Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25042 del 16/09/2021

Cassazione civile sez. un., 16/09/2021, (ud. 22/06/2021, dep. 16/09/2021), n.25042

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TIRELLI Francesco – Primo Presidente f.f. –

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente di Sez. –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – rel. Consigliere –

Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere –

Dott. PERRINO Angelina M. – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 5190/2019 proposto da:

PARKIMED S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CRESCENZIO 103, presso lo

studio dell’avvocato ROMANO POMARICI, rappresentata e difesa dagli

avvocati RODOLFO PINTO, MARIO PORZIO ed ALBERTO SCOPPOLA IACOPINI;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI MILANO, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA POLIBIO 15, presso lo studio dell’avvocato

GIUSEPPE LEPORE, che lo rappresenta e difende unitamente agli

avvocati MARIA LODOVICA BOGNETTI, ANTONELLO MANDARANO e PAOLA COZZI;

– controricorrente –

e contro

M.A.;

– intimato –

sul ricorso 5996/2020 proposto da:

PARKIMED S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CRESCENZIO 103, presso lo

studio dell’avvocato ROMANO POMARICI, rappresentata e difesa dagli

avvocati GIUSEPPE OLIVIERI, RODOLFO PINTO, MARIO PORZIO ed ALBERTO

SCOPPOLA IACOPINI;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI MILANO, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA POLIBIO 15, presso lo studio dell’avvocato

GIUSEPPE LEPORE, che lo rappresenta e difende unitamente agli

avvocati MARIA LODOVICA BOGNETTI, ANTONELLO MANDARANO e PAOLA COZZI;

– controricorrente –

avverso le sentenze nn. 3278/2018 della CORTE D’APPELLO di MILANO

depositata il 05/07/2018 (r.g. n. 5190/2019) e n. 7943/19 del

CONSIGLIO DI STATO depositata il 21/11/2019 (r.g. n. 5996/20).

Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

22/06/2021 dal Consigliere Dott. FRANCESCO TERRUSI;

lette le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore Generale

STEFANO VISONA’, il quale ha concluso per l’accoglimento del primo

motivo del ricorso e rigetto del secondo per l’r.g. n. 5190/2019 e

per l’accoglimento del ricorso per l’r.g. 5996/2020.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

I. – Con atto 27 aprile 2007 la Parkimed s.r.l. e l’impresa A.M. convennero in giudizio il Comune di Milano per presunte inadempienze al contratto disciplinare di concessione a costruire e gestire per un trentennio l’autorimessa sita in (OMISSIS), stipulato in data 28 settembre 1982.

La Parkimed in particolare chiese che, accertato l’inadempimento, il Comune fosse condannato al pagamento dei corrispettivi per la gestione dell’autorimessa, secondo il rapporto di dare/avere come risultante dalle poste del bilancio convenzionale.

L’adito tribunale di Milano, con sentenza in data 10 luglio 2015, dichiarò il difetto di giurisdizione in favore del giudice amministrativo.

La decisione venne appellata dalla Parkimed mediante contestazione del rilievo per cui dalla sentenza delle Sezioni unite di questa Corte n. 7643 del 1995 era derivato un giudicato esterno relativamente al rapporto tra il Comune e l’impresa M..

La Parkimed in vero obiettò di non aver partecipato al relativo giudizio.

La corte d’appello di Milano, con sentenza in data 5 luglio 2018, ha respinto l’impugnazione osservando che la società non aveva dato “preminente e risolutivo rilievo” alle ulteriori considerazioni del tribunale circa il rapporto specifico tra la medesima e il Comune di Milano; il quale rapporto era stato ricostruito con motivazione autonoma, pienamente sufficiente a giustificare la decisione.

Nella sostanza la corte d’appello si è basata sull’evidenza che il tribunale avesse comunque esaminato il rapporto inter partes con particolare riferimento al collaudo, ai bilanci e alla natura del servizio di parcheggio a rotazione aperto alla generalità dei cittadini, e fosse così pervenuto alla conclusione (condivisa) circa la configurabilità di una concessione di pubblico servizio.

A sua volta l’appellante non aveva prospettato, sempre secondo la corte territoriale, analitiche contestazioni in ordine ai punti posti effettivamente a base della motivazione del primo giudice, salve le considerazioni fatte a proposito dei bilanci, tuttavia non tali da incidere sulla bontà della decisione incentrata sul riscontro di poteri autoritativi da parte del Comune, del resto riportati anche nell’atto contenente il gravame.

