Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25042 del 28/11/2011

Cassazione civile sez. lav., 28/11/2011, (ud. 27/10/2011, dep. 28/11/2011), n.25042

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio – Presidente –

Dott. LA TERZA Maura – Consigliere –

Dott. BANDINI Gianfranco – rel. Consigliere –

Dott. MAISANO Giulio – Consigliere –

Dott. FILABOZZI Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l’Avvocatura Centrale

dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati RICCIO

ALESSANDRO, GIANNICO GIUSEPPINA, VALENTE NICOLA, giusta delega in

atti;

– ricorrente –

contro

M.C., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PISISTRATO 11,

presso lo studio dell’avvocato ROMOLI GIANNI, che lo rappresenta e

difende unitamente all’avvocato ROMANO FRANCESCO, giusta delega in

atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 7/2007 della CORTE DI APPELLO DI TRENTO,

depositata il 05/03/2007, r.g.n. 70/06;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

27/10/2011 dal Consigliere Dott. GIANFRANCO BANDINI;

udito l’Avvocato LUIGI CALIULO per delega RICCIO ALESSANDRO;

udito l’Avvocato GIANNI ROMOLI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MATERA Marcello, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

M.C. convenne in giudizio avanti ai Tribunale di Trento l’Inps e premesso che:

era titolare di pensione di vecchiaia ordinaria a carico del Fondo lavoratori dipendenti e di pensione di invalidità a carico del Fondo Clero;

non gli era stata corrisposta l’integrazione al trattamento minimo sulla pensione di vecchiaia ordinaria, in quanto la pensione di invalidità era equiparata ai fini fiscali alla retribuzione;

gli era stata anche applicata, ai sensi della L. n. 903 del 1973, art. 18 la decurtazione di un terzo della pensione d’invalidità a causa del percepimento della pensione di vecchiaia ordinaria;

tale interpretazione de quadro normativo di riferimento era illegittima, in quanto la L. n. 903 del 1973, art. 18 conteneva una disposizione speciale rispetto alla normativa generale; ciò premesso, chiese in principalità l’accertamento del suo diritto all’integrazione a minimo sulla pensione di vecchiaia e, in subordine, che fosse ritenuta l’inapplicabilità sulla pensione di invalidità della L. n. 903 del 1973, art. 18.

Il Giudice adito accolse la domanda principale, condannando l’Inps alla corresponsione del trattamento minimo della pensione di vecchiaia.

La Corte d’Appello di Trento, con sentenza del 18.1 – 5.3.2007, rigettò il gravame dell’Inps, nonostante l’avvenuto superamento del limite reddituale previsto dal D.L. n. 463 del 1983, art. 6 convertito in L. n. 638 del 1983, sul rilievo che la L. n. 903 del 1973, art. 18 per il principio di specialità, prevale sulla disciplina generale di cui alla suddetta L. n. 638 del 1983, stante fa previsione secondo la quale all’iscritto cui è liquidata la pensione a carico del Fondo è comunque garantito, sulla pensione a carico dell’assicurazione generale obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia ed i superstiti, il trattamento minimo. Avverso tale sentenza della Corte territoriale l’Inps ha proposto ricorso per cassazione fondato su un unico motivo. L’intimato M.C. ha resistito con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo di ricorso l’Inps lamenta violazione ed errata applicazione del D.L. n. 463 del 1983, art. 6 convertito in L. n. 638 del 1983, e della L. n. 903 del 1973, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, richiamando la finalità essenzialmente assistenziale dell’integrazione al trattamento minimo e, a contempo, rilevando che lo stesso L. n. 903 del 1972, art. 18 riferendosi alle “norme in vigore nelle predette forme assicurative” in materia di integrazione al trattamento minimo, richiama la normativa che regolamenta quest’ultimo istituto.

2. Giova ricordare la normativa di riferimento, per quanto di rilievo nella presente controversia.

In base alla L. n. 903 del 1972, art. 18:

“Le pensioni a carico del Fondo, ivi comprese quelle liquidate nella misura minima di cui al precedente art. 15, al netto della maggiorazione calcolata ai sensi del precedente art. 16 non sono cumulabili, nella misura di un terzo del loro importo, con le pensioni a carico dell’assicurazione generale obbligatoria per invalidità, la vecchiaia ed i superstiti ovvero di trattamenti di previdenza sostitutivi di questa ultima o che ne comportino l’esclusione o l’esonero. …” (comma 1, primo periodo);

