziale del provvedimento giurisdizionale”, di “motivazione apparente”, di “manifesta ed irriducibile contraddittorietà” e di “motivazione perplessa od incomprensibile”, al di fuori delle quali il vizio in questione può essere dedotto solo per omesso esame di un “fatto storico”, che abbia formato oggetto di discussione e che appaia “decisivo” ai fini di una diversa soluzione della controversia (cfr. Cass., Sez. U., 7.4.2014, n. 8053, Rv. 629830-01, cit. nonchè, da ultimo, Cass., Sez. 3, 12.10.2017, n. 23940, Rv. 645828-01).

1.3. In particolare, sviluppando nello specifico quanto appena esposto, si deve rilevare come la decisione impugnata fondi, in parte qua, sull’assunto che la formulazione del citato art. 9 (attuale 19) sia tale da comprendere le ipotesi di revoca dell’atto favorevole al contribuente (i.e., l’atto di annullamento in autotutela delle “Decisioni”) dovuta alla sopravvenuta conoscenza degli elementi caratterizzanti la merce importata, per effetto di informazioni acquisite successivamente all’annullamento stesso, più specificamente individuate (all’ultimo cpv. della p. 9 ed alle prime tre righe della p. 10 della motivazione) nel materiale (cristallo anzichè vetro) in cui risulta realizzato il piano dei tavoli importati: tale circostanza emergerebbe da alcune I.T.V. relative a prodotti similari importati dalla medesima società, delle quali non v’è effettivamente traccia nel primo provvedimento di annullamento in autotutela, trascritto alla p. 54 del ricorso. Ciò posto, non può il ricorrente rimettere in discussione, contrapponendone uno difforme, l’apprezzamento in fatto dei giudici del merito, tratto dall’analisi degli elementi di valutazione disponibili ed in sè coerente, atteso che l’apprezzamento dei fatti e delle prove è sottratto al sindacato di legittimità, dal momento che, nell’ambito di quest’ultimo, non è conferito il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione fatta dal giudice di merito, cui resta riservato di individuare le fonti del proprio convincimento e, all’uopo, di valutare le prove, controllarne attendibilità e concludenza e scegliere, tra le risultanze probatorie, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione (Cass., Sez. 6-5, 7.4.2017, n. 9097, Rv. 643792-01).

2. Con il secondo motivo parte ricorrente lamenta (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) la violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 46 e dell’art. 2909 c.c., in merito alla ritenuta persistente legittimità della pretesa impositiva, nonostante l’intervenuta declaratoria di cessazione della materia del contendere, con statuizione passata in cosa giudicata, sui giudizi di impugnazione relativi alle Decisioni di controversia doganale prot. nn. (OMISSIS) e (OMISSIS) del 12.9.2011, quale conseguenza del loro annullamento in autotutela.

2.1. Il motivo è infondato, essendo sufficiente all’uopo rilevare come non vi sia prova, agli atti, dell’intervenuto passaggio in giudicato delle sentenze 984/02/14 e 983/02/14 della C.T.P. di Taranto (arg. da Cass., Sez. 2, 22.1.2018, n. 1534, Rv. 647079-01).

2.2. Quanto precede implica l’assorbimento del sesto motivo, con cui parte ricorrente si duole (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5) dell’omesso esame, ad opera della C.T.R. della Puglia, del giudicato esterno formatosi in relazione ai giudizi di impugnazione delle I.T.V. sottese al provvedimento di revoca, in autotutela, degli originari atti di annullamento delle Decisioni delle controversie doganali.

3. Con il terzo, il quarto ed il quinto motivo, parte ricorrente lamenta (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), la plurima violazione di legge in cui sarebbe incorsa la C.T.R. non solo per avere ritenuto legittima, in violazione del principio di affidamento del contribuente, la revoca degli atti di annullamento delle Decisioni in questione (quinto motivo), ma anche per avere ritenuto legittima la disposta concomitante “reviviscenza” di queste ultime (terzo motivo), censurando peraltro in termini di inammissibilità, siccome questione “nuova”, perchè proposta solo in sede di gravame, la specifica doglianza svolta, sul tale peculiare profilo, dalle IMPRESE LIPPOLIS.