II. – Peraltro la medesima Parkimed, dopo la menzionata sentenza del tribunale di Milano, propose dinanzi al Tar della Lombardia due ricorsi per decreto ingiuntivo, ai sensi dell’art. 118 cod. proc. amm., col fine di ottenere in quella sede la condanna del Comune al pagamento delle medesime somme dovute in base al contratto disciplinare di concessione.

I decreti vennero emessi e notificati, e il Comune promosse dinanzi al Tar il relativo giudizio di opposizione, che il Tar in effetti decise in senso favorevole al Comune medesimo, revocando i decreti ingiuntivi con le sentenze n. 2262 del 2017 e n. 2069 del 2018.

III. – Sempre il Comune di Milano assunse una separata iniziativa giudiziale, ancora dinanzi al Tar per la Lombardia, chiedendo la risoluzione per inadempimento di Parkimed del contratto disciplinare di concessione a costruire e a gestire l’autorimessa.

Con sentenza n. 113 del 2019 il Tar, respinta l’eccezione di difetto di giurisdizione sollevata dalla Parkimed in senso preliminare alla analoga domanda di risoluzione proposta in via riconvenzionale, pronunciò la risoluzione ritenendo che le reciproche domande fossero indice della volontà di entrambe le parti di non eseguire il contratto.

IV. – Tutte le citate decisioni del Tar (la n. 2262 del 2017, la n. 2069 del 2018 e la n. 113 del 2019) furono impugnate dinanzi al Consiglio di Stato.

Il Consiglio di Stato, riunite le impugnazioni, ha respinto gli appelli principali della Parkimed e ha accolto l’appello incidentale del Comune avverso la decisione del Tar n. 113 del 2019, confermando le sentenze di revoca dei decreti ingiuntivi.

Ha difatti ritenuto causa di risoluzione del contratto, ai sensi dell’art. 1453 c.c., il grave inadempimento di Parkimed.

Onde motivare la decisione il Consiglio di Stato ha svolto un’articolata serie di considerazioni.

Per la parte che interessa, ha incentrato la motivazione sul fatto che la già citata sentenza n. 7643 del 1995 – con la quale le Sezioni unite di questa Corte avevano inteso la convenzione di cui si parla come composta da due distinti contratti, l’uno di appalto di costruzione (con l’impresa M., poi fallita), l’altro di concessione per la gestione del costruito parcheggio (con la Parkimed), e ricondotto le relative controversie alla giurisdizione amministrativa – per quanto formalmente resa nei confronti della sola impresa M., e in altro giudizio riguardante una controversia ritenuta non deferibile in arbitrato perché soggetta, appunto, a giurisdizione amministrativa, possedesse efficacia “quanto meno riflessa” nell’attuale contenzioso; così da vincolare nella determinazione afferente, seppur non condivisa, la giurisdizione del giudice amministrativo.

Ciò avuto riguardo al fatto che la decisione sulla giurisdizione era stata fondata sulla qualificazione del rapporto dedotto in giudizio; per cui essa era in fine inscindibile da quest’ultima, con conseguente inapplicabilità del limite sancito dall’art. 386 c.p.c., secondo cui la decisione su tale presupposto processuale “non pregiudica le questioni sulla pertinenza del diritto e sulla proponibilità della domanda”; e inoltre perché, sebbene la medesima pronuncia sulla giurisdizione non fosse stata emessa nei confronti della Parkimed, e anche a volere ritenere che la concessionaria non potesse esser considerata un’avente causa nel rapporto precedentemente controverso ai sensi dell’art. 2909 c.c., era nondimeno incontestabile che la stessa concessionaria fosse il soggetto subentrante all’impresa di costruzioni M.A. nei diritti e negli obblighi dal contratto derivanti, unitamente all’associata aggiudicataria della concessione.

Sicché tale qualità di subentrante all’impresa aggiudicataria del contratto e incaricata della costruzione dell’opera, evinta dalla specifica previsione convenzionale, era, ad avviso del Consiglio di Stato, un elemento chiave per ritenere che la Parkimed fosse divenuta titolare essa stessa di un diritto dipendente dalla situazione definita in quel processo, o comunque di un diritto subordinato a tale situazione, così da legittimare l’efficacia riflessa del giudicato.

