Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25049 del 09/11/2020

Cassazione civile sez. lav., 09/11/2020, (ud. 05/03/2020, dep. 09/11/2020), n.25049

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BERRINO Umberto – Presidente –

Dott. GHINOY Paola – rel. Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Fabrizio – Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 50-2015 proposto da:

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, in persona del

Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura

Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli Avvocati

ANTONIETTA CORETTI, VINCENZO TRIOLO, VINCENZO STUMPO;

– ricorrente –

contro

C.E., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CARLO POMA, 2,

presso lo studio degli avvocati SILVIA ASSENNATO, MASSIMILIANO

PUCCI, che la rappresentano e difendono;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 804/2014 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 09/10/2014 R.G.N. 1171/2013.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. C.E. adiva il Tribunale di Pinerolo e, premesso di essere stata licenziata da ACCAGI s.p.a. con decorrenza dal 9.9.2011 e di essere stata posta in mobilità per dodici mesi; di avere intrapreso in data 14.9.2011 un’attività di lavoro autonomo; di avere il 25.10.2011 presentato istanza all’INPS per ottenere la corresponsione anticipata dell’indennità di mobilità ai sensi della L. n. 223 del 1991, art. 7, comma 5, e di avere avuto liquidata tale indennità per il periodo di soli 75 giorni, chiedeva la condanna dell’INPS alla corresponsione dell’anticipazione anche relativamente al periodo 1.1.2012 al 9.9.2012, ovvero per tutta la durata annuale per la quale la mobilità era stata prorogata ai sensi del D.L. n. 203 del 2005, art. 8, comma 3 conv. in L. n. 248 del 2005;

2. il Tribunale accoglieva la domanda e la Corte d’appello di Torino confermava la sentenza di prime cure;

3. per la cassazione della sentenza l’INPS ha proposto ricorso, affidato ad un motivo, cui C.E. ha resistito con controricorso e memoria ex art. 380 bis.1 c.p.c.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. l’istituto previdenziale deduce la violazione e falsa applicazione del combinato disposto della L. 23 luglio 1991, n. 223, art. 7, commi 1-2, art. 59, comma 6, lett. B), art. 12, comma 3 e art. 16, comma 1, con riferimento al D.L. 20 maggio 1993, n. 148, art. 7, comma 7, conv. in L. 9 luglio 1993, n. 236, alla L. 13 dicembre 2010, n. 220, art. 1, comma 32, e al D.M. 14 marzo 2011, n. 57955, artt. 1 e 2 e alla L. 12 novembre 2011, n. 183, art. 33, comma 23;

2. il thema decidendum concerne la determinazione della misura dell’indennità di mobilità anticipata L. n. 223 del 1991, ex art. 7, comma 5, da attribuire ad un lavoratore dipendente di impresa commerciale con un numero di dipendenti compreso fra le 50 e le 200 unità licenziato nel mese di aprile 2011, assumendosi da parte dell’Inps che esso dovrebbe essere limitato alle mensilità di indennità di mobilità in deroga spettanti sino al 31.12.2011, essendo tale limite temporale disposto dalla L. n. 220 del 2010, art. 1, comma 32, e non per quelle scaturenti da proroghe legislative disposte per anni successivi, qual è quella prevista dalla L. n. 183 del 2011, art. 33, comma 23, tenendo conto del fatto che l’opzione ha comportato la conseguente contestuale cancellazione nel 2011 dalle liste di mobilità.

3. il ricorso è infondato, dovendosi dare seguito all’orientamento già espresso da questa Corte (v. da ultimo Cass. 1/04/2019, n. 9023; Cass. 19/3/2020, n. 7470), cui occorre dare continuità, secondo il quale l’estensione a favore dei dipendenti di imprese commerciali con meno di 200 e più di 50 dipendenti, prevista dal D.L. n. 148 del 1993, art. 7, comma 7, conv. con modif. dalla L. n. 236 del 1993, e successive proroghe, opera anche per la corresponsione anticipata di cui alla L. n. 223 del 1991, art. 7, comma 5, in riferimento all’integrale importo spettante e non limitatamente all’anno in cui è stata concessa, senza che rilevi la cancellazione dalle liste di mobilità per effetto dell’esercizio dell’opzione, atteso che il diritto al trattamento matura prima della cancellazione, anche in caso di pagamento dell’indennità in un’unica soluzione ed in via anticipata;

4. si è ivi argomentato, con ragionamento riferito alle precedenti leggi di proroga del trattamento straordinario di integrazione salariale che può essere esteso anche alla normativa successiva di cui è causa, che laddove il legislatore ha esteso “i trattamenti di mobilità” alle imprese commerciali con meno di 200 dipendenti e con più di 50 (D.L. n. 148 del 1993, art. 7, comma 7) convertito in L. n. 236 del 1993, in seguito prorogato anno per anno e poi stabilmente) ha inteso riferirsi a tutti i trattamenti di mobilità, la cui fattispecie costitutiva veniva a configurarsi nello stesso anno; e ciò nella sua interezza e senza alcuna limitazione di importo. La fattispecie costitutiva del diritto al trattamento di mobilità matura, infatti, immediatamente ed in misura integrale al momento della messa in mobilità dei lavoratori o del licenziamento collettivo del personale, come dispongono la L. n. 223 del 1991, art. 7, comma 1 e l’art. 24, comma 1. Dalle medesime norme che hanno riconosciuto l’estensione del diritto all’indennità alle imprese commerciali con meno di 200 dipendenti e con più di 50 (come nel caso de quo) derivava quindi la necessaria copertura della spesa per tutto il quantum maturato allo stesso momento, tanto se lo stesso fosse poi da erogare in via ordinaria tanto se fosse da liquidare in via anticipata. E’ stato, anche, sottolineato come una diversa interpretazione, oltre a ledere la ratio della norma (che è quella di favorire con l’erogazione di un contributo finanziario la rioccupazione dei lavoratori attraverso l’iniziativa autonoma), darebbe pure luogo ad una serie ingiustificata di disparità di trattamento: e cioè non solo tra lavoratori i quali maturino entrambi il diritto all’indennità di mobilità nello stesso importo nel medesimo anno, atteso che solo quelli dipendenti da un’impresa commerciale con più di 50 e meno di 200 dipendenti si vedrebbero decurtata la prestazione relativa all’indennità di mobilità anticipata; ma anche tra lavoratori dipendenti dalle stesse imprese commerciali in discorso che per non aver esercitato il diritto all’opzione per la misura anticipata si vedrebbero liquidato l’intero importo anche per gli anni successivi e coloro che avevano richiesto l’anticipazione del trattamento;

5. nei richiamati arresti è stato pure sottolineato che nessun effetto può essere attribuito alla cancellazione dalle liste di mobilità per effetto dell’esercizio dell’opzione ad ottenere il trattamento in via anticipata, atteso che, come già detto, il diritto matura prima della cancellazione, anche con riferimento al quantum da considerare per il pagamento in un’unica soluzione ed in via anticipata dell’indennità (v. anche Cass. n. 15654 del 14 giugno 2018);

6. segue coerente il rigetto del ricorso;

7. le spese, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza, con distrazione ex art. 93 c.p.c. in favore dei difensori in virtù della dichiarata anticipazione;

8. ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis ove dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna l’INPS al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi Euro 2.500,00 per compensi professionali, oltre ad Euro 200,00 per esborsi, rimborso delle spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge, con distrazione in favore degli avv.ti Silvia Assennato e Massimiliano Pucci. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis ove dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 5 marzo 2020.

Depositato in Cancelleria il 9 novembre 2020

 

 

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