Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25036 del 16/09/2021

Cassazione civile sez. trib., 16/09/2021, (ud. 06/07/2021, dep. 16/09/2021), n.25036

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina A.P. – Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 11687/2015 R.G. proposto da:

Agenzia delle Entrate, in persona del legale rappresentante pro

tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello

Stato, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

S.F.P. e P.G., eredi di

P.F.P., rappresentati e difesi dall’Avv. Giovanni Giorgio, in virtù

di delega in calce al controricorso, elettivamente domiciliati

presso il suo studio in Bari, Via M. Garruba n. 13;

– controricorrenti –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Puglia, n. 171/07/2015, depositata il 29 gennaio 2015.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 6 luglio 2021

dal Consigliere Luigi D’Orazio.

 

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. P.P.F., dirigente Enel, presentava istanza di rimborso alla Agenzia delle entrate, precisando che era un (“vecchio”) iscritto al fondo pensione già prima del 1993, che aveva ricevuto la liquidazione delle somme nell’anno 2000, che su tali somme era stata applicata la ritenuta Irpef dal Fondo pensione con l’aliquota del 32,98%, come tassazione separata ai sensi del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 16, comma 1, lett. a), che, invece, le somme dovevano essere gravate da una ritenuta del 12,5% sulla differenza tra il capitale corrisposto e l’importo dei premi riscossi e ridotta del 2% per ogni anno successivo al decimo (D.P.R. n. 917 del 1986, art. 42 comma 4), che gli spettava la somma di Euro 107.494,24, oltre accessori.

2.A fronte del silenzio rifiuto formatosi sull’istanza di rimborso il contribuente proponeva ricorso dinanzi alla Commissione tributaria provinciale, che lo accoglieva.

3. La Commissione tributaria regionale rigettava l’appello dell’Ufficio, dichiarando applicabile l’aliquota del 12,5% sull’intero capitale, non essendo in alcun modo assoggettabile, quale vecchio iscritto, alla ritenuta del 32,98% di cui alla tassazione separata.

4. La Corte di cassazione (sentenza 29 dicembre 2011, n. 29595) accoglieva il ricorso della Agenzia delle entrate, disponendo che il giudice del rinvio accertasse se i capitali derivanti dalla contribuzione fossero stasi investiti nel “mercato finanziario”, quali fossero stati i risultati dell’investimento ed in qual modo fosse stata determinata l’assegnazione delle eventuali “plusvalenze” alle singole posizioni individuali.

5. La Commissione tributaria regionale della Puglia, in sede di rinvio, dopo il decesso del P. e la costituzione volontaria in giudizio degli eredi S.P.F. e P.G., accoglieva l’appello della Agenzia delle entrate “per quanto di ragione”, disponendo che la stessa rimborsasse al contribuente la maggiore imposta indebitamente ritenuta per 52.536,95. Il giudice di appello evidenziava che dalla certificazione dell’Enel emergeva che, con riferimento alla (OMISSIS), non vi era stato alcun rendimento sui mercati finanziari, trattandosi di fondo interno con accantonamento al bilancio Enel. Le somme investite da (OMISSIS) erano ricomprese, invece, unitamente ai rendimenti prodotti, nel valore complessivo delle quote per Euro 389.685,67. La dotazione iniziale era di Euro 51.325,00, sicché i rendimenti prodotti al 29 dicembre 2000 non potevano che ammontare, per differenza, ad Euro 244.821,15, sottraendo alla somma lorda assoggettata a ritenuta di acconto da parte di (OMISSIS) di Euro 518.128,79, il capitale di dotazione iniziale per Euro 51.325,00, i contributi a carico del dirigente per Euro 18.924,84 (dal 1 gennaio 1986 al 31 marzo 1998), l’importo del capitale residuo (OMISSIS) non investito trasferito a (OMISSIS) il 31 marzo 1998 per Euro 128.443,11, i contributi a carico del dirigente dal 1 aprile 1998 al 31 dicembre 1998 per e 2.513,32, i contributi a carico Enel fino al 31 marzo 1998 per Euro 66.236,94 ed i contributi ordinari a carico Enel nel periodo 1 aprile 1998-31 dicembre 1998, per Euro 5.864,42. Pertanto, la tassazione ordinaria al 32,98 % riguardava il capitale iniziale di dotazione Enel per Euro 51.325,00, i contributi ordinari a carico dell’azienda per Euro 72.101,36, l’importo capitale residuo (OMISSIS) non investito per Euro 128.443,36, per un totale di Euro 251.869,47. La somma di Euro 244.821,16 costituiva, invece, dei “rendimenti” conseguiti al 29 dicembre 2000 desunti per differenza dal documento (OMISSIS) (Euro 518.128,79 – Euro 273.307,63). L’imposta sulla quota capitale di Euro 251.869,47 era calcolata sul 32,98 % ed era quindi di Euro 83.066,55, mentre l’imposta sul rendimento di Euro 244.821,16 era calcolata 12,5 % ed era quindi di Euro 27.542,38. L’imposta applicata complessiva determinata in sede di liquidazione era di Euro 163.145,88, mentre l’imposta effettivamente dovuta era di Euro 110.608,93, con un credito per il contribuente di Euro 52.536,95.

