Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2503 del 04/02/2020

Cassazione civile sez. un., 04/02/2020, (ud. 17/12/2019, dep. 04/02/2020), n.2503

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAMMONE Giovanni – Primo Presidente –

Dott. TIRELLI Francesco – Presidente di Sez. –

Dott. MANNA Felice – Presidente di Sez. –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. DORONZO Adriana – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – rel. Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 10535/2018 proposto da:

CDP IMMOBILIARE S.R.L., (già FINTECNA IMMOBILIARE S.R.L.), in

persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA DEGLI SCIPIONI 288, presso lo studio

dell’avvocato MICHELA REGGIO D’ACI, che la rappresenta e difende

unitamente all’avvocato MARILENA RATTO;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE DOGANE E DEI MONOPOLI, in persona del Direttore

Generale pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO;

– resistente –

e contro

E.R.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 4038/2017 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 6/10/2017.

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

17/12/2019 dal Consigliere Dott. ALDO CARRATO;

udito il Pubblico Ministero, in persona dell’Avvocato Generale Dott.

SALZANO Francesco, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso;

uditi gli avvocati Michela Reggio d’Aci e Francesca Subrani per

l’Avvocatura Generale dello Stato.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con atto di citazione ritualmente notificato nell’aprile 2005 la Fintecna s.p.a. conveniva in giudizio, dinanzi al Tribunale di Napoli, il sig. E.R. deducendo che, con atto del 23 dicembre 2003, aveva acquistato dall’Agenzia del Demanio (nell’ambito del programma di dismissione dei beni immobili di proprietà dello Stato) un immobile sito in (OMISSIS), destinato ad alloggio di servizio, assumendo che esso era illegittimamente occupato dall’ E., all’epoca dipendente dell’Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato (che ne aveva fruito per finalità abitative connesse esclusivamente al servizio), dalla cui concessione il medesimo doveva considerarsi decaduto per effetto del venir meno del suo uso pubblico a seguito dell’acquisizione del predetto immobile nel patrimonio di essa attrice per effetto del citato intervenuto acquisto.

Pertanto, essa chiedeva che il convenuto venisse condannato al rilascio dello stesso immobile per occupazione dello stesso senza titolo oltre che al risarcimento dei danni.

Il convenuto si costituiva in giudizio, resisteva alla domanda ed eccepiva, in via pregiudiziale, il difetto di giurisdizione del giudice ordinario, sostenendo che essa dovesse, invece, essere ritenuta appartenente al giudice amministrativo, poichè la instauratasi controversia ineriva ad un contratto connesso con un rapporto di pubblico impiego; in ogni caso, il convenuto, quanto al merito, deduceva che la concessione in godimento dell’immobile oggetto di causa si era rinnovata fino al 31 dicembre 2005.

Chiesta ed autorizzata la chiamata in causa del Ministero delle Finanze Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato (Manifattura Tabacchi di Napoli), esso si costituiva in giudizio negando l’esistenza di un rapporto concessorio con l’ E..

Nelle more della causa, intanto, l’attrice cedeva l’immobile oggetto di contenzioso alla Fintecna Immobiliare s.r.l., che interveniva in giudizio aderendo alle ragioni della Fintecna s.p.a..

L’adito Tribunale di Napoli, con sentenza n. 1244/2011, rigettava l’eccezione pregiudiziale di difetto di giurisdizione formulata dal convenuto e respingeva nel merito anche la domanda principale.

2. La società originariamente attrice e quella ad essa succeduta proponevano congiuntamente appello avverso la citata sentenza e nel conseguente giudizio si costituivano sia l’ E. che l’Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato, il primo dei quali avanzava anche appello incidentale riproponendo l’eccezione di difetto di giurisdizione del giudice ordinario.

La Corte di appello di Napoli, con sentenza n. 4038/2017 (depositata il 6 ottobre 2017), in riforma dell’impugnata pronuncia, dichiarava l’insussistenza della giurisdizione ordinaria in favore di quella amministrativa, sul presupposto che la definizione della causa dipendeva dalla cognizione della più ampia questione relativa all’accertamento dell’esistenza del titolo concessorio presupposto in favore dell’ E..

3. Avverso la menzionata decisione di appello ha formulato ricorso per cassazione per motivi di giurisdizione la CPD Immobiliare s.r.l. (già Fintecna Immobiliare s.r.l.), riferito a due motivi.

L’intimato E.R. non ha svolto attività difensiva nella presente di legittimità, mentre l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli ha depositato un mero atto di costituzione al fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione ai sensi dell’art. 370 c.p.c., comma 1, seconda parte.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo la ricorrente ha denunciato – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – la violazione, falsa ed omessa applicazione, per un verso, del D.L. 30 settembre 2003, n. 269, art. 41-bis, commi 6 e art. 29, conv., con modif., dalla L. 24 novembre 2003, n. 326 e, per altro verso, del D.L. 25 settembre 2001, n. 351, artt. 1 e segg., conv., con modif., dalla L. 23 novembre 2001, n. 410, nonchè dell’art. 826 c.c..

A sostegno della formulata censura la ricorrente ha inteso evidenziare che, per effetto della dismissione dei beni pubblici di cui alla citata L. n. 326 del 2003, il venir meno dell’uso pubblico, quale requisito identificativo della demanialità o della patrimonialità indisponibile, si era venuto a verificare in coincidenza con l’intervenuta vendita dell’immobile in suo favore da parte dell’Amministrazione dei Monopoli nel quadro della procedura di dismissione immobiliare da essa attuata, onde l’ E., la cui concessione in godimento era venuta a scadere nel 2001, si sarebbe dovuto ritenere come un occupante illegittimo dell’immobile alienato, donde la riconducibilità della controversia (introdotta nell’aprile 2005) nella sfera della giurisdizione ordinaria.