V. – La Parkimed ha impugnato per cassazione sia la sentenza della corte d’appello di Milano, sia la sentenza del Consiglio di Stato, quest’ultima nella parte in cui ha respinto l’eccezione di difetto di giurisdizione già sollevata in primo grado nella causa definita dal Tar con la sentenza n. 113 del 2019, fatta oggetto di apposita censura in appello.

Ha dedotto due motivi nel primo caso e quattro motivi nel secondo.

A entrambi i ricorsi il Comune di Milano ha replicato con controricorso.

Il procuratore generale ha depositato conclusioni scritte, ai sensi del D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, art. 23, come convertito.

Le parti hanno depositato memorie.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

I. – I ricorsi, iscritti rispettivamente al n. 5190-19 e al n. 5996-20 del r.g., vanno riuniti per connessione soggettiva e oggettiva.

II. – Nel primo di questi ricorsi la Parkimed propone, contro la sentenza della corte d’appello di Milano, due motivi di censura: (i) l’omessa o apparente motivazione della sentenza stessa ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4, in ragione delle lapidarie e apodittiche affermazioni svolte a proposito della giurisdizione di rimando a quelle del tribunale, senza un autonomo processo deliberativo; (ii) in ogni caso la violazione degli artt. 1362 e 1363 c.c., nonché occorrendo dell’art. 1407 c.c., artt. 3,142,143 e 244 codice dei contratti pubblici e dell’art. 7 nuovo C.d.S., in ordine all’affermata carenza di giurisdizione del giudice ordinario.

Al fondo di entrambi i mezzi è l’affermazione che la corte d’appello avrebbe in buona sostanza dato atto che la sentenza n. 7643 del 1995 di queste Sezioni unite non assumeva nei confronti di essa attrice un’efficacia di giudicato quanto alla qualificazione del contratto disciplinare dell’anno 1982. Cosicché, ferma l’inopponibilità di quella sentenza (non avendo la Parkimed preso parte al relativo giudizio), la qualificazione del rapporto come concessione di pubblico servizio sarebbe stata assunta in contrasto coi criteri ermeneutici letterali e complessivi; alla cui stregua invece, considerandosi le previsioni della lettera e) della premessa del contratto e della clausola apposta in calce al medesimo, avrebbe dovuto evincersi, da un lato, che Parkimed aveva assunto “sin dall’inizio tutti i diritti ed obblighi rinvenienti dal contratto a carico della parte concessionaria” e, dall’altro, che il Comune aveva preventivamente accettato “il subentro di Parkimed nella posizione contrattuale dell’impresa M. ai fini della gestione del parcheggio successivamente al completamento delle opere ed al loro collaudo”.

Giustappunto considerando il negozio nel suo complesso la ricorrente sostiene che lo stesso sarebbe stato da ricondurre alla figura della concessione di lavori pubblici, avente a oggetto l’esecuzione ovvero la progettazione esecutiva, l’esecuzione di lavori di pubblica utilità e la gestione congiunta dei rapporti connessi, con il conseguente assoggettamento alla giurisdizione ordinaria delle controversie relative alla fase di esecuzione.

III. – Occorre dire che il Comune di Milano ha eccepito l’inammissibilità di questo ricorso per intervenuta acquiescenza alla declinatoria di giurisdizione fatta dal tribunale di Milano, avendo la Parkimed, dopo la pubblicazione della relativa sentenza e prima di proporre appello, azionato – come detto – la medesima pretesa creditoria dinanzi al Tar della Lombardia coi ricorsi per decreto ingiuntivo.

Dall’avere la Parkimed adito il Tar per far valere, dopo la sentenza del tribunale di Milano, pretesi diritti fondati sul medesimo contratto di concessione, oltre tutto producendo in sede giurisdizionale amministrativa la sentenza declinatoria di giurisdizione, il Comune desume che vi sia stata acquiescenza a tale declinatoria, essendo tale condotta della società incompatibile con la volontà di contestare la giurisdizione del giudice amministrativo.

Il procuratore generale ha sollecitato il rigetto di codesta eccezione: perché non ammissibile, non avendo il Comune di Milano dato prova di averla sollevata in appello, né avendo impugnato a sua volta la sentenza (silente al riguardo) per violazione dell’art. 112 c.p.c.; e perché comunque infondata nel merito, alla luce dell’orientamento recentemente affermato da queste Sezioni unite con la sentenza n. 3331 del 2019, da preferire – secondo il PG – alla configurazione conseguente invece alla anteriore sentenza (sempre di queste Sezioni unite) n. 23539 del 2015.

