Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25040 del 10/10/2018
Cassazione civile sez. II, 10/10/2018, (ud. 18/04/2018, dep. 10/10/2018), n.25040
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MATERA Lina – Presidente –
Dott. GORJAN Sergio – Consigliere –
Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –
Dott. DONGIACOMO Giuseppe – rel. Consigliere –
Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 20385-2014 proposto da:
P.P., elettivamente domiciliato in Roma, via Lazio 9,
presso lo studio dell’Avvocato GIUSEPPE DE FALCO, che lo rappresenta
e difende per procura speciale in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
PI.LU., elettivamente domiciliato in Roma, via Lucrezio
Caro 62, presso lo studio dell’Avvocato SIMONE CICCOTTI, che lo
rappresenta e difende per procura speciale a margine del
controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 3848/2013 della CORTE D’APPELLO di ROMA,
depositata il 4/7/2013;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 18/4/2018 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE DONGIACOMO.
Fatto
PREMESSO
che:
– P. ed P.E. convennero Pi.Lu. innanzi al Tribunale di Roma chiedendone la condanna al pagamento dell’importo di Euro 34.241,09, importo che costituiva il residuo non restituito di un mutuo di Euro 51.645,69 perfezionatosi fra le parti nel contesto di un più ampio rapporto negoziale che prevedeva, fra le altre cose, l’affidamento al Pi. dell’attività di promozione artistica e discografica di P.E.;
– il Pi. si costituì deducendo, per quanto qui ancora di interesse, che la dazione di denaro aveva trovato causa nell’incarico di promozione conferitogli dal P., che qualificava come mandato; negò dunque l’esistenza del contratto di mutuo e chiese il rigetto della domanda;
– il Tribunale accolse la domanda e condannò il Pi. al pagamento delle spese di lite;
– la sentenza fu riformata dalla Corte d’Appello di Roma, a seguito dell’impugnazione proposta dal Pi. e dopo la costituzione di P. ed P.E. che ne avevano chiesto il rigetto;
– la Corte, in particolare, rilevò che nel corso dell’interrogatorio formale deferitogli, P.P. aveva dichiarato che l’importo versato al Pi. “doveva servire per promuovere P.E. sia come artista che il suo disco”, così confessando l’insussistenza del mutuo su cui si fondava la sua pretesa restitutoria;
– avverso tale decisione P.P. ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo; l’intimato ha depositato controricorso ed ha depositato memoria.
Diritto
OSSERVATO
che, con l’unico motivo, il ricorrente denunzia violazione di legge, dolendosi del fatto che la corte d’appello avrebbe erroneamente attribuito valore confessorio alla dichiarazione da lui resa nel corso dell’interrogatorio formale in primo grado, richiamata senza le ulteriori specificazioni rese; riporta infatti la propria risposta per intero, che dopo l’inciso richiamato dal giudice d’appello così proseguiva: “ma precisai al Pi. che tale consegna di danaro era un’anticipazione, ovvero un prestito da me fatto al Pi. in quanto quest’ultimo mi disse di versare in cattive condizioni economiche. Il Pi. mi disse che in quel momento versava in non buone condizioni economiche. In ordine alla restituzione il convenuto promise di restituire la somma nel più breve tempo possibile. Dopo cinque – sei mesi restituì circa Lire 30.000.000”; precisa, infine, che tale ultima circostanza è stata accertata nel giudizio di primo grado, ed appare incompatibile con il fine della dazione ritenuto dal giudice d’appello;
ritenuto che il motivo appare fondato; infatti, il giudice d’appello, attribuendo valore confessorio alla dichiarazione del P. richiamata in sentenza, ed omettendo di considerare le successive aggiunte che, infirmandola, erano state contestate dal Pi., non ha dato continuità al principio più volte affermato da questa Corte, secondo cui, in tal caso, l’intera dichiarazione non assume più valore confessorio, ma è suscettibile nel suo complesso, a norma dell’art. 2734 c.c., di libero apprezzamento da parte del giudice, ai sensi dell’art. 116 c.p.c. (cfr. Cass. n. 25273/2008; n. 23637/2004);
considerato, quindi, che il ricorso dev’essere accolto e che la sentenza impugnata dev’essere, per l’effetto, cassata con rinvio ad altra sezione della Corte d’Appello di Roma, anche ai fini delle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte così provvede: accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte d’Appello di Roma, che provvederà anche sulle spese del presente giudizio.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 18 aprile 2018.
Depositato in Cancelleria il 10 ottobre 2018