Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25025 del 28/11/2011

Cassazione civile sez. lav., 28/11/2011, (ud. 11/10/2011, dep. 28/11/2011), n.25025

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROSELLI Federico – Presidente –

Dott. STILE Paolo – Consigliere –

Dott. BRONZINI Giuseppe – Consigliere –

Dott. FILABOZZI Antonio – Consigliere –

Dott. TRICOMI Irene – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 10909-2009 proposto da:

P.N., elettivamente domiciliato in ROMA VIA TACITO 50,

presso lo studio dell’Avvocato GRADASSI SANTE, (studio Avv. ROMITI

MASSIMO), che lo rappresenta e difende, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

I.N.A.I.L. – ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE CONTRO GLI

INFORTUNI SUL LAVORO, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA IV NOVEMBRE N. 144,

presso lo studio degli avvocati LA PECCERELLA LUIGI, RASPANTI RITA

che lo rappresentano e difendono, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 824/2008 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA,

depositata il 24/11/2008 R.G.N. 09/06;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

11/10/2011 dal Consigliere Dott. IRENE TRICOMI;

Udito l’Avvocato GRADASSI SANTE;

udito l’Avvocato LUCIANA ROMEO per delega LA PECCERELLA LUIGI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GAETA Pietro che ha concluso per l’inammissibilità o in subordine

rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. La Corte d’Appello di Perugia, con la sentenza n. 824 del 2008, rigettava l’appello proposto da P.N. nei confronti dell’INPS avverso la sentenza del Tribunale di Perugia n. 461 del 2005; dichiarava irripetibili le spese sostenute dall’INAIL per il grado di giudizio, esonerando il P. appellante dal pagamento delle stesse, in ragione di quanto previsto dall’art 152 c.p.c., ponendo a carico dell’Istituto le spese di CTU. 2. Il P. aveva adito il Tribunale premettendo di avere lavorato alle dipendenze della ditta Taburni e Pacchia, poi della ditta Taburni, quindi della ditta Solani, come addetto alla riparazione di mezzi pesanti, nonchè dal 1981 al novembre 1997 alle dipendenze della società Spoletina di imprese trasporti spa, in qualità di meccanico riparatore di pullman. In ragione di ciò, era stato esposto quotidianamente al rumore, nonchè all’inalazione di fibre di amianto, che si disperdevamo durante gli interventi di riparazione di freni e frizioni degli automezzi.

Veniva, pertanto a soffrire di ipoacusia bilaterale e di malattia respiratoria, che denunciava all’INAIL quali malattie professionali.

A fronte del diniego della tutela assicurativa aveva adito l’autorità giudiziaria, chiedendo il riconoscimento della origine professionale delle malattie e la condanna dell’INAIL alla costituzione di una rendita commisurata a un grado d’inabilità permanente del 20 per cento, oltre a rivalutazione monetaria ed interessi legali sui ratei arretrati.

3. Il Tribunale rigettava la domanda, compensando tra le parti le spese di giudizio e ponendo a carico dell’INAIL le spese di CTU. 4. Ricorre il P. per la cassazione della sentenza d’appello, prospettando due motivi di impugnazione.

5. Resiste l’INAIL con controricorso. Quest’ultimo ha depositato memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso il P. deduce illogicità e difetto di istruttoria e di motivazione (art. 360 c.p.c., n. 5).

Le censure sono specificate come segue:

se sia logica e sufficientemente motivata la sentenza impugnata, con la quale, la Corte d’Appello, facendo proprie le conclusioni del CTU che si basano su un unico dato di letteratura medica, non ha richiesto allo stesso ausiliare se vi fosse altra diversa letteratura in proposito, e, nel caso di specie, per quale motivo sia stata data preferenza ad un parere (dr. R.G.), invece di applicare altre tesi rese in campo internazionale sulle origine e sulle conseguenze della stessa patologia, in relazione alla sua manifestazione una volta cessate le lavorazioni cui l’assicurato era stato addetto;

se sia logica e sufficientemente motivata la sentenza impugnata laddove, escludendo l’origine professionale della malattia denunciata, non indica nè la patologia otologica extralavorativa, nè da quale esame o esami clinici strumentali la stessa malattia comune risulti.

