Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25037 del 08/10/2019

Cassazione civile sez. III, 08/10/2019, (ud. 05/06/2019, dep. 08/10/2019), n.25037

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

Dott. GIANNITI Pasquale – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – rel. Consigliere –

Dott. GUIZZI Stefano Giaime – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25237-2017 proposto da:

F. SRL in persona del legale rappresentante pro tempore F.M.,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DI S. AGNESE, 16, presso lo

studio dell’avvocato CORRADO STEFANO GOTTI, rappresentata e difesa

dall’avvocato ALESSANDRO VACCANEO;

– ricorrente –

contro

SANTANDER CONSUMER BANK SPA in persona del suo amministratore

delegato, direttore generale e legale rappresentante pro tempore

Dott. M.A., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA C.

MIRABELLO, 23, presso lo studio dell’avvocato MICHELA NATALE, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato MIRIAM BOSURGI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1795/2017 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 01/08/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

05/06/2019 dal Consigliere Dott. POSITANO Gabriele.

Fatto

RILEVATO

che:

con atto di citazione notificato il 12 ottobre 2012, F. s.r.l. evocava in giudizio davanti al Tribunale di Torino, Santander Consumer Bank s.p.a. lamentando di avere subito l’errata segnalazione a sofferenza presso la Centrale Rischi della Banca d’Italia che le avrebbe impedito di partecipare a due gare di appalto e di avviare un programma di espansione industriale, lamentando un danno patrimoniale pari ad Euro 8.392.000, oltre a danni non patrimoniali per lesione della propria immagine aziendale, da quantificarsi in via equitativa. Precisava che, a causa di una anomalia di natura tecnica, era stata erroneamente effettuata la segnalazione in Centrale Rischi da parte di Santander Consumer Bank s.p.a. per il periodo 1 maggio 2011-21 giugno 2011;

si costituiva Santander Consumer Bank s.p.a. deducendo l’infondatezza della pretesa e la sproporzione della stessa rilevando che l’errata segnalazione era provocata da un’anomalia tecnica dei flussi informatici, per cui Santander Consumer Bank s.p.a., accortasi dell’errata comunicazione alla Banca d’Italia, aveva rimediato in pochi giorni, tanto che, agli intermediari creditizi il dato errato era rimasto disponibile solo dal 17 al 21 giugno 2011, e ciò era avvenuto sulla base di una propria iniziativa, prima della segnalazione da parte di F. s.r.l. Pertanto l’erronea segnalazione era priva di valenza lesiva riguardo ai danni patrimoniali e non patrimoniali. Con la conseguenza che non era possibile sostenere che vi fosse stato un “irrigidimento” da parte del ceto bancario e i presunti danni da revoca dei crediti dovevano ritenersi indipendenti da tale segnalazione errata;

con sentenza del 12 gennaio 2016 il Tribunale di Torino condannava la convenuta al pagamento della somma di Euro 250.000 a titolo di risarcimento del danno non patrimoniale. Secondo il Tribunale Santander Consumer Bank s.p.a. era comunque responsabile per l’errata segnalazione e ciò, sia ai sensi dell’art. 2050 c.c., dovendosi qualificare come pericolosa l’attività di trasmissione dei dati alla Centrale Rischi, sia ai sensi dell’art. 1218 c.c.. In entrambi i casi l’esercente non aveva dimostrato di avere adottato tutte le misure idonee ad evitare il danno. La consulenza tecnica espletata aveva accertato che la segnalazione a sofferenza era rimasta conoscibile dal primo al 21 giugno 2011. Pertanto, il discredito aveva costituito un pregiudizio per i soggetti che avevano deciso di avere rapporti contrattuali con la società segnalata. Le prove espletate avevano dimostrato il nesso causale tra la segnalazione e l’impossibilità di ottenere partners finanziari necessari per partecipare alle gare indette dal Comune di Roma;

avverso tale decisione proponeva appello Santander Consumer Bank s.p.a. e spiegava appello incidentale F. s.r.l., la Corte d’Appello di Torino, con sentenza del 1 agosto 2017, accogliendo parzialmente l’appello principale di Santander rigettava la domanda di F. s.r.l. relativa al risarcimento del danno non patrimoniale; rigettava, invece, l’appello incidentale di F. s.r.l, con condanna al pagamento delle spese processuali ed alla restituzione di quanto ricevuto da Santander Consumer Bank s.p.a.;