6.Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione l’Agenzia delle entrate. 7. Resistono i contribuenti con controricorso, depositando memoria scritta.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con un unico motivo di impugnazione l’Agenzia delle entrate deduce la “violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., in relazione al disposto normativo di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”, in quanto la prova della sussistenza dei presupposti del diritto al percepimento delle somme di cui si chiede la restituzione ricade in capo al contribuente. Il contribuente avrebbe dovuto dimostrare, quindi, l’esatta entità della somma erogata a titolo di rendimento netto, derivante dalla gestione sul mercato finanziario del capitale accantonato, oltre alle modalità ed ai tempi dell’investimento effettuato, ai risultati maturati dai singoli investimenti ed alle modalità di assegnazione e di quantificazione delle eventuali plusvalenze alle singole posizioni individuali. Tale prova doveva essere rappresentata dalla certificazione proveniente dall’ente che ha gestito il fondo, da cui evincere il preciso ammontare del rendimento netto da assoggettare all’aliquota del 12,50%. In nessuno dei documenti prodotti dal contribuente compare l’esatta determinazione dell’ammontare del rendimento netto imputabile alla gestione sul mercato del capitale accantonato da parte del fondo di previdenza. Tra l’altro, l’Enel, con la nota del 27 gennaio 2014, n. 59, ha comunicato che non era sussumibile alcun rendimento netto derivante dalla gestione delle somme da parte del fondo (OMISSIS), in quanto quest’ultimo non ha mai potuto né avrebbe potuto svolgere, quale fondo interno al bilancio Enel, un’attività di investimento nei mercati finanziari. (OMISSIS), invece, con la nota del 7 febbraio 2014, n. 36, ha attestato che la somma di Euro 27.126,92 era imputabile alla gestione del capitale accantonato su strumenti e mercati finanziari da parte dello stesso ente. Al fine di dare corretta attuazione al principio di diritto esposto da questa Corte, sarebbe stato necessario esibire una documentazione contenente l’analitica indicazione dell’ammontare del capitale eventualmente impiegato nell’acquisto di strumenti finanziari e, conseguentemente, il potenziale importo del rendimento derivatone.

1.1.Il motivo è fondato.

1.2. Invero, deve evidenziarsi che il contribuente, ora deceduto, è un “vecchio iscritto” al fondo, quindi prima del 1993, ed ha conseguito la liquidazione della prestazione entro l’anno 2000, sicché non può applicarsi la normativa successiva al 1 gennaio 2001.

