Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25044 del 23/10/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 23/10/2017, (ud. 27/06/2017, dep.23/10/2017),  n. 25044

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCHIRO’ Stefano – Presidente –

Dott. MANZON Enrico – Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Lucio – rel. Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 7002/2016 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

S.E., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLA GIULIANA

32, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE FISCHIONI, che lo

rappresenta e difende unitamente e disgiuntamente all’avvocato LUIGI

FERRAJOLI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 5491/15/2015 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di MILANO, depositata il 17/12/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 27/06/2017 dal Consigliere Dott. LUCIO NAPOLITANO.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La Corte, costituito il contraddittorio camerale ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., come integralmente sostituito dal D.L. n. 168 del 2016, art. 1 bis, comma 1, lett. e), convertito, con modificazioni, dalla L. n. 197 del 2016; dato atto che il collegio ha autorizzato, come da decreto del Primo Presidente in data 14 settembre 2016, la redazione della presente motivazione in forma semplificata, osserva quanto segue:

Con sentenza n. 5491/15/2015, depositata il 17 dicembre 2015, notificata l’11 gennaio 2016, la CTR della Lombardia rigettò l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate nei confronti del sig. S.E. avverso la sentenza di primo grado della CTP di Milano, che aveva accolto il ricorso del contribuente avverso avviso di accertamento, per quanto riferito alla giurisdizione del giudice tributario, per IRPEF, IVA ed IRAP relativamente all’anno d’imposta 2006.

Avverso la pronuncia della CTR l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un solo motivo.

Il contribuente resiste con controricorso.

Con l’unico motivo l’Amministrazione finanziaria denuncia violazione e falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 12, e del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 31, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere il giudice di merito ritenuto applicabile alla fattispecie in esame, relativa ad accertamento c.d. a tavolino, il disposto della L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, in conseguenza della notifica dell’avviso di accertamento, prima del decorso del termine di giorni sessanta dal compimento dell’ultimo atto della verifica, conclusasi peraltro senza un processo verbale di chiusura delle operazioni.

Il motivo è manifestamente fondato.

Deve escludersi, in primo luogo, come invece dedotto dal controricorrente, che la pronuncia impugnata contenga un accertamento di fatto, non censurato, nel senso che nella fattispecie in esame, per le peculiari modalità della verifica, che hanno comportato una lunga interlocuzione tra l’amministrazione ed il contribuente a seguito della richiesta di trasmissione di documentazione, l’accertamento debba ricondursi all’acceso in loco di cui allo stesso art. 12, comma 1, della Statuto del contribuente.

L’accertamento è e resta, pacificamente, un accertamento che non ha interessato i luoghi destinati all’esercizio dell’attività del contribuente, non essendo, evidentemente ipotizzabile – come pare adombrare il controricorrente, una sorta di tertium gema, equiparabile, tuttavia, quoad effectum, alla fattispecie di cui alla L. n. 212 del 2000, citato art. 12, comma 1.

Corretto e pertinente, dunque, è il richiamo della difesa erariale al principio di diritto affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte (Cass. 9 dicembre 2015, n. 24813), secondo cui, non applicandosi ai c.d. accertamenti a tavolino la L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, nell’interpretazione fattane da Cass. sez. unite luglio 29 luglio 2013, n. 18184, allo stato attuale nel nostro ordinamento un obbligo generale di contraddittorio, la cui violazione comporti la nullità dell’atto, al di fuori dei casi in cui sia la stessa legge a sanzionare detta omissione con la previsione della nullità, sussiste unicamente riguardo ai tributi armonizzati e purchè il contribuente enunci in concreto le ragioni che avrebbe inteso far valere al fine di valutare la natura non meramente pretestuosa dell’opposizione (più di recente si vedano ancora Cass. sez. 6-5, ord. 26 maggio 2016, n. 10903; Cass. sez. 6-5, ord. 31 maggio 2016, n. 11283; Cass. sez. 5, 3 febbraio 2017, n. 2875; Cass. sez. 6-5, ord. 3 febbraio 2017, n. 3012).

Ciò posto – rilevato che l’accertamento in questione ha ad oggetto sia imposte dirette, sia l’IVA – la corretta applicazione del principio di diritto affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte comporta certamente l’illegittimità delle conclusioni alle quali è pervenuta la CTR riguardo all’accertamento in tema di IRPEF ed IRAP, mentre, riguardo all’IVA, il giudice di merito dovrà accertare, in sede di rinvio, che il contribuente in sede contenziosa abbia addotto quegli elementi idonei, qualora il contraddittorio fosse stato tempestivamente attivato, ad evitare l’emanazione dell’accertamento medesimo con riferimento a detto tributo armonizzato.

In proposito giova chiarire, affinchè detto accertamento sia legittimamente compiuto, che, con riferimento alla produzione documentale offerta solo in giudizio dal ricorrente e non già a seguito dell’invito rivoltogli dall’Ufficio in sede amministrativa, la sanzione d’inutilizzabilità di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, comma 4, e, quanto all’IVA, dall’omologa disposizione di cui al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 51, comma 5, anche al fine di valutare la natura non meramente strumentale delle deduzioni del contribuente, potrà trovare applicazione solo se risulti, incombendo all’ufficio il relativo onere probatorio, a seguito dell’accertamento di fatto compiuto dal giudice tributario, che l’amministrazione abbia preventivamente invitato il contribuente in modo specifico e puntuale alla relativa esibizione, avvertendolo circa le conseguenze della sua mancata ottemperanza, essendo detto obbligo d’informativa espressione del principio di lealtà, che deve connotare, ai sensi della L. n. 212 del 2000, artt. 6 e 10, l’azione dell’amministrazione stessa (cfr. Cass. sez. 6-5, ord. 27 dicembre 2016, n. 27069; Cass. sez. 6-5, ord. 26 maggio 2014, n. 11765; Cass. sez. 5, 27 settembre 2013, n. 22126).

Il ricorso va dunque accolto, con conseguente cassazione della sentenza impugnata e rinvio alla CTR della Lombardia in diversa composizione, che, uniformandosi ai succitati principi di diritto, provvederà anche in ordine alle spese del presente giudizio di legittimità.

PQM

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Lombardia in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 27 giugno 2017.

Depositato in Cancelleria il 23 ottobre 2017

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