la Corte territoriale disattendeva l’orientamento giurisprudenziale più risalente fatto proprio dal primo giudice, secondo cui nell’ipotesi di condotta illecita, il danno può ritenersi sussistente in re ipsa. Al contrario, nel caso di specie difettava la prova del danno non patrimoniale, quale danno all’immagine ed alla reputazione commerciale di F. s.r.l.. Infatti, dalla prova testimoniale era emerso che la segnalazione non aveva determinato nelle banche la convinzione che F. s.r.l. fosse diventata un cattivo pagatore, ma la vicenda era stata recepita da subito come una anomalia, tanto da segnalarla direttamente a F. s.r.l.. Con riferimento all’appello incidentale proposto da F. s.r.l. per il mancato riconoscimento del danno patrimoniale escludeva la possibilità di una valutazione equitativa del danno poichè lo stesso era stato escluso dal Tribunale;

contro la decisione della Corte d’Appello propone ricorso per cassazione F. s.r.l. affidandosi a tre motivi. Resiste con controricorso Santander Consumer Bank s.p.a. che illustra con memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

con il primo motivo, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, si deduce la violazione degli artt. 1218,1223,1226,2050 e 2697 c.c. ritenendo errata la decisione della Corte territoriale, laddove aveva ritenuto di gravare dell’onere di provare il danno all’immagine la società danneggiata, onerata anche di dimostrare il nesso di causalità tra la condotta della banca ed il pregiudizio subito; secondo la ricorrente il danno non patrimoniale avrebbe dovuto ritenersi sussistente in re ipsa;

la censura è manifestamente infondata poichè per costante orientamento della Corte di legittimità il danno non patrimoniale, anche quando riguardi le lesione di diritti inviolabili della persona, costituisce sempre danno conseguenza, che deve essere allegato e provato (Cass. SU, 22 luglio 2015, n. 15350). Tale principio opera in maniera specifica in tema di illecita segnalazione alla Centrale Rischi dove il pregiudizio deve sempre identificarsi in un danno conseguenza, cioè in un accadimento connesso alla lesione di una situazione protetta e non può essere configurato quale danno in re ipsa (Cass. n. 7494 del 2018, Cass. n. 31537 del 2018 e Cass. 24 settembre 2013, n. 21816);

con il secondo motivo si lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione dell’art. 2729 c.c.. La Corte d’Appello avrebbe violato tale ultima disposizione per avere escluso la prova per presunzioni del danno all’immagine subito da F. s.r.l. e il nesso di causalità tra la segnalazione e il danno medesimo;

il motivo è inammissibile perchè apparentemente strutturato come violazione delle norme in tema di prova per presunzioni, tende, in realtà, ad una valutazione del materiale probatorio, chiedendo alla Corte di legittimità di ricostruire diversamente i fatti rispetto a quanto stabilito dai giudici di merito;

con il terzo motivo, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, si lamenta l’omesso esame di fatti decisivi per il giudizio rappresentati da quelli allegati alla domanda di risarcimento del danno non patrimoniale, dalle risultanze della prova per testi e dai documenti prodotti da F. s.r.l. che avrebbero consentito una diversa valutazione ed il riconoscimento del risarcimento del danno non patrimoniale;

il motivo è inammissibile perchè i fatti dedotti esulano dal perimetro del nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., n. 5 che va correttamente riferito all’omessa valutazione di un fatto storico, mentre le considerazioni che riguardano la mancata valutazione di elementi istruttori non sono deducibili in sede di legittimità, ai sensi della norma invocata;

ne consegue che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile; le spese del presente giudizio di cassazione vanno compensate in considerazione delle alterne vicende processuali relative alla quantificazione del danno, comunque riconosciuto. Infine, va dato atto – mancando ogni discrezionalità al riguardo (tra le prime: Cass. 14/03/2014, n. 5955; tra molte altre: Cass. Sez. U. 27/11/2015, n. 24245) – della sussistenza dei presupposti per l’applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, in tema di contributo unificato per i gradi o i giudizi di impugnazione e per il caso di reiezione integrale, in rito o nel merito.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e compensa integralmente tra le parti le spese di lite.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Terza Sezione della Corte fò Suprema di Cassazione, il 5 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 8 ottobre 2019

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