1.3. Occorre, dunque, anzitutto rammentare che, a decorrere dal 1 gennaio 1986 (in base al CCNL del 16 maggio 1985, art. 12, comma 4, recepito dall’Enel), venne prevista a favore dei dirigenti Enel la stipula di un’assicurazione sulla vita con la previsione contrattuale dell’erogazione di una prestazione al momento del collocamento a riposo.

Successivamente, sempre nel 1986 ((OMISSIS)), a seguito di apposita richiesta delle rappresentanze sindacali dei dirigenti, tale previsione venne modificata con l’accordo tra l’Enel e la Federazione nazionale dirigenti di aziende industriali (Fndai), in virtù del quale venne sostituito il trattamento assicurativo di cui sopra con un rapporto di previdenza pensionistica integrativa (c.d. P.I.A., ovvero Previdenza Integrativa Aziendale) con prestazioni da erogare in forma di trattamento periodico (ciò peraltro con efficacia retroattiva al 1 gennaio 1986, da ciò potendosi desumere che la disposizione che prevedeva la stipula di polizze vita di fatto non venne mai applicata).

Al CCNL del 16 maggio 1985, art. 4, si prevede che “a partire dal 1 gennaio 1986 verrà corrisposta agli aventi diritto una prestazione pensionistica di valore pari al 70% della differenza intercorrente tra la retribuzione individuale quale definita nel comma successivo e il valore annuo massimo della pensione erogabile dal sistema previdenziale obbligatorio di appartenenza del dirigente”. Tale forma di previdenza venne però dismessa nel 1998 e i fondi accumulati trasferiti a (OMISSIS), Fondo di Previdenza integrativa esterno, chiamato a gestire una forma di previdenza complementare a capitalizzazione individuale, con diritto degli aderenti alla liquidazione dell’intero capitale in luogo della rendita vitalizia.

1.4. Questa Corte, a sezioni unite (22 giugno 2011, n. 13642), ha poi ritenuto che, in tema di fondi previdenziali integrativi, le prestazioni erogate in forma di capitale ad un soggetto che risulti iscritto, in epoca antecedente all’entrata in vigore del D.Lgs. 21 aprile 1993, n. 124, ad un fondo di previdenza complementare aziendale a capitalizzazione di versamenti e a causa previdenziale prevalente, sono soggette al seguente trattamento tributario: a) per gli importi maturati fino al 31 dicembre 2000, la prestazione è assoggettata al regime di tassazione separata di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 16, comma 1, lett. a), e art. 17, solo per quanto riguarda la “sorte capitale”, corrispondente all’attribuzione patrimoniale conseguente alla cessazione del rapporto di lavoro, mentre alle somme provenienti dalla liquidazione del cd. rendimento si applica la ritenuta del 12,50%, prevista dalla L. 26 settembre 1985, n. 482, art. 6; b) per gli importi maturati a decorrere dal 1 gennaio 2001 si applica interamente il regime di tassazione separata di cui al citato D.P.R. n. 917, art. 16, comma 1, lett. a) e art. 17.

Il trattamento tributario dei “vecchi” iscritti, quindi prima del 21 aprile 1993, dipende dalla “composizione strutturale delle prestazioni”, che sono appunto composte da una “sorte capitale’; costituita dagli accantonamenti imputabili ai contributi versati dal datore di lavoro (e in notevole misura dal lavoratore) e da un “rendimento netto”, imputabile alla gestione sul mercato da parte del Fondo del capitale accantonato.

1.5. Sul punto la successiva giurisprudenza di questa Corte (Cass., 26 aprile 2017 n. 10285 e Cass., 18 ottobre 2017, n. 24525; Cass., 7 marzo 2018, n. 5436; Cass., 4941/2018) si è già attestata, con numerosi arresti, di gran lunga prevalenti su quelli di segno diverso, su una lettura del principio affermato dalle Sezioni Unite secondo la quale il predetto più favorevole criterio impositivo può trovare applicazione limitatamente alle somme rivenienti dall’effettivo investimento, da parte del fondo, sul mercato finanziario (o comunque di riferimento), del capitale accantonato e che ne costituiscono il rendimento.