2. Con la seconda doglianza la ricorrente ha dedotto – in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 – la nullità della sentenza ai sensi dell’art. 112 c.p.c., per omesso esame del motivo di appello relativo all’applicazione al caso di specie del D.L. 30 settembre 2003, n. 269, art. 41-bis, commi 6 e art. 29, conv., con modif., dalla L. 24 novembre 2003, n. 326, D.L. 25 settembre 2001, n. 351, artt. 1 e segg., conv., con modif., dalla L. 23 novembre 2001, n. 410, nonchè, in generale, della disciplina legislativa riguardante la privatizzazione e la dismissione del patrimonio immobiliare pubblico.

3. Rileva il collegio che il primo motivo di ricorso è fondato, con la conseguente affermazione della sussistenza della giurisdizione del giudice ordinario in ordine alla controversia dedotta in giudizio.

Per come emerge anche dal riportato svolgimento del processo, è agevole rilevare che, nel caso di specie, il “petitum” della domanda azionata riguardava il rilascio di un immobile ritenuto dalla società attrice come illegittimamente occupato – a seguito della vendita conseguente all’intervenuta dismissione del patrimonio immobiliare pubblico (in cui si includeva anche il bene dedotto in causa) – per effetto della cessazione di ogni suo possibile uso pubblico (ai sensi, in particolare, del D.L. 30 settembre 2003, n. 269, art. 29, conv., con modif., dalla L. 24 novembre 2003, n. 326) e, dunque, con la sopravvenuta caducazione anche dei rapporti tra P.A. concedente e terzi, senza che la controversia involgesse la diretta cognizione sulla pregressa concessione del bene in favore dell’ E. come alloggio di servizio per fini istituzionali.

Infatti, con la richiamata disposizione normativa – in concreto applicabile nel caso di specie – venne prevista, ai fini del perseguimento degli obiettivi di finanza pubblica stabiliti per l’anno 2004 attraverso la dismissione di beni immobili dello Stato, in funzione del patto di stabilità e crescita, la programmazione dell’alienazione di tali immobili mediante prioritario riferimento a quelli per i quali era stato già determinato il valore di mercato, autorizzandosi, a tal proposito, l’Agenzia del demanio, con decreto dirigenziale del Ministero dell’economia e delle finanze di concerto con i Ministeri interessati, a vendere a trattativa privata, anche in blocco, beni immobili adibiti o comunque destinati ad uffici pubblici non assoggettati alle disposizioni in materia di tutela del patrimonio culturale dettate dal D.Lgs. n. 490 del 1999, specificandosi, in merito, che la vendita avrebbe fatto venir meno l’uso governativo, ovvero l’uso pubblico e l’eventuale diritto di prelazione spettante ad enti pubblici anche in caso di rivendita.

Sulla scorta di tale premessa, va sottolineato che, secondo l’univoca giurisprudenza di queste Sezioni Unite (cfr., tra le tante, Cass. SU n. 2062/2011 e, da ultimo, Cass. SU n. 2581/2018), in tema di concessione ad uso esclusivo di beni pubblici in generale, la giurisdizione appartiene al giudice ordinario se la controversia trova la propria origine in un rapporto tra il concessionario ed il terzo, sempre che l’Amministrazione concedente resti totalmente estranea a tale rapporto derivato e non possa ravvisarsi alcun collegamento con l’atto autoritativo concessorio, da qualificarsi come mero presupposto (v., già in precedenza, in tal senso, Cass. SU n. 20339/2005); al contrario, quando la pretesa azionata sia riferibile direttamente all’atto di concessione e l’Amministrazione concedente abbia espressamente previsto ed autorizzato il rapporto tra concessionario e terzo, la giurisdizione appartiene al giudice amministrativo.

Orbene, alla stregua di questo criterio di differenziazione generale, è indubbio che – con riferimento alla controversia in questione – l’originaria attrice aveva inteso tutelare il proprio diritto soggettivo all’ottenimento del rilascio dell’immobile dedotto in causa, siccome da considerarsi illegittimamente occupato dall’ E. a causa della caducazione di ogni titolo giustificativo della persistente detenzione da parte dell’ E., per effetto della cessazione di ogni uso pubblico del medesimo immobile riconducibile al suo acquisto, da parte dell’allora Fintecna s.p.a., conseguente alla procedura dismissiva posta in essere dall’Agenzia del Demanio.

La instaurata causa riguardava, quindi, una controversia tra privati diretta al riconoscimento della sussistenza o meno di un titolo legittimo di detenzione in capo al convenuto, con la precisazione che l’eventuale accertamento di un siffatto titolo in capo all’ E. (in virtù della possibile protrazione degli effetti dell’originaria concessione in godimento rilasciata in suo favore) avrebbe dovuto, semmai, considerarsi afferente al merito della causa, quale fatto opposto dal convenuto (potenzialmente) impeditivo della possibile fondatezza della domanda.

4. In definitiva, alla stregua delle complessive ragioni svolte, va affermata – in accoglimento del proposto ricorso – la giurisdizione del giudice ordinario, con la derivante cassazione dell’impugnata sentenza e il correlato rinvio della causa ad altra Sezione della Corte di appello di Napoli che – oltre a dover decidere sul merito della controversia – provvederà a regolare anche le spese del presente giudizio di legittimità.

PQM

La Corte, a Sezioni unite, accoglie il ricorso, cassa l’impugnata sentenza e dichiara la sussistenza della giurisdizione del giudice ordinario.

Rinvia la causa, anche per le spese del presente giudizio di cassazione, ad altra Sezione della Corte di appello di Napoli.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio delle Sezioni Unite, il 17 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 4 febbraio 2020

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