Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2503 del 27/01/2022

Cassazione civile sez. I, 27/01/2022, (ud. 15/12/2021, dep. 27/01/2022), n.2503

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18860/2017 proposto da:

M.A., elettivamente domiciliato in Roma, Viale delle

Milizie n. 114, presso lo studio dell’avvocato Parenti Luigi, che lo

rappresenta e difende, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ma.Lo., elettivamente domiciliata in Roma, Via G. P. da

Palestrina n. 19, presso lo studio dell’avvocato Carinci Luca,

rappresentata e difesa dall’avvocato Di Grazia Salvatore, giusta

procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 10455/2017 della CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

DI ROMA, depositata il 27/04/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

15/12/2021 dal cons. Dott. ANDREA FIDANZIA.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

Con la sentenza n. 139/2014 dell’8 gennaio 2014 questa Corte rigettò il ricorso proposto da M.A. contro la sentenza della Corte d’Appello di Bologna che aveva, a sua volta, rigettato il gravame del ricorrente avverso la pronuncia di primo grado, con la quale era stata dichiarata la cessazione degli effetti civili del matrimonio da lui contratto con Ma.Lo..

Con la sentenza n. 10455/2017 del 27 aprile 2017, questa Corte ha poi dichiarato inammissibile il ricorso proposto dallo stesso M. per la revocazione della sentenza n. 139/2014, rilevando che i motivi di censura svolti dal ricorrente non evidenziavano alcun errore percettivo, ma avevano ad oggetto doglianze relative alla violazione di legge sostanziale o processuale, in larga parte riproduttive di quelle già prospettate nel giudizio conclusosi con la sentenza revocanda o tese ad un nuovo giudizio di fatto sui mezzi di prova acquisiti.

Avverso questa seconda sentenza M.A. ha proposto ulteriore ricorso per revocazione, affidato ad un unico articolato motivo.

Ma.Lo. ha resistito con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. Il ricorso è inammissibile, posto che, a norma dell’art. 403 c.p.c., non può essere impugnata per revocazione la sentenza pronunciata nel giudizio di revocazione.

Si tratta quindi di un’inammissibilità del mezzo di impugnazione prescelto dal ricorrente prevista espressamente dalla legge.

Va, peraltro, osservato che questa Corte (vedi Cass. n. 21019 del 18/10/2016) ha comunque già enunciato il principio di diritto secondo cui le sentenze e le ordinanze ex art. 380 bis c.p.c., emesse dalla Corte di cassazione nel giudizio di revocazione, non sono suscettibili di una nuova impugnazione per revocazione, essendo esauriti i mezzi di impugnazione ordinari, né contro le stesse può proporsi il ricorso straordinario ex art. 111 Cost., esperibile solo avverso un provvedimento di merito avente carattere decisorio e non altrimenti impugnabile; peraltro, il principio di effettività del giudizio di Cassazione, derivante dall’art. 111 Cost., comma 7, implica che tale rimedio non è utilizzabile quando il controllo di legittimità sull’oggetto del giudizio sia stato già svolto dalla Suprema Corte, dovendo prevalere, in tal caso, l’esigenza di assicurare che il processo giunga a conclusione in tempi ragionevoli, ex art. 111 Cost., comma 2.

Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

Poiché l’inammissibilità del ricorso per revocazione avverso una sentenza pronunciata in sede di revocazione è espressamente prevista dalla legge, la condotta del ricorrente, che ciò nonostante ha instaurato il presente procedimento, costituisce un evidente abuso del processo e giustifica pertanto, ex art. 96 c.p.c., comma 3, la condanna del medesimo, a titolo di responsabilità aggravata, al pagamento in favore della controricorrente della somma di Euro 2.000,00 liquidata in via equitativa, tenuto conto del valore indeterminato della controversia e della natura del procedimento.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Condanna il ricorrente al pagamento in favore della controparte delle spese del giudizio, che liquida in Euro 7.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% e accessori di legge, nonché della somma di Euro 2.000,00 a titolo di responsabilità aggravata.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis ove dovuto.

Dispone che in caso di diffusione del presente provvedimento siano omessi i nominativi e gli altri dati identificativi delle parti.

Così deciso in Roma, il 15 dicembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 27 gennaio 2022

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