Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25035 del 08/10/2019

Cassazione civile sez. III, 08/10/2019, (ud. 28/05/2019, dep. 08/10/2019), n.25035

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

Dott. CIGNA Mario – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

Dott. MOSCARINI Anna – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 8716-2018 proposto da:

N.R., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE CORTINA

D’AMPEZZO 269, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO DE SANTIS,

rappresentato e difeso dall’avvocato GIUSEPPE PALMIERI;

– ricorrenti –

contro

ALLIANZ SPA in persona dei propri procuratori speciali C.S. e

T.M., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA G. MAZZINI,

27, presso lo studio dell’avvocato SALVATORE TRIFIRO’, che la

rappresenta e difende unitamente agli avvocati PAOLO ZUCCHINALI,

BONAVENTURA MINUTOLO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 5105/2017 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 13/12/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

28/05/2019 dal Consigliere Dott. ANNA MOSCARINI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

N.R. stipulò in data (OMISSIS) due polizze vita “(OMISSIS)” del valore nominale di Euro 50.000 l’una, versando nelle mani dell’agente di assicurazioni R.A., agente della Allianz S.p.A., i relativi premi. A seguito di indagini penali nei confronti di R.A., il N. apprese che l’agente si era appropriato indebitamente dei premi pagati e che le polizze non erano state attivate. Agì allora con decreto ingiuntivo nei confronti di Allianz S.p.A. e di R.A. per sentir pronunciare la condanna dei medesimi al pagamento della somma di Euro 100.000, oltre interessi e spese, a titolo restitutorio dei premi relativi alle polizze stipulate in data (OMISSIS). Nel contraddittorio con la compagnia, il Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi, concessa la provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo, rigettò l’opposizione della stessa compagnia, condannandola al pagamento delle spese ed accolse la domanda di Allianz di essere manlevata da R.A.. Il Giudice motivò nel senso della prova dell’avvenuta stipula di un contratto di assicurazioni sulla vita e dell’avvenuto versamento, da parte del cliente, di due importi di Euro 87.000 (con assegno) e di Euro 13.000 (in contanti); della prova che le polizze non furono mai attivate; che il N. avesse agito confidando senza colpa nella sussistenza di un potere rappresentativo conferito dalla compagnia al R. e sul presupposto della responsabilità della compagnia ai sensi dell’art. 2049 c.c.. La Corte d’Appello di Napoli, adita dalla Allianz S.p.A., con la sentenza n. 5105 del 13/12/2017, ha accolto l’appello ritenendo che l’agente fosse privo dei poteri rappresentativi per la stipulazione di polizze vita e che, soprattutto, il preteso danneggiato non aveva fornito la prova di aver pagato la somma di Euro 100.000, avendo il N. dichiarato di aver versato, con un assegno, la somma di Euro 87.000 ed il resto in contanti ma non essendoci prova che detto pagamento fosse da imputare al premio delle polizze assicurative vita di cui è causa. Peraltro l’assegno risulterebbe emesso in una data molto anteriore a quella indicata nelle due polizze quale data di incasso del premio, anteriore di circa due mesi, di guisa che la diversità di data faceva venir meno la verosimiglianza del collegamento del pagamento con il titolo di credito, con la conseguente necessità, a carico di chi abbia emesso l’assegno, di provare la causale dello stesso. In assenza di qualsivoglia argomentazione del N. in ordine alle ragioni per le quali l’assegno era stato emesso due mesi prima della sottoscrizione delle polizze e, in assenza di prova del pagamento in contanti della residua somma di Euro 13.000, la Corte d’Appello in accoglimento dell’appello ha rigettato la domanda del N., con pronunce consequenziali sulle spese del doppio grado. Avverso la sentenza N.R. propone ricorso per cassazione, affidato a tre motivi di ricorso, illustrati da memoria. La Allianz S.p.A. resiste con controricorso illustrato da memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.Con il primo motivo – violazione e falsa applicazione degli artt. 2697,2731,2732,2727,2735,1199,1708 e 2049 c.c., art. 116 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – censura la sentenza per non aver tenuto conto del rilascio, da parte dell’agente, della quietanza di pagamento dei premi da parte del N.. La presenza della quietanza esonererebbe l’assicurato da ogni ulteriore prova di aver pagato il premio, non dovendo, peraltro, detta quietanza, ai sensi dell’art. 1199 c.c. essere contestuale, ma ben potendo la medesima essere emessa in un momento successivo all’avvenuto pagamento, avendo efficacia certificativa. In presenza della quietanza di pagamento, l’onere della prova dell’eventuale accordo fraudolento tra agente e assicurato incomberebbe alla compagnia di assicurazioni. Ciò sarebbe tanto più evidente ove confrontato con la ratio decidendi del giudizio di primo grado che aveva affermato, non la stipulazione di un valido ed efficace contratto di assicurazione, ma la responsabilità della compagnia ai sensi dell’art. 2049 c.c., per l’attività illecita posta in essere dall’agente, ipotesi di responsabilità oggettiva priva della possibilità di una prova liberatoria a carico dei proponenti rispetto al fatto dei preposti. Alla negata natura confessoria della quietanza rilasciata dall’agente si aggiungerebbe l’errata negazione, da parte del giudice d’appello, dell’affidamento creato dall’agente in ordine all’esistenza dei propri poteri di rappresentanza nei confronti della compagnia. Il ricorrente cita a tal proposito la giurisprudenza di questa Corte secondo la quale gli effetti dell’operato del rappresentante si riverberano nella sfera giuridica del rappresentato, sicchè la quietanza rilasciata dal rappresentante munito di potere è opponibile dal debitore al creditore quale prova del fatto estintivo dell’obbligazione, salva la dimostrazione, a carico del creditore, della non veridicità del fatto stesso (Cass., 2, n. 10687 del 22/7/2002). La quietanza avente natura dichiarativa si inquadrerebbe nello schema della confessione stragiudiziale, costituendo atto unilaterale recettizio contenente il riconoscimento dell’intervenuto pagamento (Cass., 3, 28/5/2013 n. 13189).

