Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25032 del 23/10/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 23/10/2017, (ud. 07/07/2017, dep.23/10/2017),  n. 25032

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 6030-2016 proposto da:

B.L., B.D., elettivamente domiciliati in ROMA,

VIA EITORE PAIS 12, presso lo studio dell’avvocato GAETANO ANTONIO

VENTRE, rappresentati e difesi dall’avvocato FILIPPO FATTICCIONI;

– ricorrenti –

contro

C.M., BO.PA., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA

PISANELLI 2, presso lo studio dell’avvocato STEFANO DI MEO, che li

rappresenta e difende unitamente all’avvocato FABRIZIO TORTORELLA;

– controricorrenti e ricorrenti incidentali –

avverso la sentenza n. 173/2015 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 28/01/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 07/07/2017 dal Consigliere Dott. ANTONINO SCALISI.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Preso atto che:

il Consigliere relatore dott. A. Scalisi ha proposto che la controversia fosse trattata in Camera di Consiglio non partecipata della Sesta Sezione Civile di questa Corte, ritenendo il ricorso principale infondato, posto che la sentenza impugnata ha dato piena attuazione a quanto prescritto da questa Corte, in fase di rinvio, con la sentenza n. 10687 del 2011. Infondato, anche, il ricorso incidentale, posto che il regolamento delle spese giudiziali predisposto dalla sentenza impugnata è, ai sensi degli artt. 91 e 92 c.p.c., corretto. La proposta del relatore è stata notificata alle parti.

Il Collegio:

Letti gli atti del procedimento di cui in epigrafe dai quali risulta che: B.D. e B.L., con ricorso notificato il 25 febbraio 2016 hanno chiesto a questa Corte, la cassazione della sentenza n. 173 del 2015, con la quale la Corte di Appello di Bologna, su rinvio della Corte di Cassazione (sent. 10687 del 2011) disponeva che “(…) l’efficacia traslativa del bene immobile oggetto del contratto preliminare, intercorso tra i B. e i sigg. C.M., promissari acquirenti e Bo.Pa., promittenti venditori, di cui alla sentenza della Corte di Appello di Firenze n. 1029 del 2010 era subordinata al pagamento da parte dei B. della residua parte del prezzo pari ad Euro 30.047,27, oltre interessi dalla domanda al saldo (e all’avvenuta demolizione della tettoia di cui al punto sub a) della relazione del ctu disposta in grado di appello, altra statuizione passata in giudicato).

La cassazione è stata chiesta per due motivi, illustrati con memoria. C.M. e Bo.Pa. hanno resistito con controricorso, proponendo, a sua volta, ricorso incidentale per un motivo.

Ritiene:

A.= Ricorso principale.

1.= Infondato il primo motivo di ricorso con il quale i sigg. B. lamentano la violazione e falsa applicazione degli artt. 115,116,246,247 e 354 c.p.c., art. 384 c.p.c., comma 2 e art. 392 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3. Secondo i ricorrenti la Corte di Appello di Bologna, nel ritenere che i promissari acquirenti non avrebbero dimostrato di aver corrisposto il saldo del prezzo ritenendo, aprioristicamente, che la testimonianza di B.C., padre dei sigg. B. fosse attendibile per il solo fatto che B.C. fosse il padre degli attuali ricorrenti.

1.1.= A prescindere dai rilievi rilevati alla capacità di testimoniare e al giudizio di attendibilità della testimonianza di B.C., va qui rilevato che la Corte di Appello non ha nè affermato l’incapacità di testimoniare di B.C. nè che la testimonianza dello stesso C. fosse inattendibile. La Corte distrettuale, con un più ampio ragionamento rispetto quello indicato dal ricorrente, ha escluso che i sigg. B. avessero dimostrato di aver corrisposto l’intero prezzo della vendita. Per altro, il ragionamento della Corte distrettuale presuppone la valutazione complessiva dei dati processuali tanto è vero che il rilievo riferito alla testimonianza di B.C. è stato indicato tra parentesi, quasi a voler evidenziare che la decisione non era fondata sull’inattendibilità della testimonianza di B.C.. Piuttosto, la valutazione della Corte distrettuale, posta a fondamento della decisione, non presenta vizi logici nè giuridici e va confermata.

2.= Infondato il secondo motivo con il quale i ricorrenti lamentano la violazione e falsa applicazione degli artt. 115,116,324,329,346 e 354 c.p.c., art. 384 c.p.c., comma 2 e art. 2909 c.c. nonchè omesso esame circa un fatto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5. Secondo i ricorrenti la Corte distrettuale nel determinare la somma dovuto a saldo del prezzo concordato per la vendita non ha tenuto conto che dai promissari acquirenti non era mai stato contestato il conteggio delle somme versate, tanto è vero che la Corte di Firenze aveva sancito che il saldo residuo da versare era pari ad Euro 27.110,32 in quanto tale conteggio non era stato mai contestato e trovava conferma nella testimonianza del B..

