Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25046 del 09/11/2020

Cassazione civile sez. lav., 09/11/2020, (ud. 04/03/2020, dep. 09/11/2020), n.25046

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BERRINO Umberto – Presidente –

Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – rel. Consigliere –

Dott. LEO Giuseppina – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Fabrizio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 29342-2016 proposto da:

D.E., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GIUSEPPE

DONATI 32, presso lo studio dell’Avvocato ROBERTO MARINO,

rappresentato e difeso dall’Avvocato GIUSEPPE MORABITO;

– ricorrente –

contro

S.A., nella qualità di legale rappresentante della

AMERICAN DREAM S.A.S. DI A.S. & C., elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA CRESCENZIO 91 presso lo studio

dell’Avvocato LUIGI DE STEFANO, rappresentato e difeso dagli

Avvocati ANTONINO DE PACE, PATRIZIA MALARA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 677/2016 della CORTE D’APPELLO di REGGIO

CALABRIA, depositata il 13/06/2016 R.G.N. 555/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio dal

Consigliere Dott. GUGLIELMO CINQUE.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. Con la sentenza n. 677 del 2016 la Corte di appello di Reggio Calabria ha confermato la pronuncia emessa il 21.1.2014 dal Tribunale della stessa città con la quale era stata, da un lato, respinta la domanda principale proposta dal D.E. nei confronti della American Dreams sas diretta ad ottenere – sul presupposto di essere socio accomandante della società e preposto alla conduzione di un pubblico esercizio, di essere stato assunto con contratto di lavoro subordinato solo in data 3.5.2010 mentre in realtà aveva lavorato quale cuoco (con funzioni direttive di primo livello in base al CCNL di settore) dal 29.10.2009 in nero e a tempo pieno e di essere stato licenziato in tronco verbalmente il 18.9.2010 – l’accertamento della inefficacia del recesso datoriale e la reintegrazione nel posto di lavoro con la qualifica direttiva suindicata e le connesse differenze retributive; dall’altro, era stata accolta la domanda riconvenzionale spiegata dalla società tesa alla declaratoria della simulazione totale del contratto di lavoro subordinato il 3.5.2010 stante l’accordo tra i tre soci intervenuto in data 16.2.2009, costituente lo statuto societario, in base al quale ciascuno era divenuto responsabile di un determinato settore affidato alle sue cure e, fra questi, la ristorazione (la cucina) al D..

2. I giudici di seconde cure, a fondamento della decisione, hanno ritenuto, sulla premessa della esistenza di un insanabile contrasto tra i due documenti contrattuali sopra citati che, dall’istruttoria svolta sia in primo che in secondo grado, non era emerso che – accanto e in aggiunta al rapporto del D. come socio accomandante – si fosse instaurato anche un rapporto di lavoro subordinato, nel contenuto e con la decorrenza indicata dal ricorrente.

3. Avverso la decisione di secondo grado ha proposto ricorso per cassazione D.E. affidato a tre motivi, cui ha resistito con controricorso S.A. nella qualità di legale rapp.te della American Dreams sas di S.A. e C.

4. Il ricorrente ha depositato memoria.

5. Il PG non ha rassegnato conclusioni scritte.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. I motivi possono essere così sintetizzati.

2. Con il primo motivo il ricorrente denunzia la violazione e falsa applicazione di norme di diritto, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione all’art. 2734 c.c. e art. 116 c.p.c., nonchè l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, perchè, a differenza di quanto ritenuto dai giudici del merito, l’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato tra la società ed esso lavoratore era confermata dalla non sovrapponibilità tra le mansioni da lui effettivamente espletate alle dipendenze della società costituenti il contenuto della sua attività lavorativa e l’attività che egli avrebbe dovuto svolgere in adempimento dello Statuto societario; inoltre, deduce che l’esistenza di tale rapporto era emersa chiaramente dalle dichiarazioni rese in sede di interrogatorio formale.

3. Con il secondo motivo si censura la violazione e falsa applicazione di norme di diritto, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione all’art. 2094 c.c. e art. 115 c.p.c. nonchè l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, perchè i giudici del merito erroneamente avevano ritenuto che le deposizioni rese dai testimoni non avevano confermato con certezza l’esistenza di direttive impartite dal socio amministratore S. dell’American Dreams sas nello svolgimento della sua prestazione lavorativa, in presenza invece di una serie di indici sintomatici della subordinazione allegati e non contestati dalla società.