1.1 Il motivo, in disparte profili di inammissibilità derivanti dalla richiesta di rivalutazione del merito – in quanto la Corte d’Appello non ha ignorato l’esistenza della quietanza dei pagamenti, ma ha ritenuto che la stessa non costituisse prova sufficiente dell’imputazione dei suddetti pagamenti alle polizze vite stipulate con l’agente, con una valutazione discrezionale incensurabile – è comunque infondato perchè l’impugnata sentenza ha dato continuità alla giurisprudenza di questa Corte secondo la quale la quietanza rilasciata con riguardo ad un pagamento molto anteriore al titolo al quale in astratto si riferisce/non vale a far ritenere assolto l’onere della prova, a carico del debitore, dell’imputabilità del suddetto anteriore pagamento ai crediti per i quali agisce, in quanto il pagamento con data significativamente anteriore fa venir meno la verosimiglianza del collegamento di quest’ultimo con il titolo di credito, facendo sì che resti a carico di colui che ha emesso l’assegno l’onere di dimostrare la causale dello stesso, vale a dire che il rilascio del titolo di credito era volto a pagare il credito divenuto esigibile in data successiva (Cass., 3, n. 6217 del 31/3/2016; Cass., 2, n. 3194 del 18/2/2016; Cass., 1, n. 3457 del 15/2/2007; Cass., 2, n. 17102 del 27/7/2006).

2. Con il secondo motivo – violazione e falsa applicazione degli artt. 2730 e 2697 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – censura la sentenza nella parte in cui ha svalutato il valore giuridico della quietanza la quale, pur non costituendo prova legale, ha il valore della confessione stragiudiziale e non può essere svalutata in forza di semplici contestazioni provenienti dalla controparte nè sulla base di mere presunzioni ma costituisce un fondamentale elemento di prova dell’illecito commesso dal preposto quale unico fatto storico generatore della responsabilità anche del preponente.

