Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25040 del 09/11/2020

Cassazione civile sez. lav., 09/11/2020, (ud. 27/11/2019, dep. 09/11/2020), n.25040

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BERRINO Umberto – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. DE GREGORIO Federico – Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. LEO Giuseppina – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1778-2016 proposto da:

C.I.V.I.S. MULTISERVIZI S.P.A., in persona del legale rappresentante

pro tempore elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ENNIO QUIRINO

VISCONTI 20, presso lo studio dell’avvocato NICOLA DOMENICO

PETRACCA, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato

CLAUDIO MORO;

– ricorrente –

contro

C.V.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 215/2015 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 06/05/2015 R.G.N. 1139/2011.

 

Fatto

RILEVATO

che la Corte di Appello di Venezia, con sentenza pubblicata il 9.7.2015, ha accolto parzialmente il gravame interposto da C.V., nei confronti della C.I.V.I.S. Multiservizi S.p.A., avverso la pronunzia del Tribunale di Verona n. 12/2011, resa il 13.1.2011, che aveva rigettato la domanda della lavoratrice, diretta ad ottenere “il pagamento delle differenze retributive calcolate sulla base del CCNL Terziario o, in subordine, del CCNL Pulizie, in luogo del CCNL Proprietari di Fabbricati, applicato al suo contratto di lavoro di portierato”;

che, pertanto, la Corte di merito, in parziale riforma della sentenza gravata, ferma nel resto, ha condannato la società appellata a versare alla C., a titolo di differenze retributive, Euro 6.912,50, oltre rivalutazione ed interessi legali sulle somme annualmente rivalutate dal dovuto al saldo; ed altresì, a restituire alla lavoratrice le somme ricevute in esecuzione della sentenza di primo grado, con gli interessi dalla data del pagamento al saldo, compensando per la metà le spese di lite di entrambi i gradi di merito e condannando la società al pagamento della metà residua;

che per la cassazione della sentenza ricorre la C.I.V.I.S. Multiservizi S.p.A. sulla base di un motivo, ulteriormente illustrato da memoria;

che C.V. è rimasta intimata;

che il P.G. non ha formulato richieste.

Diritto

CONSIDERATO

che, con il ricorso, si censura la “violazione e falsa applicazione di legge e di accordi collettivi di lavoro in riferimento agli artt. 1362 c.c. e ss. ed al CCNL Proprietari Fabbricati (art. 17)”, e si lamenta che erroneamente i giudici del gravame, “pur richiamando nell’incipit del proprio iter motivazionale l’insegnamento della Suprema Corte in tema di efficacia della contrattazione collettiva”, ne avrebbero “stravolto la portata”, giungendo “a conclusioni del tutto erronee”, poichè affermano, “in sostanza, che il CCNL voluto dalle parti (ossia quello dei Proprietari di Fabbricati) non sarebbe il CCNL corrispondente all’attività svolta dalla Società ricorrente, in quanto sarebbe applicabile esclusivamente ai lavoratori addetti agli stabili adibiti ad abitazione o ad usi analoghi a quelli di abitazione e non sarebbe per converso applicabile ai lavoratori addetti ad immobili destinati ad usi commerciali, arrivando così a concludere in modo erroneo che le mansioni svolte dalla C. non sarebbero state corrispondenti a quelle disciplinate dal CCNL Proprietari di Fabbricati”; mentre, a parere della società ricorrente, “da una corretta lettura della norma contrattuale, la Corte di merito avrebbe dovuto necessariamente concludere che: il CCNL Proprietari di Fabbricati disciplina anche l’attività dei lavoratori che, al pari della C., svolgono mansioni di custodia, vigilanza e mansioni accessorie anche nell’ambito di immobili a destinazione commerciale ed industriale (e non solo ad uso abitativo); conseguentemente la Corte d’Appello avrebbe dovuto ritenete, che la retribuzione proporzionata alle mansioni effettivamente svolte dalla C. fosse proprio quella prevista dal CCNL Proprietari di Fabbricati, senza dunque necessità di fare riferimento ad altri CCNL (quale il CCNL Commercio) che, a ben vedere, non hanno alcuna attinenza con l’attività svolta da Civis Multiservizi e dalla C.”;

che il motivo è inammissibile sotto diversi e concorrenti profili; innanzitutto, infatti, la parte ricorrente non ha indicato analiticamente quali norme – e sotto quale profilo – sarebbero state violate (facendosi, inizialmente, genericamente accenno soltanto alla “violazione e falsa applicazione di legge e di accordi collettivi di lavoro in riferimento agli artt. 1362 c.c. e ss. ed al CCNL Proprietari Fabbricati (art. 17)”), in spregio alla prescrizione di specificità dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, che esige che il vizio della sentenza previsto dall’art. 360, comma 1, n. 3 codice di rito, debba essere dedotto, a pena di inammissibilità, mediante la puntuale indicazione delle disposizioni asseritamente violate ed altresì con specifiche argomentazioni intese motivatamente a dimostrare in quale modo determinate affermazioni in diritto, contenute nella sentenza gravata, debbano ritenersi in contrasto con le disposizioni regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione delle stesse fornita dalla prevalente giurisprudenza di legittimità (cfr., tra le molte, Cass., Sez. VI, ord. nn. 187/2014; 635/2015; Cass. nn. 19959/2014; 18421/2009); inoltre, nel motivo, si deduce che le violazioni lamentate attengono all’esegesi di “accordi collettivi di lavoro”, nonchè del “CCNL Proprietari Fabbricati (art. 17)”, che non sono stati prodotti (e neppure indicati nell’elenco dei documenti offerti in comunicazione elencati nel ricorso per cassazione), nè trascritti per intero, ma solo relativamente ad alcune parti dell’art. 17 del CCNL Proprietari di fabbricati; e ciò, in violazione del principio (v. art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6), più volte ribadito da questa Corte, che definisce quale onere della parte ricorrente quello di indicare lo specifico atto precedente cui si riferisce, in modo tale da consentire alla Corte di legittimità di controllare ex actis la veridicità delle proprie asserzioni prima di esaminare il merito della questione (v., ex plurimis, Cass. n. 14541/2014). Il ricorso per cassazione deve, infatti, contenere tutti gli elementi necessari a costituire le ragioni per cui si chiede la cassazione della sentenza di merito ed a consentire la valutazione della fondatezza di tali ragioni, senza che sia necessario fare rinvio a fonti esterne al ricorso e, quindi, ad elementi o atti concernenti il pregresso grado di giudizio di merito (cfr., tra le molte, Cass. nn. 10551/2016; 23675/2013; 1435/2013). Per la qual cosa, questa Corte non è stata messa in grado di poter apprezzare la veridicità delle doglianze mosse dalla parte ricorrente al procedimento di sussunzione operato dai giudici di seconda istanza, le quali, quindi, si risolvono in considerazioni di fatto inammissibili e sfornite di qualsiasi delibazione probatoria (cfr., ex plurimis, Cass. nn. 24374/2015; 80/2011);

che per tutto quanto in precedenza esposto, il ricorso va dichiarato inammissibile;

che nulla va disposto in ordine alle spese del presente grado di giudizio, poichè la C. non ha svolto attività difensiva;

che, avuto riguardo all’esito del giudizio ed alla data di proposizione del ricorso sussistono i presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nei termini specificati in dispositivo.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; nulla per le spese. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 27 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 9 novembre 2020

 

 

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