Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25040 del 08/10/2019

Cassazione civile sez. III, 08/10/2019, (ud. 12/06/2019, dep. 08/10/2019), n.25040

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. FIECCONI Francesca – rel. Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26385/2017 proposto da:

SIDOTI ACQUE SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore

M.A.M.P., LUISIDO SRL in persona del legale

rappresentante pro tempore M.A.M.P., domiciliate

ex lege in ROMA, presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE,

rappresentata e difesa dall’avvocato DARIO SEMINARA;

– ricorrenti –

contro

ACCOR HOSPITALITY ITALIA SRL, in persona dell’amministratore delegato

e legale rappresentante C.F., elettivamente domiciliata

in ROMA, VIA DELLE QUATTRO FONTANE 20, presso lo studio degli

avvocati CAPPELLI & PARTNERS GIANNI, ORIGONI, GRIPPO,

rappresentata e difesa dagli avvocati ALBERTO NANNI, DANIELE VECCHI,

GIOVANNI MARSILI;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 1504/2017 della CORTE D’APPELLO di CATANIA,

depositata il 31/07/2017;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

12/06/2019 dal Consigliere Dott. FRANCESCA FIECCONI.

Fatto

RILEVATO

che:

1. Con ricorso notificato per via telematica il 7 novembre 2017 le società SIDOTI ACQUE SRL E LUISIDO SRL ricorrono per cassazione della sentenza numero 1504-2017 della Corte d’appello di Catania, depositata il 31 luglio 2017 e notificata telematicamente l’8 settembre 2017 (munita di successiva attestazione di ricezione rilasciata il 3 gennaio 2018), con la quale la Corte d’appello, nel giudizio svoltosi nei confronti della società ACCOR HOSPITALITY ITALIA S.R.L., ha rigettato la richiesta di riforma della sentenza del Tribunale di Catania, confermando le statuizioni del primo giudice, e ha ritenuto assorbita ogni ulteriore questione. Il ricorso è affidato a 2 motivi incentrati sull’omessa pronuncia sulla domanda subordinata volta ad accertare la responsabilità precontrattuale, sia in termini di violazione delle norme processuali in relazione al principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, sia in termini di omessa valutazione di fatti discussi e rilevanti ai fini della decisione in relazione alla condotta colpevole assunta dalla convenuta nel corso di tutte le trattative.

2. La parte intimata ha notificato controricorso per dedurre improcedibilità del ricorso, in mancanza di attestazione di ricezione della notifica della sentenza impugnata, e, nel merito, ha preliminarmente rilevato l’inammissibilità dell’azione per essersi formato un giudicato interno in relazione alla mancata impugnazione delle statuizioni contenute nella sentenza di primo grado in relazione alla domanda di risarcimento per responsabilità precontrattuale.

3. Nel giudizio di primo grado il Tribunale adito, in riferimento a un complesso negozio preliminare di appalto di opere di costruzione finalizzato alla futura locazione di due alberghi, con accessori oneri di costruzione assunti dai futuri locatori (le società ricorrenti erano appaltatrici delle opere di costruzione degli alberghi da locare alla convenuta), sottoscritto il 7 novembre 2006 dopo un’annosa trattativa, aveva 1) dichiarato la nullità del contratto preliminare per indeterminatezza dell’oggetto, relativamente all’impegno della convenuta ACCOR a prendere in locazione uno dei due alberghi in costruzione, di cui le parti attrici chiedevano l’accertamento dell’inadempimento in relazione al mancato avveramento della condizione sospensiva alla data del 30 settembre 2008 – indicato come termine ultimo per approvare gli allegati tecnici dei progetti di costruzione e per la determinazione del canone di locazione inerente a uno dei due alberghi da costruire – 2) rigettato la domanda di risarcimento svolta sulla base di una responsabilità pre-contrattuale della società convenuta, in quanto presupporrebbe la mancata formazione di un contratto, mentre in questo caso il contratto era da considerarsi stipulato, ma nullo, e quindi non in grado di generare una responsabilità precontrattuale.