IV. – Nel secondo ricorso, avverso la sentenza del Consiglio di Stato, la Parkimed ha dedotto invece quattro motivi, imputando al giudice amministrativo: (i) di aver errato nel rinvenire nella sentenza di queste Sezioni unite n. 7643 del 1995 un’affermazione di giurisdizione sul rapporto dedotto in giudizio; (ii) di aver errato nell’attribuire efficacia panprocessuale alla detta sentenza, che aveva affermato la giurisdizione su una domanda diversa per causa petendi e petitum rispetto a quella di cui al presente giudizio; (iii) ancora di aver errato nell’attribuire efficacia panprocessuale alla sentenza medesima nonostante fosse stata pronunciata tra parti diverse (e in particolare in un giudizio al quale la Parkimed non aveva partecipato); (iv) di avere infine mancato di motivare sui predetti punti decisivi ai fini dell’attribuzione della ripetuta efficacia panprocessuale.

V. – Ciò stante occorre premettere – con specifico riferimento soprattutto al primo dei ricorsi, che segnala al riguardo un vizio di motivazione – che, essendo quella sulla giurisdizione una questione processuale, non rileva la motivazione esibita dal giudice del merito col fine di risolverla.

Il vizio denunciato in ordine alla declinata (o ritenuta) giurisdizione, ove esistente, comporta la nullità della sentenza impugnata, ed è pacifico che questa Corte, quando sia posta una questione di giurisdizione, ha la possibilità – esattamente come per qualunque altra questione processuale – di riscontrare direttamente gli atti di causa per individuare il giudice munito di giurisdizione (tra le tante Cass. Sez. U. n. 28180-20, Cass. Sez. U. n. 20181-19, Cass. Sez. U. n. 5640-19); come spesso si è detto, la Corte non deve limitare la propria cognizione all’esame della sufficienza e logicità della motivazione con cui il giudice di merito abbia vagliato la questione di giurisdizione, essendo investita del potere di esaminare direttamente gli atti e i documenti sui quali il ricorso si fonda, onde stabilire se, in effetti, la suddetta questione sia stata correttamente decisa o meno.

VI. – Ora quel che dice il Comune di Milano in risposta al primo ricorso (contro la sentenza della corte d’appello) è vero in punto di fatto, cosa che per l’appunto le Sezioni unite possono constatare in base agli atti di causa.

Ma non è necessario scrutinarne l’effetto in termini di asserita acquiescenza.

I ricorsi proposti dalla Parkimed sono difatti inammissibili perché la questione di giurisdizione è in ogni caso coperta da un giudicato ostativo a porla nuovamente in discussione: un giudicato interno alla causa iscritta presso questa Corte al n. 5990-20 ed esterno a quella di cui alla causa n. 5190-19, il quale non deriva, però, dalla richiamata sentenza n. 7643-95 di queste Sezioni unite, quanto piuttosto dalla statuizione intervenuta sull’identica anzidetta pretesa azionata da Parkimed dinanzi al giudice amministrativo sul presupposto della giurisdizione esclusiva di quel giudice.

Tale pretesa è stata respinta, in vero, dal Tar della Lombardia con sentenze non impugnabili – né di fatto impugnate – dalla medesima Parkimed nel capo implicitamente confermativo della giurisdizione.

VII. – Per esigenze sistematiche è bene ricordare che l’attore che abbia incardinato una causa dinanzi a un determinato giudice, e sia rimasto soccombente nel merito, non è legittimato a impugnare la sentenza per denunciarne il difetto di giurisdizione (v., per varie applicazioni, Cass. Sez. U. n. 22439-18, Cass. Sez. U. n. 19522-18, Cass. Sez. U. n. 1309-17, Cass. Sez. U. n. 21260-16).

L’argomento che sostiene tale affermazione, incentrato sul non essere l’attore in tali casi soccombente sull’autonomo corrispondente capo della decisione che attiene al presupposto processuale, è rafforzato dal principio generale di autoresponsabilità, il quale si presta a essere riassunto nella formula per cui nessuno è legittimato a far valere eventuali vizi del processo ai quali abbia dato causa.

