Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25037 del 07/11/2013


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Civile Sent. Sez. U Num. 25037 Anno 2013
Presidente: ROVELLI LUIGI ANTONIO
Relatore: VIRGILIO BIAGIO

Data pubblicazione: 07/11/2013

SENTENZA

sul ricorso 2620-2013 proposto da:
VETRELLA SERGIO, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
ENNIO QUIRINO VISCONTI 99, presso lo studio
dell’avvocato PALMA ANTONIO, che lo rappresenta e
difende per delega a margine del ricorso;
– ricorrente contro

PROCURATORE

GENERALE

RAPPRESENTANTE

IL

PUBBLICO

MINISTERO PRESSO LA CORTE DEI CONTI, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA BAIAMONTI 25;

controricorrente

avverso la sentenza n. 570/2012 della CORTE DEI CONTI III Sezione giurisdizionale centrale d’appello – ROMA,

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 08/10/2013 dal Consigliere Dott. BIAGIO
VIRGILIO;
udito l’Avvocato Mario VERRUSO per delega dell’avvocato
Antonio Palma;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. PASQUALE FIMIANI, che ha concluso per
l’inammissibilità, in subordine rigetto del ricorso.

depositata il 04/09/2012;

R.g.n. 2620/13
Ud. 8 ottobre 2013

Ritenuto in fatto
I. Sergio Vetrella, in qualità di commissario straordinario dell’Agenzia
spaziale italiana (A.S.I.), venne condannato dalla Corte dei conti, sezione
giurisdizionale per la Regione Lazio, al risarcimento del nocumento

all’ente per effetto della corresponsione di compensi stipendiali ad un
funzionario proveniente da altra amministrazione, al quale, con
comportamento ritenuto connotato da colpa grave, erano state conferite dal
commissario le funzioni dirigenziali di responsabile della Segreteria
generale, in assenza dei necessari requisiti.
L’appello proposto dal Vetrella è stato rigettato dalla Corte dei conti,
sezione terza centrale d’appello, con sentenza del 4 settembre 2012.
La Corte, per quanto qui rileva, ha ritenuto che il

curriculum

dell’incaricato comprovasse il mancato possesso dei requisiti richiesti dalla
legge, cioè dall’art. 19 della legge n. 165 del 2001: egli, infatti, ha osservato
il giudice contabile, “non era in possesso della qualifica dirigenziale”; “la
sua formazione universitaria e postuniversitaria non evidenziava una
particolare specializzazione professionale, culturale e scientifica, avendo
conseguito la laurea in scienze politiche e frequentato un corso di
perfezionamento postuniversitario in scienza dell’amministrazione”; “non
proveniva dagli altri settori indicati dal citato art. 19: ricerca, docenza
universitaria, magistratura e avvocatura dello Stato (carriere alle quali non
avrebbe neppure potuto accedere, essendo sprovvisto della laurea in
giurisprudenza)”.
2. Avverso la sentenza il Vetrella propone ricorso per cassazione, ai sensi
dell’art. 362 cod. proc. civ., notificato 1’11 gennaio 2013, articolato in unico
complesso motivo ed illustrato con memoria.
3. Resiste con controricorso il Procuratore Generale presso la Corte dei
conti.
Considerato in diritto
1. Con l’unico motivo proposto, il ricorrente, denunciando “difetto di
giurisdizione nella forma dell’eccesso di potere giurisdizionale per l’utilizzo
i

patrimoniale, quantificato in €. 80.000, oltre accessori e spese, cagionato

da parte dell’organo giudicante di un potere appartenente
all’amministrazione”, lamenta che la Corte dei conti, con la sentenza
impugnata, pur avendo esaminato — a differenza del primo giudice — il
curriculum del soggetto effettivamente designato, nel far ciò abbia compiuto
una valutazione di merito circa la opportunità e l’inadeguatezza della scelta
effettuata, così illegittimamente sostituendosi all’amministrazione.
In definitiva, ad avviso del ricorrente, alla stregua del curriculum

