Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25029 del 08/10/2019

Cassazione civile sez. III, 08/10/2019, (ud. 19/03/2019, dep. 08/10/2019), n.25029

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

Dott. D’ARRIGO Cosimo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 10826/2015 R.G. proposto da:

R.B., rappresentata e difesa dagli Avv.ti Vincenzo Colacino

e Stefano Orlandi, con domicilio eletto presso lo studio di

quest’ultimo in Roma, via Guido Reni, n. 33;

– ricorrente –

contro

P.S.;

– intimato –

Centrale Attività Finanziarie s.p.a., quale mandataria della

Augustus SPV s.r.l., rappresentata e difesa dall’Avv. Antonio

Stanizzi, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via

Maresciallo Pilsudski, n. 118;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 6411 della Corte d’appello di Roma depositata

il 20 ottobre 2014.

Udita la relazione svolta in camera di consiglio dal Consigliere

Cosimo D’Arrigo;

letta la sentenza impugnata;

letti il ricorso e il controricorso.

Fatto

RITENUTO

Nell’ambito del processo esecutivo n. 701/2001 pendente innanzi al Tribunale di Roma, R.B. subiva il pignoramento di un appartamento, a fronte di un debito originariamente sorto nei confronti della Banca di Roma s.p.a. ed ora, dopo molteplici passaggi, confluito nel portafoglio della Augustus SPV s.r.l. e gestito dalla mandataria Centrale Attività Finanziarie s.p.a..

In pendenza della procedura esecutiva, la R. transigeva la propria esposizione debitoria, concordando con la Banca un pagamento rateale a saldo e stralcio. Il primo bonifico veniva effettuato in data 14 dicembre 2009.

Il 16 dicembre 2009, all’udienza fissata per procedere all’incanto dell’immobile, il giudice dell’esecuzione disponeva che, nonostante l’intervenuto accordo transattivo, si procedesse egualmente alla vendita. All’esito, l’immobile veniva assegnato a P.V.C., che aveva partecipato all’asta per persona da nominare ed effettuava la electio amici in favore di P.S..

La R. conveniva in giudizio il P., con contraddittorio esteso anche alla Banca creditrice, chiedendo che fosse dichiarata la nullità dell’asta e, di conseguenza, del decreto di trasferimento dell’immobile.

Il Tribunale di Roma qualificava l’opposizione come proposta ai sensi dell’art. 617 c.p.c. e la dichiarava tardiva, in relazione al tempo intercorso fra l’emissione del decreto di trasferimento impugnato (30 settembre 2009) e la data di notificazione dell’atto di citazione (6 luglio 2011).

La R., assumendo di aver proposto un’opposizione all’esecuzione, piuttosto che agli atti esecutivi, appellava la decisione.

La Corte d’appello di Roma rigettava il gravame, con condanna dell’opponente al pagamento delle spese processuali.

Avverso tale decisione la R. ha proposto ricorso per cassazione. La Centrale Attività Finanziarie s.p.a. ha resistito con controricorso. Il P. non ha svolto attività difensiva.

Diritto

CONSIDERATO

In considerazione dei motivi dedotti e delle ragioni della decisione, la motivazione del presente provvedimento può essere redatta in forma semplificata.

Deve, infatti, rilevarsi, in via preliminare, che l’appello non poteva essere proposto.

L’impugnazione di un provvedimento giurisdizionale deve essere proposta nelle forme previste dalla legge per la domanda così come è stata qualificata dal giudice, a prescindere dalla correttezza o meno di tale qualificazione, e non come le parti ritengano che debba essere qualificata, costituendo l’interpretazione della domanda giudiziale operazione riservata al giudice del merito (c.d. principio dell’apparenza) (Sez. U, Sentenza n. 4617 del 25/02/2011, Rv. 616599; da ultimo: Sez. L, Sentenza n. 13381 del 26/05/2017, Rv. 644992).

Ciò posto, poichè il Tribunale aveva qualificato l’opposizione di che trattasi come proposta ai sensi dell’art. 617 c.p.c., tanto da giungere a dichiarare l’inammissibilità della stessa perchè proposta in violazione del termine perentorio ivi previsto, la R. avrebbe dovuto esperire il rimedio impugnatorio del ricorso per cassazione, anzichè dell’appello, dal momento che le sentenze che decidono sull’opposizione agli atti esecutivi non sono appellabili (art. 618 c.p.c., comma 3).

Del resto, la qualificazione data dal Tribunale all’opposizione è corretta, in quanto la R. non ha contestato il diritto della Banca ad agire in executivis, bensì la legittimità di un atto della procedura e, segnatamente, del decreto di trasferimento dell’immobile.

Anche la Corte d’appello ha concluso nel senso dell’esattezza della qualificazione della domanda ritenuta dal Tribunale, ma non si è avveduta che l’immediata conseguenza di ciò avrebbe dovuto essere l’inammissibilità del gravame.

Pertanto, deve essere rilevata, ora per allora, l’inammissibilità dell’appello. La sentenza impugnata deve, quindi, essere cassata senza rinvio, provvedendosi sulle spese processuali del grado d’appello e del giudizio di legittimità, nella misura indicata in dispositivo.

Solo per completezza giova aggiungere che la R. ha proposto ricorso per cassazione al solo fine di denunciare la illegittimità costituzionale dell’art. 161-bis disp. att. c.p.c. nella parte in cui prevede che la sospensione della vendita possa farsi solo con il consenso unanime dei creditori e anche degli offerenti che abbiano prestato cauzione. Ma la Corte d’appello ha ritenuto la questione non rilevante. Sicchè, almeno sotto questo profilo, la R. avrebbe dovuto censurare la decisione impugnata, dimostrando invece che la norma avrebbe dovuto trovare diretta applicazione e che, pertanto, la questione di legittimità costituzionale non era irrilevante.

Ricorrono i presupposti per l’applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, sicchè va disposto il versamento, da parte dell’impugnante soccombente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione da lui proposta, senza spazio per valutazioni discrezionali (Sez. 3, Sentenza n. 5955 del 14/03/2014, Rv. 630550).

PQM

pronunciando sul ricorso, cassa senza rinvio la sentenza impugnata.

Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di appello, che liquida in Euro 9.515,00 per compensi, oltre agli accessori di legge, per ciascuno degli appellati, con distrazione in favore dell’avv. antistatario Rago per il P..

Condanna, altresì, la ricorrente al pagamento, in favore della società controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 6.200,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 e agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 19 marzo 2019.

Depositato in Cancelleria il 8 ottobre 2019

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