Pertanto, l’applicazione del più favorevole meccanismo impositivo di cui alla L. n. 482 del 1985, art. 6 (con aliquota del 12,5%), si giustifica in ragione della “equiparazione” tra i capitali corrisposti in dipendenza di contratti di assicurazione sulla vita e (quelli corrisposti in dipendenza di contratti) di capitalizzazione posta dall’art. 41 t.u.i.r., (ora art. 44), comma 1, lett. g-quater), e art. 42 t.u.i.r., (ora art. 45), comma 4, con applicazione analogica dell’art. 6 suddetto ai capitali corrisposti in dipendenza di contratti di capitalizzazione.

Solo se e in quanto, dunque, nei capitali corrisposti possano identificarsi “redditi di capitali derivanti da contratti di capitalizzazione” può giustificarsi l’applicazione del meccanismo impositivo di cui alla L. n. 482 del 1985, art. 6, senza possibilità di operare alcuna distinzione tra (OMISSIS) e (OMISSIS).

1.6. Resta dunque confermato che sono tassabili con l’aliquota del 12,5% ai sensi della L. n. 482 del 1985, art. 6, i capitali maturati anteriormente al i gennaio 2001 dai soggetti iscritti al fondo di previdenza integrativa di che trattasi (P.I.A., poi (OMISSIS)) prima dell’entrata in vigore del D.Lgs. n. 124 del 1993, limitatamente a quella parte di essi costituita dal “rendimento netto”, derivante dalla gestione sul mercato da parte del fondo del capitale accantonato, con la realizzazione di un rendimento.

1.7. Ai fini della applicazione dell’aliquota del 12,50%, ai sensi della L. n. 482 del 1985, art. 6, deve farsi riferimento alle somme liquidate per il “rendimento”; sicché, il contribuente deve dare la prova che parte del capitale accantonato è stato investito nel “mercato di riferimento”.

Se, da un lato, per quanto detto, tale requisito andrà ricercato anche per i capitali maturati e gli accantonamenti effettuati anteriormente alla trasformazione del fondo da P.I.A. a (OMISSIS), dall’altro, però, non v’e’ ragione di ulteriormente circoscrivere tale requisito ai soli (eventuali) investimenti nel mercato finanziario (strumenti finanziari, valori mobiliari), potendo assumere rilievo in tal senso anche altri tipi di mercato (es. mercato immobiliare).

2. Deve, però, tenersi conto del dictum di questa Corte (Cass., sez. 5, 29 dicembre 2011, n. 29595), che ha cassato con rinvio la sentenza della Commissione regionale 13 settembre 2005, n. 71.

In questa pronuncia, si è evidenziato che questa Corte a sezioni unite (n. 13642 del 2011) ha aderito all’orientamento giurisprudenziale che individuava un duplice criterio di tassazione, con riferimento alle somme derivanti da fondi complementari.

In particolare, si è evidenziato in questa pronuncia che la Commissione regionale ha omesso di accertare se in concreto sussistesse un rendimento imputabile alla gestione sul mercato, da parte del Fondo, del capitale accantonato, “mentre avrebbe dovuto applicare tale aliquota solo al rendimento imputabile alla gestione sul mercato, da parte del fondo, quantificando il relativo importo in base agli investimenti concretamente effettuati dal Fondo sul mercato finanziario, alla stregua delle norme contrattuali via via applicabili, e delle plusvalenze con essi realizzati”.