Il principio di autoresponsabilità induce a interpretare sia l’art. 37 c.p.c., sia l’art. 9 cod. proc. amm., nel senso che il difetto di giurisdizione è rilevabile senza limitazioni, nel processo civile e in quello amministrativo (come emerge dall’inciso “anche d’ufficio” che si rinviene nelle due norme), ma con esclusione del soggetto che, scegliendo il plesso giurisdizionale, vi abbia dato causa.

Il principio di autoresponsabilità informa anche il processo amministrativo (ai fini del citato art. 9) giustappunto perché si tratta di un principio generale del processo.

VIII. – Ebbene, in astratto, era certamente rimarchevole in entrambe le cause derivanti dall’iniziativa di Parkimed (dinanzi al giudice ordinario come anche dinanzi al giudice amministrativo) stabilire se le parti del contratto disciplinare del 1982 avessero posto in essere due autonomi contratti facenti parte di un’ampia e più vasta negoziazione, uno di appalto e uno di gestione, affidati sin dall’origine a soggetti diversi, ovvero un unico contratto di costruzione e gestione affidato all’impresa M., cui sarebbe potuta subentrare la collegata Parkimed, avente, per quel che si evince, come rappresentante legale lo stesso M..

La tesi della ricorrente, replicando l’asserto preliminare del Consiglio di Stato, è che il contratto fosse unico e qualificabile come di costruzione e gestione dell’opera pubblica, a fronte invece di quanto affermato dalla sentenza di queste Sezioni unite n. 7643 del 1995; la quale – si dice in entrambi i ricorsi, in ciò criticando la decisione del Consiglio di Stato – non potrebbe far stato quanto alla Parkimed (neppure in via riflessa), poiché essa (la Parkimed) non era stata parte del giudizio allora costì definito sul piano della spettanza della controversia alla giurisdizione amministrativa.

Ed è certamente vero che secondo la più recente acquisizione giurisprudenziale la controversia relativa alla fase di esecuzione di una convenzione avente a oggetto la costruzione e la gestione di un’opera pubblica appartiene alla giurisdizione ordinaria, per essere sussumibile nella unitaria categoria, regolata dal D.Lgs. n. 163 del 2006, della concessione di lavori pubblici, nella quale la gestione funzionale ed economica dell’opera non costituisce un accessorio eventuale della concessione di costruzione ma la controprestazione principale e tipica a favore del concessionario (ex aliis Cass. Sez. U n. 5594-20); e ciò anche qualora la domanda sia stata proposta anteriormente all’entrata in vigore del D.Lgs. n. 163 del 2006 e si riferisca a lavori concessi finanche anteriormente all’entrata in vigore della L. n. 109 del 1994 (Cass. Sez. U. n. 21200-17, Cass. Sez. U n. 11022-14).

IX. – Sennonché tutta questa problematica non assume (più) alcuna effettiva rilevanza, perché nel concreto la Parkimed, in relazione al medesimo contratto di concessione, aveva autonomamente e direttamente – e finanche preventivamente rispetto all’impugnazione della declinatoria della giurisdizione adottata con sentenza del tribunale di Milano – adito il Tar coi ricorsi per decreto ingiuntivo ai sensi dell’art. 118 cod. proc. amm., e vantato in quella sede il pagamento delle spettanze a suo dire derivanti dal contratto.

Tanto aveva fatto sul presupposto (art. 118 cit.) che la materia appartenesse alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.

Non importa indagare, allora, se in tale comportamento fosse ravvisabile o meno una volontà di acquiescenza alla sentenza declinatoria del tribunale di Milano.

Importa invece che le prime due sentenze del Tar, relative al medesimo rapporto contrattuale azionato dalla società in monitorio, non sono state impugnate nel capo afferente l’implicito riconoscimento della giurisdizione esclusiva. E questo è un fatto che emerge già in prospettiva di autosufficienza, poiché dalla motivazione del Consiglio di Stato non risulta che le prime due sentenze del Tar siano state per l’appunto censurate da Parkimed nel capo sulla giurisdizione, e poiché finanche il ricorso per cassazione contro la detta sentenza del Consiglio di Stato allude all’avvenuta anteriore impugnazione, per motivi attinenti al rigetto dell’eccezione di giurisdizione, della (sola) sentenza del Tar n. 113/2019 (la terza in ordine cronologico).