2.1 Il motivo è inammissibile perchè non coglie la ratio decidendi dell’impugnata sentenza la quale non si è limitata a svolgere la propria valutazione sulla quietanza, in relazione alla quale peraltro il ragionamento, come illustrato nel precedente motivo, è ineccepibile e del tutto coerente con la giurisprudenza di questa Corte, ma ha fatto una valutazione complessiva di tutte le questioni e degli elementi di prova, rilevando che l’agente non poteva disporre per la compagnia, mancando il potere rappresentativo per le polizze vita e che, in ogni caso, non vi era prova che il pagamento effettuato dal N. fosse effettivamente imputabile alle polizze vita dal medesimo stipulate. In ogni caso, quanto alla denunciata violazione delle norme sul riparto dell’onere della prova e sulla confessione, la sentenza è conforme alla giurisprudenza di questa Corte secondo la quale la confessione giudiziale, in quanto volta a provare fatti sfavorevoli alla parte confitente e ad esclusivo favore del soggetto che si trova, rispetto ad essa, in posizione antitetica e contrastante, non può essere deferita, da una parte ad un’altra, su un punto dibattuto in quello stesso processo, tra il soggetto deferente ed un terzo soggetto, diverso da chi rende le dichiarazioni, non avendo valore confessorio le risposte, eventualmente affermative, dell’interrogato alle domande rivoltegli. Invero, la confessione giudiziale produce effetti nei confronti della parte che la fa e della parte che la provoca, ma non può acquisire il valore di prova legale nei confronti di persone diverse dal confitente, in quanto costui non ha alcun potere di disposizione relativamente a situazioni giuridiche facenti capo ad altri, distinti soggetti del rapporto processuale e, se anche il giudice ha il potere di apprezzare liberamente la dichiarazione e trarne elementi indiziari di giudizio nei confronti delle altre parti, tali elementi non possono prevalere rispetto alle risultanze di prove dirette (Cass., L 22753 del 3/12/2004; Cass., 3, n. 4486 del 24/2/2011; Cass. 6-3 n. 20476 del 12/10/2015; Cass., 1, n. 24690 del 19/10/2017). Ciò vale, a fortiori, per la confessione stragiudiziale la quale ha la stessa efficacia probatoria di quella giudiziale e non può che soggiacere agli stessi limiti di quella, escludendo che possa valere nei confronti di un terzo.

3. Con il terzo motivo – violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. nonchè omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 – il ricorrente insiste nel censurare la sentenza sul capo in cui ha addossato ad esso assicurato l’onere della prova del versamento del premio, laddove tale prova doveva spettare alla compagnia di assicurazioni. Nè sarebbe discutibile il mancato pagamento del premio in presenza di un modulo a stampa sottoscritto dall’agente, identificato dallo stesso modulo, contenente la quietanza di pagamento. Questa sarebbe, nella prospettiva del ricorrente, la soluzione imposta dal combinato disposto del D.Lgs. n. 209 del 2005, art. 109, commi 1 e 2 e art. 118, comma 1, secondo il quale l’agente che agisce in nome e per conto della compagnia intestataria del modulo a stampa e che rilascia una quietanza ha provato il fatto estintivo dell’obbligazione, ponendosi a carico della compagnia l’onere della prova dell’accordo fraudolento.

3.1 Il motivo è inammissibile perchè non coglie la ratio decidendi e perchè la motivazione della sentenza è certamente ben oltre il minimo costituzionale richiesto dalla giurisprudenza di questa Corte: il Giudice d’Appello ha negato l’esistenza dei poteri rappresentativi dell’agente in relazione alle polizze vita, ha negato l’esistenza della prova della riconducibilità dell’assegno emesso dal N. al premio delle polizze vita; ha messo in evidenza la diversità delle somme versate dal N. rispetto al valore delle polizze; ha evidenziato la mancanza di prova del pagamento in contanti, ha invocato la giurisprudenza di questa Corte relativa al riparto dell’onere probatorio in caso di distanza temporale tra il pagamento e la quietanza. Nè è invocabile utilmente la violazione delle norme del Codice delle Assicurazioni perchè, in disparte la novità della deduzione, comunque non esistono i presupposti di fatto per l’applicazione di dette norme, in mancanza di poteri di rappresentanza dell’agente e di una valida quietanza contestuale al versamento delle somme pretesamente riferibili alle polizze.

4. Conclusivamente il ricorso va rigettato, con le conseguenze sulle spese, liquidate come da dispositivo e sul cd. “raddoppio” del contributo unificato.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese del giudizio di cassazione, liquidate in Euro 7.200 (più Euro 200 per esborsi), oltre accessori di legge e spese generali al 15%. Si dà atto ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per i ricorsi a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Terza Sezione Civile, il 28 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 8 ottobre 2019

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