Pertanto, in conclusione, la sentenza della Commissione regionale è stata cassata con rinvio affinché in quella sede si provvedesse alla “previa disamina dei meccanismi di funzionamento del fondo (OMISSIS)/(OMISSIS) nel corso degli anni”, con la richiesta di accertare “se e quando, sulla base delle norme contrattuali applicabili, i capitali rivenienti dalla contribuzione siano stati effettivamente investiti sul mercato finanziario, quali siano stati i risultati dell’investimento ed in qual modo sia stata determinata l’assegnazione delle eventuali plusvalenze alle singole posizioni individuali”. Si e’, poi, nuovamente ribadito che la Commissione regionale “sulla scorta di tale indagine, quantifichi la parte della somma complessivamente erogata al contribuente che corrisponda al rendimento netto derivante dalla gestione sul mercato finanziario del capitale accantonato mediante la contribuzione del lavoratore e del datore di lavoro e, quindi, calcoli l’imposta dovuta dal contribuente (e, conseguentemente, l’ammontare del suo credito restituorio) applicando solo a tale parte l’aliquota del 12,5%, secondo la disciplina dettata dalla L. n. 482 del 1985, art. 6; fermo restando, per il residuo, il regime di tassazione separata di cui all’art. 16 Tuir, comma 1, lett. a, e art. 17 Tuir”.

3.La Commissione regionale, in sede di rinvio, non ha fatto corretta applicazione del principio di diritto formulato da questa Corte. Invero, nel motivo di impugnazione si deduce, pur in assenza della disposizione di legge invocata, anche il mancato rispetto del principio di diritto enucleato da questa Corte (cfr. pagina 15 del ricorso per cassazione “in conclusione si ritiene che, al fine di dare corretta attuazione al principio di diritto espresso da codesta Suprema Corte è onere necessario ed indefettibile l’esibizione di una documentazione contenente l’analitica indicazione dell’ammontare del capitale eventualmente impiegato nell’acquisto di strumenti finanziari e, conseguente, il potenziale importo del rendimento che ne è derivato”).

Infatti, la Commissione ha ritenuto che l’importo corrisposto al contribuente avesse, in parte, natura di “rendimento”, senza però specificare le ragioni per cui vi sarebbe stata la prova che parte del capitale accantonato, riferibile specificamente al contribuente, era stato investito nei “mercati finanziari”, come espressamente riportato nel principio di diritto somministrato da questa Corte.

Tanto più, che è pacifico che il Fondo (OMISSIS) non abbia mai provveduto ad investire le somme accantonate nel mercato (cfr. nota del 27 gennaio 2014, n. 59 “il contribuente risulta essere stato iscritto in data 1 gennaio 1986 alla (OMISSIS) (Previdenza Integrativa Aziendale), fondo che non ha mai potuto né, tantomeno, avrebbe potuto svolgere-quale fondo interno con accantonamento a bilancio Enel – una attività di investimento sui mercati finanziari. Pertanto, nessun rendimento derivante dall’investimento, da parte del fondo (OMISSIS), sui mercati finanziari è ipotizzabile”.

3.1. E’ però certo da escludere che tale requisito possa considerarsi soddisfatto dall’essere il rendimento ottenuto corrispondente alla redditività ottenuta sul mercato dell’intero patrimonio dell’Enel, poiché tale valore costituisce il risultato di una mera operazione matematica e non effettivamente il frutto dell’investimento di quegli accantonamenti nel libero mercato.

3.2. La Commissione tributaria, quindi, non ha tenuto conto, nella sua motivazione, della circostanza che, pur essendo il contribuente già iscritto al fondo prima del 21 aprile del 1993 (circostanza in atti pacifica) ed avendo ricevuto la liquidazione delle somme nell’anno 2000, prima del 1 gennaio 2001, tuttavia doveva valutarsi se le somme corrisposte provenissero o meno da un effettivo investimento “nel mercato finanziario” da parte del fondo del capitale accantonato, con la realizzazione di un rendimento.