3.1. I motivi – che, per identità di questioni agli stessi sottesi, ben possono essere trattati unitariamente, pur dovendosi riqualificare la quarta censura in termini di dedotto error in procedendo – sono, nel loro complesso, infondati.

3.2. Premesso che dalla lettura degli atti introduttivi dei giudizi – negli stralci di essi riprodotti in ricorso – emerge con chiarezza che le censure originariamente svolte dalla società contribuente in relazione alla lesione del principio di correttezza e buona fede e di tutela del legittimo affidamento del contribuente erano volte a far valere, tra l’altro, l’illegittimità della reviviscenza automatica dell’efficacia delle originarie Decisioni annullate in autotutela (donde effettivamente l’erroneità della statuizione della C.T.R. in relazione alla novità della questione), osserva in proposito il Collegio come, nel risolvere una questione analoga alla presente, questa Corte ha già chiarito che in materia tributaria, il potere della P.A. di provvedere in via di autotutela e con effetti retroattivi all’annullamento d’ufficio (o alla revoca) degli atti illegittimi o infondati è espressamente riconosciuto dal D.L. n. 564 del 1994, art. 2-quater, comma 1 (convertito in L. n. 656 del 1994) e non sussistono ragioni per non ritenere che possa essere annullato – come nella specie – anche un precedente atto di annullamento, senza che da tale annullamento, tuttavia, consegua la riviviscenza dell’originario atto impositivo, ormai definitivamente eliminato dall’ordinamento, avendo l’amministrazione finanziaria in tal caso l’obbligo di un positivo esercizio del suo potere impositivo mediante un nuovo atto “sostitutivo” del precedente, da adottare entro il termine previsto per il compimento dell’atto (Cass., Sez. 5, 8.10.2013, n. 22827, Rv. 628487-01). Diversamente opinando, d’altronde, all’atto negativo a contenuto esclusivamente demolitorio verrebbe ad attribuirsi una implicita valenza di autotutela positiva la quale presuppone, invece, pur sempre l’esercizio doveroso, sotto forma di amministrazione attiva, del tipo di potere già utilizzato in sede di emissione dell’atto che si intende sottoporre al riesame (Cass. Sez. 5, 12.5.2011, n. 10376, Rv. 617925-01): il potere impositivo, anche nella forma di autotutela positiva, infatti, deve essere esercitato secondo le forme, l’tempi ed i criteri disciplinati dalla legge e tra l’altro, come già detto, può avere luogo, oltre che, in mancanza di giudicato sull’accertamento emesso dall’Amministrazione, soltanto entro il termine previsto per il compimento dell’atto (Cass., Sez. 5, 16.7.2003, n. 11114, Rv. 565120-01, Cass., Sez. 5, 20.10.2011, n. 21719, non massimata).

3.3. Orbene, dalla stessa lettura del ricorso introduttivo del presente giudizio di legittimità emerge chiaramente come, nella specie (a) i provvedimenti di revoca oggetto di impugnazione contengono anche il provvedimento “positivo” di conferma delle Decisioni di controversia doganale (con conseguente reiezione dell’istanza di riclassificazione della merce oggetto di importazione) – cfr. p. 54 del ricorso, in nota – e (b) tale potere è stato tempestivamente esercitato nel rispetto di quanto prescritto dall’art. 221 C.D.C., par. nn. 3 e 4 (nella versione applicabile ratione temporis), entro il triennio dall’importazione (avvenuta tra ottobre e novembre 2010), trattandosi di atti adottati l’11.4.2012 e successivamente notificati alla contribuente in data 17.4.2012.

4. In conclusione, il ricorso va rigettato, con condanna della IMPRESE LIPPOLIS S.P.A., in persona del legale rappresentante p.t., al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo.

4.1. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Per l’effetto condanna la IMPRESE LIPPOLIS S.P.A., in persona del legale rappresentante p.t., al pagamento, in favore dell’AGENZIA DELLE DOGANE E DEI MONOPOLI, in persona del Direttore p.t., delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano in Euro 600,00 (seicento/00) per compenso professionale, oltre spese prenotate a debito.

Dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente IMPRESE LIPPOLIS S.P.A., in persona del legale rappresentante p.t., dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Civile Tributaria, il 26 marzo 2019.

Depositato in Cancelleria il 8 ottobre 2019

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