Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25032 del 06/11/2013


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Civile Sent. Sez. 6 Num. 25032 Anno 2013
Presidente: GOLDONI UMBERTO
Relatore: PETITTI STEFANO

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SENTENZA

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sul ricorso proposto da:
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA (80184430587), in persona
Ministro

pro tempore,

rappresentato e

del

difeso

dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici
in Roma, via dei Portoghesi n. 12, è domiciliato per legge;

ricorrente
contro
CAPOBIANCO Giuseppe;

intimato

avverso il decreto della Corte d’Appello di Roma,
depositato in data 17 maggio 2011.

Data pubblicazione: 06/11/2013

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 24 aprile 2013 dal Consigliere relatore Dott.
Stefano Petitti;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto

per il rigetto del ricorso.
Ritenuto

che Capobianco Giuseppe,

con ricorso

depositato il 22 aprile 2008 presso la Corte d’Appello di
Roma, ha proposto, ai sensi della legge n. 89 del 24 marzo
2001, domanda di equa riparazione del danno non
patrimoniale sofferto a causa della irragionevole durata di
un giudizio civile instaurato dinanzi al Tribunale di
Ariano Irpino nel novembre 1995 e definito, mediante
deposito di sentenza, il 20 ottobre 2006;
che l’adita Corte d’Appello, con decreto depositato in
data 17 maggio 2011, ha accolto la domanda proposta
dall’odierno ricorrente ha condannato il Ministero della
giustizia, a fronte di una durata irragionevole stimata in
sette anni e undici mesi, al pagamento di euro 7.250,00 a
titolo di equa riparazione del danno non patrimoniale
subito da Capobianco Giuseppe, oltre agli interessi legali
decorrenti dal deposito del ricorso al saldo;
che per la cassazione di questo decreto il Ministero
della giustizia ha proposto ricorso sulla base di due
motivi;

Procuratore Generale Dott. Lucio Capasso, che ha concluso

Considerato che il Collegio ha deliberato l’adozione di
una motivazione semplificata nella redazione della
sentenza;
che il ricorso è inammissibile, non essendo stato

giudizio di primo grado;
che, invero, il Capobianco nel ricorso introduttivo
aveva eletto domicilio, unitamente ai propri difensori,
presso lo studio dell’Avvocato Lucio Sgroi, in Roma, via
Lucrezio Caro n. 38;
che la notifica presso il domiciliatario non è andata a
buon fine;
che “qualora la notificazione di un atto processuale,
da effettuare entro un termine perentorio, non si
perfezioni per circostanze non imputabili al richiedente,
questi ha l’onere – anche alla luce del principio della
ragionevole durata del processo, atteso che la richiesta di
un provvedimento giudiziale comporterebbe un allungamento
dei tempi del giudizio – di chiedere all’ufficiale
giudiziario la ripresa del procedimento notificatorio e, ai
fini del rispetto del termine perentorio, la conseguente
notificazione avrà effetto dalla data iniziale di
attivazione del procedimento, sempreché la ripresa del
medesimo sia intervenuta entro un termine ragionevolmente
contenuto, tenuti presenti i tempi necessari, secondo la

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notificato all’intimato nel domicilio eletto per il

comune diligenza, per conoscere l’esito negativo della
notificazione e assumere le informazioni del caso” (Cass.
18074 del 2012);
che alla luce del citato principio di diritto, appare

procedimento notificatorio, senza necessità di preventiva
autorizzazione da parte del giudice, poiché tale onere
grava sulla parte che abbia avviato un procedimento
notificatorio relativamente ad un atto per il quale siano
previsti termini perentori, per l’eventualità che il detto
procedimento non sia andato a buon fine per fatti non
riconducibili a negligenza della parte stessa;
che non giova al Ministero ricorrente la notificazione
effettata presso la Cancelleria della Corte d’appello,
stante la avvenuta elezione di domicilio da parte del
Capobianco;
che, in conclusione, il ricorso va dichiarato
inammissibile;
che, non essendo il ricorso stato notificato al suo
destinatario, non vi è luogo a provvedere sulle spese del
giudizio di legittimità.
P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

evidente che il Ministero ricorrente doveva “riattivare” il

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della
Sesta Sezione Civile – 2 della Corte Suprema di Cassazione,

il 24 maggio 2013.

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