4. Con il terzo motivo il D. lamenta la violazione e falsa applicazione di norme di diritto, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione all’art. 116 c.p.c. nonchè l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per avere erroneamente la Corte di appello posto a fondamento della propria decisione le dichiarazioni rese dalla teste Sk. nonostante le obiezioni sollevate in ordine alla attendibilità di quest’ultima e per avere, invece, ritenuto inattendibile la testimonianza resa da D.O., sorella di esso ricorrente.

5. I motivi, che per la loro connessione logico-giuridica possono essere trattati congiuntamente, vanno dichiarati inammissibili.

6. In primo luogo, devono essere disattese le asserite violazioni di legge di cui agli artt. 115 e 116 c.p.c..

7. Invero, le dette violazioni non possono porsi per una erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito, ma rispettivamente, solo allorchè si alleghi che quest’ultimo abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti, ovvero disposte di ufficio al di fuori dei limiti legali, o abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti, invece a valutazione (Cass. 27.12.2016 n. 27000; Cass. n. 19.6.2014 n. 13960): ipotesi, queste, non denunciate nel caso in esame.

8. Anche le denunciate violazioni degli artt. 2734 e 2094 c.c. sono, così come proposte, inammissibili.

9. La qualificazione giuridica del fatto esula dall’ambito della confessione, la quale può avere ad oggetto solo circostanze obiettive e non già opinioni o giudizi (Cass. n. 11881 del 2003).

10. Nel caso in esame, il ricorrente vorrebbe fare derivare dalla interpretazione di un fatto (presunto contrasto tra le mansioni svolte e quelle previste dallo statuto societario) la confessione sulla esistenza di un rapporto di lavoro di natura subordinata il cui accertamento spetta al giudice di merito (tra le altre Cass. n. 990 del 2003) se adeguatamente motivato, come nel caso di specie, in ordine ai parametri normativi della eterodirezione.

11. In verità, le articolazioni delle censure, riguardanti le precisate violazioni di legge, si risolvono, nella sostanza, nella richiesta di riesame dell’accertamento operato dalla Corte territoriale in fatto, che non è deferibile al giudice di legittimità cui spetta solo la facoltà di controllo della correttezza giuridica e della coerenza logica e formale delle argomentazioni del giudice di merito, non equivalendo il sindacato di logicità del giudizio di fatto a revisione del ragionamento decisorio (Cass. n. 27197 del 2011; Cass. n. 6694 del 2009).

12. In secondo luogo, in ordine alle doglianze formulate ex art. 360 c.p.c., n. 5, si deve preliminarmente evidenziare che esse sono inammissibili ex art. 348 ter c.p.c., u.c., applicabile ratione temporis, vertendosi in ipotesi di cd. “doppia conforme”, tra le pronunce di primo e di secondo grado e riguardando le censure questioni di fatto.

13. Inoltre, va ricordato che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sè vizio di omesso esame di un fatto decisivo, se il fatto storico rilevante in causa sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, benchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass. n. 19881 del 2014).

14. Nella fattispecie, la formulazione dei motivi non rispetta il dettato di cui al novellato art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, limitandosi a richiedere una mera ed inammissibile rivisitazione delle circostanze di causa, ampiamente esaminate dai giudici di merito, che hanno escluso la sussistenza di un rapporto di lavoro di natura subordinata, lamentata dal ricorrente.

15. Alla stregua di quanto esposto, il ricorso deve, pertanto, essere dichiarato inammissibile.

16. Alla declaratoria di inammissibilità segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che si liquidano come da dispositivo. Invero, il patrocinio a spese dello Stato nel processo civile D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 74, comma 2 non vale ad addossare allo Stato anche le spese che la parte ammessa sia condannata a pagare all’altra parte, risultata vittoriosa (Cass. n. 8388 del 2017; Cass. n. 10053 del 2012).

17. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo risultante dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, deve provvedersi, ricorrendone i presupposti processuali, sempre come da dispositivo (cfr. Cass. Sez. Un. 4315 del 2020).

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in Euro 4.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15% per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 e agli accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’Adunanza camerale, il 4 marzo 2020.

Depositato in Cancelleria il 9 novembre 2020

 

 

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