Ciò conferma che, invece, le prime due sentenze del Tar (la n. 2262/2017, la n. 2069/2018) erano state sì impugnate, ma nei capi afferenti al rigetto dell’iniziativa monitoria.

Non senza dire che l’impugnazione di tali sentenze nel capo implicitamente confermativo della giurisdizione del giudice amministrativo, oltre che di fatto non proposta, non sarebbe stata neppure proponibile dalla Parkimed, per il dispiegarsi del menzionato principio di autoresponsabilità.

X. – Tutto ciò questa Corte è in grado di rilevare d’ufficio, essendo in questione un problema attinente al giudicato interno (ostativo) direttamente discendente dalle due iniziali decisioni del Tar.

Il giudicato interno eventualmente formatosi a seguito della sentenza di primo grado può essere rilevato anche d’ufficio in sede di legittimità, a meno che il giudice di secondo grado non abbia deciso, pur se implicitamente, sulla portata dell’atto di appello e, quindi, sull’esistenza o meno del suddetto giudicato (cd. giudicato – esplicito o implicito – sul giudicato: v. Cass. n. 5133-19, Cass. n. 1284-07 e altre), cosa che non è avvenuta nel caso concreto.

In conclusione, sulla questione di giurisdizione si è implicitamente formato il giudicato direttamente in forza delle due citate sentenze di primo grado del giudice amministrativo, non impugnate (né dalla ricorrente impugnabili) nel capo relativo al presupposto processuale immanente al rigetto delle pretese per ragioni di merito (Cass. Sez. U. n. 24883-08, Cass. Sez. U. n. 26016-08, Cass. Sez. U. n. 27344-08, Cass. Sez. U. n. 2961-09, Cass. Sez. U. n. 28503-17; nonché Cass. n. 6966-13, Cass. n. 2605-18 e moltissime altre).

E un tale giudicato è rilevabile d’ufficio in cassazione.

XI. – Stando così le cose, non importa che nella causa introdotta dal Comune di Milano, sempre dinanzi al Tar, per ottenere la risoluzione del contratto, la Parkimed avesse opposto un’eccezione di difetto di giurisdizione preliminarmente alla sua contrapposta domanda di risoluzione. E non importa neppure che in relazione al rigetto di tale eccezione la Parkimed abbia poi impugnato la citata sentenza del Tar n. 113 del 2019.

Infatti tra le domande, di adempimento del contratto (proposte mediante i ricorsi in monitorio) e di risoluzione (avanzate nella terza causa in ordine cronologico), esisteva (ed esiste) un nesso di continenza – quel tipo di continenza che ordinariamente viene definita come “qualitativa” o per specularità.

Tra la domanda di adempimento di un contratto e la domanda di risoluzione dello stesso è configurabile una relazione di continenza, in quanto la pronuncia di risoluzione è fondata sul medesimo rapporto negoziale e implica il nesso di interdipendenza che la rende alternativa a quella di condanna all’adempimento (v. Cass. n. 3109-02 e molte altre).

XII. – Deriva una prima sequela di effetti quanto al ricorso avverso la sentenza del Consiglio di Stato iscritto al n. 5990-20.

Tale sentenza va semplicemente corretta nella motivazione, poiché colle prime due sentenze il Tar, revocando i decreti ingiuntivi ottenuti dalla Parkimed per il pagamento delle somme spettanti in base al contratto, ha negativamente definito il merito dei giudizi di adempimento.

La pronuncia di rigetto della domanda, da considerare non impugnata (in prospettiva di autosufficienza) nella parte afferente il presupposto della giurisdizione, e comunque neppure impugnabile a cagione della preclusione discendente dal principio di autoresponsabilità della parte che aveva adito il plesso giurisdizionale, è passata in giudicato quanto al capo implicitamente affermativo della giurisdizione.

Il giudicato si estende alla controversia relativa alla domanda di risoluzione in base al rapporto di continenza che astringe le due domande, di adempimento e di risoluzione, nella relazione di reciproca interdipendenza.

Il ricorso proposto avverso la sentenza del Consiglio di Stato dalla Parkimed è inammissibile per tale specifica ragione, a prescindere dal profilo, valorizzato dal Consiglio di Stato e contestato dalla ricorrente, dell’efficacia panprocessuale della statuizione rinveniente nella sentenza n. 7643-95 di queste Sezioni unite.