della sua nomina, con la conseguenza che nella specie si configura il difetto
di giurisdizione del giudice contabile, nella figura dell’eccesso di potere
giurisdizionale, cioè dello sconfinamento dai limiti della giurisdizione
propri del giudice contabile e dell’esercizio di un potere discrezionale
riservato all’amministrazione.
2. Secondo la consolidata giurisprudenza di queste sezioni unite, le
decisioni del giudice amministrativo sono viziate per eccesso di potere
giurisdizionale e, quindi, sindacabili per motivi inerenti alla giurisdizione,
nel solo caso in cui detto giudice, eccedendo i limiti del riscontro di
legittimità del provvedimento impugnato e sconfinando nella sfera del
merito, riservata alla pubblica amministrazione, compia una diretta e
concreta valutazione dell’opportunità e della convenienza dell’atto, ovvero
quando la decisione finale, pur nel rispetto della formula dell’annullamento,
esprima la volontà dell’organo giudicante di sostituirsi a quella
dell’amministrazione, così esercitando una giurisdizione di merito in
situazioni che avrebbero potuto dare ingresso soltanto a una giurisdizione di
legittimità. Nessun dubbio, quindi, che l’eventuale sostituzione, da parte del
giudice amministrativo, della propria valutazione a quella riservata alla
discrezionalità della amministrazione, cioè la mera non condivisione della
valutazione stessa, configuri un indebito sconfinamento della giurisdizione
di legittimità nella sfera riservata alla pubblica amministrazione (cfr. Cass,
sez. un., nn. 23302 del 2011, 2312 e 21111 del 2012).
Sulla base di analoghi criteri, si è ripetutamente precisato che il giudice
contabile può e deve verificare la compatibilità delle scelte amministrative
con i fini dell’ente pubblico, i quali, ai sensi dell’art. 1 della legge 7 agosto
1990, n. 241, devono essere ispirati a criteri di economicità e di efficacia,
secondo il canone indicato nell’art. 97 Cost., e assumono rilevanza sul piano
2

dell’interessato, non può dubitarsi della legittimità e della ragionevolezza

della legittimità, non della mera opportunità, dell’azione amministrativa;
pertanto, la verifica della legittimità dell’attività amministrativa deve
estendersi alle singole articolazioni dell’agire amministrativo e, quindi,
apprezzare se gli strumenti utilizzati dagli amministratori pubblici siano
adeguati oppure esorbitanti ed estranei ai fini di interesse pubblico da
perseguire, e non potendo, comunque, prescindere dalla valutazione del
rapporto tra gli obiettivi conseguiti e i costi sostenuti (Cass., sez. un., nn.
831 e 20728 del 2012, 4283 e 12102 del 2013); in particolare, si è ritenuto

che non vengono violati i limiti esterni della giurisdizione contabile, né
quelli relativi alla riserva di amministrazione, nell’accertamento del danno
erariale relativo all’affidamento di un incarico esterno di consulenza
realizzato in difetto dei presupposti previsti dalla legge (Cass., sez. un., n.
10069 del 2011 e n. 4283 del 2013, cit.).
3. Alla stregua dei richiamati principi, deve escludersi che nella
fattispecie vi sia stato, da parte del giudice contabile, alcun superamento dei
limiti della propria giurisdizione.
Nel verificare, infatti, se il conferimento dell’incarico dirigenziale in
questione rispondesse ai requisiti dettagliatamente previsti dall’art. 19,
comma 6, del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165, la Corte dei conti — come risulta
da quanto riportato sopra in narrativa – si è mantenuta nell’ambito di
valutazione della legittimità, in rapporto a parametri normativi definiti,
dell’azione amministrativa, essendosi limitata, nel negare che il soggetto
incaricato fosse in possesso dei titoli richiesti, al (doveroso) accertamento
dei fatti rilevanti ai fini dell’applicazione della norma di legge anzidetta: è
chiaramente da escludere, pertanto, che la Corte abbia espresso valutazioni
di opportunità, o di mera non condivisione, della scelta operata.
4. Il ricorso va, pertanto, dichiarato inammissibile.
5. Non si provvede in ordine alle spese, in considerazione della qualità
(Procuratore Generale presso la Corte dei conti) del controricorrente.
P.Q.M.

La Corte, a sezioni unite, dichiara inammissibile il ricorso.
Così deciso in Roma 1’8 ottobre 2013.

CEPOINTAM IN CANCELLEMIA
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7 110 2013

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Gludtelerio

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