Quanto al (OMISSIS), si evidenzia che quest’ultimo è entrato in funzione solo a decorrere dal 1 aprile 1998, e per soli 2 anni (dal 1 aprile 1998 al 31 dicembre 2000) il contribuente vi è stato iscritto.

Il giudice d’appello ha ritenuto esistente una porzione di capitale accantonato da (OMISSIS) investito nei mercati finanziari, esclusivamente con una operazione di sottrazione dalla somma lorda assoggettata a ritenuta d’acconto da parte di (OMISSIS) per Euro 518.128,79, della somma di Euro 273.307,63, determinando quest’ultima dal capitale di dotazione iniziale al 1 gennaio 1986 (Euro 51.325,00), dai contributi a carico del dirigente nel periodo 1 gennaio 1986-31 marzo 1998, per Euro 18.924,88, esenti da imposta, dall’importo del capitale residuo (OMISSIS) non investito trasferito il 31 marzo 1998 a (OMISSIS) per Euro 128.443,11, dai contributi a carico del dirigente nel periodo 1 aprile 199831 dicembre 2000, per Euro 2513,32, dai contributi ordinari a carico Enel fino al 31 marzo 1998 per Euro 66.236,94, dei contributi ordinari a carico dell’Enel nel periodo 1 aprile 1998-31 dicembre 2000, per Euro 5864,42.

La differenza tra i due importi è stata individuata in Euro 244.821,16 e tale somma è stata ritenuta investita nei mercati finanziari, con applicazione dell’aliquota del 12,50%, con un’imposta di Euro 27.542,38.

In particolare, deve rilevarsi che il prospetto in atti, riportato integralmente nella sentenza del giudice del rinvio, non rappresenta un elemento probatorio idoneo a dimostrare che il capitale accantonato del contribuente ha costituito una “posizione individuale” ed è stato investito nel mercato finanziario, con l’assoggettabilità all’aliquota più favore del 12,5%.

Al contrario, si certifica soltanto il rendimento ottenuto corrispondente alla redditività conseguita sul mercato dell’intero patrimonio dell’Enel, quindi il rapporto tra il margine operativo lordo e il capitale investito.

Tale rendimento non può considerarsi frutto dell’investimento di quegli accantonamenti nel libero mercato, essendo, al contrario, dipeso da un predeterminato calcolo di matematica attuariale.

Da tale prospetto non emerge, invece, in alcun modo se tale rendimento, per la posizione individuale del contribuente, deriva dall’investimento del capitale accantonato ad esso relativo, nel “mercato finanziario”.

Grava, però, sul contribuente che impugna una istanza di rimborso l’onere di provare quale sia la parte dell’indennità ricevuta ascrivibile a rendimenti frutto d’investimento sui mercati di riferimento, senza che detto onere probatorio possa ritenersi sufficientemente assolto tramite il mero rinvio al conteggio proveniente dall’Enel, prodotto dal contribuente, che non contiene alcuna specificazione sui criteri utilizzati per la quantificazione della voce rendimento, così da chiarire se si tratta effettivamente di incremento della quota individuale del Fondo attribuita al dipendente in forza di investimenti effettuati dal gestore sul mercato (Cass., 16116/2018).

Ne’ v’e’ stata la dimostrazione da parte dei contribuenti (eredi di P.) che le somme affluite a (OMISSIS) nel biennio 1998-2000, relative alla singola posizione contributiva del P., siano state effettivamente investite nel mercato finanziario ed il relativo rendimento sia stato in concreto conteggiato in favore del contribuente.

4.La sentenza impugnata deve essere cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., con il rigetto del ricorso introduttivo del contribuente, dichiarando che le somme rinvenienti dal fondo (OMISSIS) e dal (OMISSIS) sono assoggettate a tassazione separata ai sensi del D.P.R. n. 917 del 1986, artt. 16 e 17 (in adesione a numerosi precedenti conformi: Cass., n. 16116 del 2018; Cass., n. 16117 del 2018; Cass. n. 161118 del 2018; Cass., n. 16123 del 2018).