XII. – Deriva poi quest’altro effetto, in ordine al ricorso iscritto al n. 5190-19 contro la sentenza della corte d’appello di Milano.

Il giudicato sulla giurisdizione, formatosi in relazione alle citate due sentenze del Tar, assume rilevanza di giudicato esterno quanto alla causa instaurata dinanzi al giudice ordinario.

L’esistenza del giudicato esterno, a prescindere dalla posizione assunta in giudizio dalle parti, è parimenti rilevabile d’ ufficio in ogni stato e grado del processo, sia che il giudicato si sia formato prima, sia che esso si sia formato dopo la sentenza impugnata, trattandosi di un elemento che può essere assimilato agli elementi normativi, destinato a fissare la regola del caso concreto. Sicché il suo accertamento non costituisce patrimonio esclusivo delle parti, ma mira a evitare la formazione di giudicati contrastanti, e corrisponde a un preciso interesse pubblico sotteso alla funzione primaria del processo, consistente nell’eliminazione dell’incertezza delle situazioni giuridiche attraverso la stabilità delle decisioni (ex plurimis, Cass. n. 16847-18, Cass. n. 8607-17).

Il giudicato esterno ben può formarsi anche e proprio sulla questione di giurisdizione, essendo da tempo superata la dicotomia tra un’efficacia sostanziale e una processuale del giudicato in sé e per sé considerato. La cosa giudicata opera tanto sui rapporti sostanziali quanto nei confronti di tutti i giudici dei processi aventi identità di oggetto (ovvero oggetto incompatibile e come tale legato da vincolo di dipendenza o continenza); il che è del resto espressione concettuale ineliminabile del principio per cui gli effetti del giudicato, pur potendo variare secondo le caratteristiche specifiche dei singoli casi (da un contenuto positivo a un contenuto negativo) in ogni modo non costituiscono altro che una diversa manifestazione dell’unico effetto compendiabile nell’attribuzione alla sentenza del valore vincolante.

Tanto questa Corte ha finanche recentemente avuto modo di mettere in evidenza merce’ il principio per cui il passaggio in cosa giudicata di una pronuncia del giudice ordinario, ovvero del giudice amministrativo, recante statuizioni sul merito di una pretesa attinente a un determinato rapporto, estende i suoi effetti al presupposto della sussistenza della giurisdizione di detto giudice su tale rapporto, indipendentemente dal fatto che essa sia stata o meno oggetto di una anteriore esplicita declaratoria; cosicché osta a che la giurisdizione di quel giudice possa essere contestata in successive controversie fra le stesse parti aventi titolo nel medesimo rapporto davanti a un giudice diverso, avendo il giudicato esterno la medesima autorità di quello interno, siccome corrispondenti entrambi all’unica finalità dell’eliminazione dell’incertezza delle situazioni giuridiche e della stabilità delle decisioni (Cass. Sez. U. n. 28179-20).

In ragione del preminente interesse pubblico sotteso ai principi sopra ricordati, il rilievo deve avvenire direttamente da parte della Corte qualora il giudicato si sia formato in seguito a sue sentenze, addirittura comunemente si dice – facendo ricorso agli strumenti informatici e alle banche dati elettroniche interne all’ufficio, ove sono archiviati i ricorsi e le decisioni (v. Cass. n. 14014-07, nonché Cass. n. 8614-11, Cass. n. 29923-20); sicché, per la contraddizion che niente altro consente, il medesimo principio non può che egualmente legittimare il rilievo officioso in base al diretto esame delle risultanze di un altro giudizio tra le stesse parti, che la Corte è in grado di conoscere per esser chiamato, tale giudizio, nella medesima sede d’udienza ovvero riunito, come nella specie, per poter esser definito con unica sentenza.

Anche il ricorso contro la sentenza della corte d’appello di Milano, che ha confermato la declinatoria di giurisdizione del tribunale della stessa città, è quindi da dichiarare inammissibile.

XIII. – Le spese processuali seguono la soccombenza.

PQM

La Corte riunisce i ricorsi e li dichiara inammissibili; condanna la ricorrente alle spese processuali, che liquida in 18.200,00 Euro, di cui 200,00 Euro per esborsi, oltre accessori e rimborso forfetario di spese generali nella massima percentuale di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello relativo al ricorso, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio delle Sezioni Unite Civili, il 22 giugno 2021.

Depositato in Cancelleria il 16 settembre 2021

 

 

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