“All’iscritto cui è liquidata la pensione a carico del Fondo è comunque garantito sulla pensione a carico dell’assicurazione generale obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia ed i superstiti e su quelle a carico di forme di previdenza sostitutive di quest’ultima o che ne comportino la esclusione o l’esonero, il trattamento minimo previsto dalle norme in vigore nelle predette forme assicurative” (comma 4). In base al D.L. n. 463 del 1983, convertito in L. n. 638 del 1983: “L’integrazione al trattamento minimo delle pensioni a carico dell’assicurazione generale obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia ed i superstiti dei lavoratori dipendenti, delle gestioni sostitutive ed esclusive della medesima, nonchè delle gestioni previdenziali per i commercianti, gli artigiani, i coltivatori diretti, mezzadri e coloni, della gestione speciale minatori e dell’ENASARCO non spetta ai soggetti che posseggano:

a) nel caso di persona non coniugata, ovvero coniugata ma legalmente ed effettivamente separata, redditi propri assoggettabili all’imposta sul reddito delle persone fisiche per un importo superiore a due volte l’ammontare annuo del trattamento minimo del Fondo pensioni lavoratori dipendenti calcolato in misura pari a tredici volte l’importo mensile in vigore al 1 gennaio di ciascun anno; ….” (comma 1).

3. Osserva il Collegio che la correlazione tra la L. n. 903 del 1972, art. 18, comma 1 e comma 4 sta ad indicare che, nonostante la prevista riduzione della pensione a carico del Fondo clero in ipotesi di cumulo con altro trattamento pensionistico a carico dell’assicurazione generale obbligatoria per invalidità, la vecchiaia ed i superstiti, su quest’ultimo resta “comunque garantito il trattamento minimo “previsto dalle norme in vigore nelle predette forme assicurative”.

In altri termini il trattamento minimo non resta escluso dal percepimento di altra pensione a carico del Fondo clero nonostante la disposta riduzione di quest’ultima, sempre che tale trattamento sia previsto dalle norme generali in vigore per l’assicurazione generale obbligatoria per invalidità, la vecchiaia ed i superstiti. Pertanto, poichè tra le norme che disciplinano l’integrazione al trattamento minimo vi è anche quella relativa all’eventuale superamento del limite reddituale, deve convenirsi che, in caso di superamento di tale limite – pacifico nel caso all’esame – la suddetta integrazione non spetta.

La normativa speciale inerente a Fondo clero fa dunque salva, per il caso di cumulo di pensioni, l’erogazione dell’integrazione al minimo su quella a carico dell’AGO (“comunque garantito”), ma rimanda alla normativa generale per la disciplina di tale trattamento integrativo e, quindi, anche alle norme che escludono il relativo diritto in contemplazione del reddito dell’assicurato.

I dubbi di costituzionalità (per ipotizzato contrasto della normativa di riferimento, se interpretata nel senso suddetto, con gli artt. 3 e 36 Cost.) sollevati dal controricorrente sono manifestamente infondati; quello relativo all’art. 3 perchè rientra nella discrezionalità del legislatore disciplinare eventuali riduzioni parziali dei trattamenti pensionistici in ipotesi di loro cumulo, senza che per questo possa ritenersi irragionevole l’applicabilità, ricorrendone i presupposti, della generale disciplina limitativa dell’integrazione al minimo; quello relativo all’art. 36 perchè quest’ultima norma riguarda le retribuzioni e non i trattamenti pensionistici.

Avendo la Corte territoriale seguito un difforme percorso ermeneutico, il motivo risulta fondato.

4. In definitiva il ricorso va accolto e la sentenza impugnata deve essere cassata.

Poichè, come risulta dalle conclusioni di cui all’impugnata sentenza, in grado di appello il M. si è limitato a richiedere il rigetto del gravame, senza riproporre la domanda subordinata originariamente svolta, che deve pertanto ritenersi abbandonata, la controversia, essendo pacifico il superamento dei limiti reddituali e non essendo necessari ulteriori accertamenti fattuali, può essere decisa nel merito con il rigetto della domanda.

Il difforme esito dei gradi di merito, le oggettive difficoltà ermeneutiche della normativa di riferimento e l’assenza di precedenti specifici di legittimità consigliano la compensazione delle spese relative all’intero processo.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda proposta da M.C.;

spese dell’intero processo compensate.

Così deciso in Roma, il 27 ottobre 2011.

Depositato in Cancelleria il 28 novembre 2011

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