Tali considerazioni sono confermate dalla relazione n. 32/1999 della Corte dei conti – sezione del controllo sugli enti – proprio sul bilancio consuntivo dell’Enel relativo all’esercizio finanziario 1997 (Cass., n. 16116 del 2018).

Inoltre, nella nota di (OMISSIS) del 7 febbraio 2014 si legge esclusivamente che “la somma di Euro 27.626,92 compresa nella prestazione erogata al contribuente corrisponde al rendimento netto, maturato dal 1 aprile 1998 fino al 31 dicembre 2000, è imputabile alla gestione del capitale accantonato su strumenti e mercati finanziari da parte di questo fondo pensione”.

Pertanto, da un lato, si evidenzia che i “rendimenti” maturati in favore degli eredi del contribuente, nel periodo dal 1 aprile 1998 fino al 31 dicembre 2000, vengono indicati con somme diverse (Euro 27.626,92 per (OMISSIS) ed Euro 244.821,16 per il giudice di rinvio) e, dall’altro, non è stato in alcun modo dimostrato che le somme accantonate nel bilancio Enel, spettanti al contribuente, e quindi ai suoi eredi, siano state impiegate separatamente dalle altre somme accantonate nel bilancio, relative ad altri dirigenti, nel mercato di riferimento, finanziario, mobiliare o immobiliare, con la maturazione di un rendimento riferibile in via esclusiva al contribuente e, quindi, in definitiva a lui spettante. Tutto il ragionamento del giudice del rinvio, che calcola il rendimento sul mercato finanziario, in favore degli eredi del contribuente, sulla base di una mera sottrazione dalla somma complessiva (OMISSIS) di Euro 518.128,79, delle somme relative al capitale di dotazione iniziale, ai contributi a carico del dirigente, all’importo del capitale residuo (OMISSIS) non investito (Euro 128.443,11), ai contributi ordinari a carico dell’Enel, muove dall’erroneo presupposto che la somma di partenza (518.128,79) sia comprensiva, sia di somme derivanti dal rendimento della (OMISSIS) e di (OMISSIS), sia di somme relative ai versamenti contributivi del dirigente dell’Enel. In realtà, la somma lorda di Euro 518.128,79 può essere riferita all’investimento globale effettuato da (OMISSIS), comprensivo anche del capitale di dotazione iniziale, dei contributi a carico del dirigente dell’Enel, ma in relazione al complesso delle somme accantonate in bilancio, non in relazione alle somme spettanti ai singoli dirigenti. Tanto è vero, che la stessa sentenza del giudice del rinvio fa riferimento al valore al 30 dicembre 2000 delle quote investite dal fondo, ossia n. 31.935,357 per Lire 23.627, quindi a Lire 754.536.680, pari ad Euro 389.685,67. Nella nota del 25 gennaio 2007, l’Enel ha dichiarato di aver trasferito dal fondo (OMISSIS) a (OMISSIS) la somma di Euro 478.298,06, di cui Euro 341.811,28 per rendimenti. E’ evidente che tale nota è superata da quella successiva del 27 gennaio 2014 n. 59, con cui l’Enel ha comunicato che il fondo (OMISSIS) non ha mai svolto, quale fondo interno al bilancio Enel, un’attività di investimento nei mercati finanziari. Pertanto, il ragionamento del giudice di merito, non supportato da documentazione idonea a dimostrare l’effettivo investimento nei mercati di riferimento, finanziario, mobiliare o immobiliare, delle somme spettanti al contribuente, e quindi ai suoi eredi, dal 1 aprile 1998 al 31 dicembre 2000 (in quanto nel periodo precedente è sicuro, perché ammesso dalle parti, che non v’e’ stato alcun investimento nel mercato finanziario da parte del fondo (OMISSIS)), muove dal dato erroneo che la somma di Euro 518.128,78, pari a Lire 1.003.237.224, sia comprensiva, non solo di somme da assoggettare a tassazione separata (Euro 251.869,47) ad aliquota 32,98%, ma anche di somme maturate fino al 31 dicembre 2000, costituenti “rendimento” (Euro 244.821,16), cui applicare l’imposta del 12,50%. Proprio tale rendimento pari ad Euro 244.821,16, con imposta del 12,5 %, pari ad Euro 27.542,38, è del tutto incompatibile con il rendimento indicato da (OMISSIS) pari ad Euro 27.626,92.

