Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25043 del 23/10/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 23/10/2017, (ud. 27/06/2017, dep.23/10/2017),  n. 25043

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCHIRO’ Stefano – Presidente –

Dott. MANZON Enrico – Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Lucio – rel. Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 6874/2016 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

N.C., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA G. PIERLUIGI

DA PALESTRINA 63, presso lo studio dell’avvocato GIANLUCA CONTALDI,

che la rappresenta e difende unitamente e disgiuntamente

all’avvocato MARIO FOGLIOTTI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 852/38/2015 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di TORINO, depositata il 14/09/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 27/06/2017 dal Consigliere Dott. LUCIO NAPOLITANO.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La Corte, costituito il contraddittorio camerale ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., come integralmente sostituito del D.L. n. 168 del 2016, art. 1 bis, comma 1, lett. e), convertito, con modificazioni, dalla L. n. 197 del 2016;

dato atto che il collegio ha autorizzato, come da Decreto del Primo Presidente in data 14 settembre 2016, la redazione della presente motivazione in forma semplificata, osserva quanto segue:

Con sentenza n. 852/38/2015, depositata il 14 settembre 2015, non notificata, la CTR del Piemonte ha rigettato l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate nei confronti della sig.ra N.C., avverso la sentenza di primo grado della CTP di Asti, che aveva accolto il ricorso della contribuente avverso il diniego dell’Ufficio sull’istanza di rimborso che la professionista, svolgente attività di traduttrice, aveva presentato per l’Irap versata negli anni 2001, 2002, 2003, 2004, 2005, 2006 e 2008, diniego espresso dall’Amministrazione per tutte le annualità, salvo l’ultima, oggetto di restituzione.

Avverso la pronuncia della CTR l’Agenzia delle Entrate, che aveva motivato il diniego di rimborso per le annualità dal 2001 al 2006 per intervenuta decadenza, del D.P.R. n. 602 del 1973, ex art. 38, ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un solo motivo.

La contribuente resiste con controricorso.

Con l’unico motivo l’Amministrazione ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nella parte in cui la sentenza impugnata ha escluso la decadenza della contribuente in relazione all’istanza di rimborso per le annualità dal 2001 al 2006, ritenendo non applicabile nella fattispecie in esame l’art. 38 del citato decreto, sul presupposto che la domanda fosse conseguente a ius superveniens in ragione della sentenza della Corte Cost. n. 156/2001, intervenuta, secondo la CTR, nell’ordinamento, “modificando in forza di costituzionalità la disciplina sostanziale della materia dell’IRAP”.

Il motivo è manifestamente fondato.

Del tutto fuori luogo è il richiamo al preteso ius superveniens. Di là anche dalla natura della richiamata pronuncia della Corte costituzionale, trattandosi di sentenza interpretativa di rigetto, è di assoluta evidenza come, in relazione alle annualità dal 2002 al 2006 detta pronuncia fosse già intervenuta, mentre per i versamenti riferiti all’annualità 2001 non era ovviamente maturata ancora alcuna decadenza in relazione al termine di quattro anni dalla data del versamento.

Ciò premesso, con specifico riferimento all’istanza di rimborso dell’IRAP che la contribuente assume indebitamente versata, la giurisprudenza di questa Corte (cfr. Cass. sez. 6-5, ord. 19 aprile 2017, n. 9935; Cass. sez. 5, ord. 24 novembre 2010, n. 23832) ha chiarito che essa debba essere comunque presentata entro il termine di decadenza previsto dal D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38. Ciò in ragione dei seguenti riferimenti normativi: del D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 25, nella parte in cui stabilisce che, fino a quando non abbiano effetto eventuali leggi regionali, “per le attività di controllo e rettifica delle dichiarazioni, per l’accertamento e per la riscossione dell’imposta regionale, nonchè per il relativo contenzioso, si applicano le disposizioni in materia d’imposte sui redditi”; l’art. 30, comma 2, del citato decreto istitutivo dell’IRAP, laddove prevede che essa “è riscossa mediante versamento del soggetto passivo da eseguire con le modalità ed i termini stabiliti per le imposte sui redditi, e (comma 6) ove stabilisce che “la riscossione coattiva avviene mediante ruolo sulla base delle disposizioni che regolano la riscossione coattiva delle imposte sui redditi”.

Non senza dimenticare, in generale, infine, che le Sezioni Unite di questa Corte (Cass. 16 giugno 2014, n. 13676), in relazione ad istanze di rimborso in tema d’incentivi all’esodo determinate dalla sopravvenienza di decisioni della Corte di giustizia dell’Unione, hanno comunque ritenuto che la tutela del contribuente possa ritenersi rispettata dall’applicazione del termine decadenziale previsto dalla norma speciale tributaria (D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38).

Essendo incontroverso tra le parti che l’istanza di rimborso sia stata proposta in data 11 aprile 2012, in applicazione dei suddetti principi, dai quali il giudice tributario d’appello si è discostato, la sentenza impugnata va dunque cassata.

Non occorrendo ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, con rigetto dell’originario ricorso della contribuente. Avuto riguardo all’andamento del giudizio, possono essere compensate tra le parti le spese del doppio grado di merito, ponendosi a carico della contribuente, secondo soccombenza, le spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo.

PQM

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo la causa nel merito, rigetta l’originario ricorso della contribuente.

Dichiara compensate tra le parti le spese del doppio grado di merito e condanna la controricorrente al pagamento, in favore della ricorrente Amministrazione finanziaria, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 1400,00 per compensi, oltre spese prenotate debito.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 27 giugno 2017.

Depositato in Cancelleria il 23 ottobre 2017

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