2.1.= I ricorrenti non tengono conto di quanto affermato da questa Corte con la precedente sentenza n. 10687 del 2011 con la quale aveva annullato la sentenza della Corte di Firenze. Infatti, la Corte di Cassazione aveva rilevato che l’ammontare del prezzo residuo dovuto dai promissari acquirenti sarebbe stato erroneamente determinato dalla Corte di Appello di Firenze in soli Euro 27.110,32. Questa Corte aveva già affermato la mera “non contestazione” quantitativa – che nella specie, comunque, non era ravvisabile per le ragioni sopra esposte – non costituiva elemento sufficiente, in difetto di altri significativi e concorrenti indici di adesione alla tesi attrice, per l’accoglimento di una pretesa inserita in una domanda, che era stata radicalmente contestata dalla controparte. D’altra parte, la motivazione risulta anche manifestamente carente, non esponendo analiticamente le componenti che, “a vario titolo”, avrebbero concorso ad assolvere parzialmente l’obbligo di pagamento del prezzo gravante sui promissari acquirenti, al riguardo limitandosi ad un generico riferimento alla, non meglio precisata “prova testimoniale” (nell’ambito della quale avrebbero peraltro assunto particolare rilievo, stando a quanto è dato leggere nella penultima pagina della sentenza non definitiva, “le dichiarazioni del teste B.C.”, vale dire del padre degli attori, parte in giudizio, solo successivamente estromessa dallo stesso), così, non consentendo di verificare la correttezza del ragionamento e dei calcoli posti a base della liquidazione. Si rende, pertanto, necessario un parziale riesame della controversia, al fine di accertare l’effettiva residua debenza dei promissari acquirenti, tenuto conto sia degli acconti versati, sia di quelle spese, competenti sui promittenti venditori, che “a vario titolo” gli attori avrebbero affrontato, di cui la decisione impugnata non da sufficiente conto.

Quanto è stato accerto dalla Corte di appello di Bologna è perfettamente corrispondente a quanto statuito dalla Corte di Cassazione con la sentenza più volte richiamata.

B.= Ricorso incidentale.

3.= Infondato l’unico motivo del ricorso incidentale con il quale C.M. e Bo.Pa. lamentano la violazione e/o la falsa applicazione degli artt. 384 e 385 c.p.c. ed art. 912 c.p.c.. Secondo i ricorrenti incidentali, la Corte distrettuale avrebbe errato nel provvedere a liquidare non solo le spese relative al giudizio di cassazione ma anche quelle relative al giudizio di primo grado e al giudizio di appello, svoltosi davanti alla Corte di Appello di Firenze, andando oltre quanto era stato indicato dalla Corte di cassazione in sede di rinvio, laddove, aveva demandato alla Corte distrettuale di provvedere per le spese del giudizio di cassazione.

3.1.= Intanto, appare giusto il caso di chiarire che la Corte di Cassazione con la sentenza n.10687 del 2011 in sede di rinvio non ha autorizzato la Corte di Appello a liquidare le sole spese del giudizio di cassazione, ma, al contrario, ha demandato alla Corte distrettuale di liquidare “anche” (che non significa solo) le spese relative al giudizio di cassazione.

A parte ciò, i ricorrenti non tengono conto che la pronuncia sulle spese del giudizio è un capo della sentenza che ha il suo necessario presupposto nel contenuto della decisione in base alla quale è definito il giudizio, contenuto di cui il giudice deve tenere conto nella applicazione delle norme che regolano la distribuzione dell’onere economico del processo tra le parti di questo (artt. 91,92,96 e 97 c.p.c.). Se il giudice di Appello riforma la sentenza di primo grado e definisce il giudizio con una decisione di diverso contenuto, gli effetti di tale riforma si estendono al capo che contiene la pronuncia sulle spese (art. 336 c.p.c., comma 1), sicchè il giudice di appello deve riformulare la valutazione che è stata alla base dell’applicazione delle norme sulle spese del giudizio, salvo a pervenire alle stesse conclusioni, se ciò sia possibile in diritto, ma dandone la dovuta spiegazione. La corte d’Appello, che ha riformato la sentenza di primo grado, rigettando la domanda di risoluzione del contratto proposta dai promittenti venditore che il tribunale aveva accolto, e tenuto conto che la sentenza della Corte di Appello di Firenze è stata in parte cassata, la Corte distrettuale di Bologna doveva, quindi, tornare a pronunciarsi sulle spese del giudizio di primo grado, del giudizio di appello, svoltosi davanti alla Corte di appello di Firenze e in quanto richiesto dalla Corte di Cassazione per le spese relative al giudizio di cassazione e, ovviamente, per le spese del giudizio di rinvio, che ha correttamente fatto.

In definitiva, vanno rigettati sia il ricorso principale, che quello incidentale. La reciproca soccombenza è ragione sufficiente per compensare le spese del presente giudizio di cassazione. Il Collegio dà atto che, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale e del ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

PQM

La Corte rigetta entrambi i ricorsi, compensa le spese del presente giudizio di cassazione, sussistono i presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti, principali e incidentali, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale e l’incidentale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Depositato in Cancelleria il 23 ottobre 2017

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