4. La Corte d’appello, nel respingere tutti i motivi di impugnazione, ha valutato come corretta la statuizione di nullità del contratto pronunciata dal Tribunale per indeterminatezza dell’oggetto e ritenuto assorbito per tale motivo ogni ulteriore profilo di inadempimento contrattuale e di violazione degli obblighi di buona fede nell’esecuzione del contratto denunciati.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con il 1 motivo ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, le ricorrenti denunciano violazione dell’art. 112 c.p.c., per omessa pronuncia in relazione alla responsabilità pre-contrattuale contenuta quale domanda subordinata.

1.1. Innanzitutto la questione di procedibilità posta dalla controricorrente è superata dalla successiva produzione dell’attestazione di ricezione della notifica della sentenza notificata al ricorrente ai fini del decorso del termini breve d’impugnazione (cfr. da ultimo Cass. SU 8312/2019).

1.1. Risulta invece fondata l’eccezione preliminare della controricorrente relativa alla carenza di formulazione di uno specifico motivo di appello sulla statuizione del giudice di primo grado in ordine alla non configurabilità di una responsabilità precontrattuale in caso di accertamento della nullità del contratto. Ed invero, in atti non risulta che la statuizione resa dal giudice di primo grado sul punto sia stata oggetto di impugnazione, nè di esame da parte della Corte, essendosi la parte appellante nell’atto di appello limitata a reiterare “la domanda di accertamento della violazione degli obblighi di buona fede nell’esecuzione del contratto, anche in relazione alla responsabilità precontrattuale”, senza nulla argomentare in merito a quanto ritenuto dal giudice di primo grado in punto di preclusione di tale giudizio a fronte di una nullità contrattuale.

1.2. Si tratta, invero, di un capo autonomo della sentenza di primo

grado impugnabile, ma non specificamente impugnato, in appello. Il giudicato interno, infatti, si forma su capi autonomi della sentenza che risolvano questioni aventi una propria individualità e autonomia, tali da integrare una decisione del tutto indipendente: quindi, su una statuizione minima della sentenza, costituita dalla sequenza fatto, norma ed effetto, suscettibile di acquisire autonoma efficacia decisoria nell’ambito della controversia. Ove detta statuizione non sia stata oggetto di censura con l’appello, resta quindi precluso al giudice dell’impugnazione pronunciarsi sul punto per non incorrere nella violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato (cfr. da ultimo, Cass. Sez. U -, Sentenza n. 13436 del 17/05/2019, in tema di giurisdizione; Cass. Sez. 2 -, Ordinanza n. 10760 del 17/04/2019;Cass. Sez. 1, Sentenza n. 6304 del 19/03/2014; Sez. L, Sentenza n. 17935 del 23/08/2007).

2. con il 2 motivo le ricorrenti deducono violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5, sull’assunto che sia mancato un esame della condotta assunta nel corso delle trattative dalla società convenuta ai fini della valutazione della responsabilità per violazione degli obblighi di buona fede.

2.1. Il secondo motivo è da, preliminarmente, dichiararsi inammissibile ex art. 348 ter c.p.c., comma 4, trattandosi di impugnazione avverso una pronuncia doppiamente conforme dei giudici di merito, intervenuta dopo la novella del 2012 sulle impugnazioni. E pertanto il ricorrente in cassazione – per evitare l’inammissibilità del motivo di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5 – deve indicare le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (Cass. Sez. 1 -, Sentenza n. 26774 del 22/12/2016).

3. Conclusivamente il ricorso è inammissibile, con ogni conseguenza in ordine alle spese, che si liquidano in dispositivo ai sensi del D.M. n. 55 del 2014, a favore della parte resistente.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna le società ricorrenti alle spese, liquidate in Euro 8.200, oltre Euro 200,00 per spese, spese forfettarie al 15% e oneri di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 12 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 8 ottobre 2019

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