Questa Corte, invece, con il principio di diritto di cui alla sentenza n. 29595 del 29 dicembre 2011, aveva disposto che il giudice del rinvio accertasse se i capitali accantonati nel fondo fossero stati effettivamente investiti nel mercato finanziario, indicando i risultati dell’investimento e, soprattutto, “in qual modo sia stata determinata l’assegnazione delle eventuali plusvalenze alle singole posizioni individuali”. Il rendimento netto, derivante dalla gestione sul mercato finanziario del capitale accantonato mediante la contribuzione del lavoratore e del datore di lavoro, doveva costituire la base su cui calcolare l’imposta con l’aliquota del 12,50%, ai sensi della disciplina dettata dalla L. n. 482 del 1985, art. 6.

Tale principio di diritto non è stato in alcun modo rispettato dal giudice del rinvio, che si è limitato ad una mera operazione matematica di sottrazione sulla base di dati che non erano in alcun modo rappresentativi di somme risultanti da rendimenti per investimenti nel mercato finanziario. Si è fatto, invece riferimento esclusivamente alle “quote investite dal fondo (n. 31.935,357 X Lire 23.627 = Lire 1.003.237.224, pari ad Euro 518.128,79)”, procedendo a successive sottrazioni per capitale di dotazione iniziale, per contributi a carico del dirigente, per capitale residuo (OMISSIS) non investito e per contributi a carico Enel.

Sussiste, dunque, anche la violazione dell’art. 2697 c.c., in quanto l’onere della prova di dimostrare la precisa individuazione ed entità delle somme accantonate nel bilancio Enel, spettanti al contribuente, e il loro investimento nel mercato finanziario, era a carico degli eredi del contribuente. Tale prova non è stata in alcun modo fornita, con la precisione e la specificità imposte dal principio di diritto enucleato da questa Corte.

La nota (OMISSIS) del 7 febbraio 2014, n. 36, che attesta che la somma di Euro 27.126,92 e imputabile alla “gestione del capitale accantonato su strumenti mercati finanziari da parte di questo fondo pensione”, in realtà stride inesorabilmente con il calcolo effettuato dal giudice del rinvio, ma, soprattutto, non fa riferimento alla porzione della singola posizione individuale del contribuente, eventualmente investita nel mercato finanziario. Del resto, gli stessi ricorrenti, nella memoria del (OMISSIS), hanno ammesso che la Gestione assicurativa, sia quanto alla (OMISSIS), fino al 31 marzo 1998, sia quanto a (OMISSIS), subentrato dal 1 aprile 1998, si è caratterizzata “con rendimenti finanziari che i sostituti d’imposta hanno certificato globalmente, anche in ragione della difficoltà, per le risalenti annualità, di reperire una più analitica documentazione periodica di maturazione delle somme”(cfr. pagina 2 della memoria).

8.La complessità della questione trattata impone la compensazione integrale delle spese dell’intero processo.

PQM

Accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo del contribuente, dichiarando che le somme rinvenienti dal Fondo (OMISSIS) e poi confluite nel (OMISSIS) sono assoggettate a tassazione separata ai sensi del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 91, artt. 16 e 17.

Dichiara compensate per intero tra le parti le spese dell’intero processo.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 6 luglio 2021.

Depositato in Cancelleria il 16 settembre 2021

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