1.1. Il motivo non è fondato e deve essere rigettato.

Come questa Corte ha avuto, più volte, modo di affermare, premesso che la valutazione delle prove è funzione del giudice di merito, che, priva di vizi logici e giuridici, in sede di legittimità è insindacabile, il difetto di motivazione in ordine ad aspetti sanitari sussiste solo ove vi sia palese devianza dalle correnti nozioni della scienza medica od omissione degli accertamenti strumentali necessari alla formulazione di una corretta diagnosi; al di fuori di tale ambito, la censura costituisce mero dissenso, non attinente a vizi del processo logico formale, e si traduce nell’irrilevante critica del convincimento del giudice (ex plurimis, Cass., sentenza n. 9988 del 2009).

Nel caso in esame, la Corte d’Appello ha fatto proprie le considerazioni svolte dal CTU, nei due gradi di giudizio, con motivazione congrua e logica, rilevando che le stesse erano state espresse al termine di un esame tecnicamente corretto ed immune da vizi logici.

La Corte afferma, infatti, che il CTU riteneva che l’ipoacusia non fosse riconducibile a causa professionale in quanto il danno uditivo riscontrato , in ragione degli esami audiometrici, non era sovrapponibile, per le sue caratteristiche morfologiche a quello tipicamente rilevabile nella sordità da trauma acustico.

In particolare, il CTU rilevava che i tracciati dei due esami audiometrici (dr. T. e dr. C.) effettuati mettevano in evidenza un danno uditivo con compromissione anche delle basse frequenze con una curva atipica non compatibile con il trauma acustico cronico.

La deduzione del vizio di motivazione con riguardo alla citazione effettuata dal CTU di un passo del manuale del dr. R.G. (“l’ipoacusia da rumore si arresta nella sua progressione peggiorativa una volta cessata l’esposizione”, v. p. 5 sentenza appello), è, quindi, riduttiva rispetto alle articolate e congrue motivazioni della sentenza impugnata, che si sottraggono al vizio denunciato.

Con riguardo alla malattia respiratoria “broncopatia cronico- ostruttiva”, il giudice d’appello, in base alle risultanze della CTU, ritiene di dover escludere che la stessa fosse riferibile all’esposizione a polveri contenenti amianto, in quanto non emergeva, nè dalla documentazione, nè dalla prova per testi, che vi fosse stata quella frequente e costante esposizione alle polveri, con la conseguenza che il giudizio medico-legale era di mera probabilità e non di certezza del nesso causale.

Non è ravvisabile, quindi, il vizio di motivazione dedotto dal ricorrente che si sostanzia in un dissenso diagnostico volto ad un inammissibile riesame del merito.

2. Con il secondo motivo di ricorso il ricorrente prospetta la violazione dell’art. 91 c.p.c., in quanto le spese, stante la fondatezza della domanda, andavano poste a carico dell’INAIL e non compensate.

Lo stesso è inconferente, e, dunque, non può trovare accoglimento, in quanto non coglie la ratio decidendi della pronuncia in relazione al punto del governo delle spese di lite. Ed infatti la statuizione sulle spese del giudice di appello non era di compensazione (che comunque avrebbe costituito una deroga al principio della soccombenza del P.), ma di esonero dell’appellante soccombente dal pagamento delle stesse, in ragione di quanto previsto dall’art. 152 c.p.c., nel testo anteriore alla novella del D.L. n. 269 del 2003, convertito nella L. n. 326 del 2003, applicabile ratione temporis.

3. Il ricorso deve essere rigettato.

4. Nulla per le spese in applicazione dell’art. 152 disp. att. c.p.c., nel testo anteriore alla riforma di cui al D.L. n. 269 del 2003, art. 42, comma 11, convertito dalla L. n. 326 del 2003, in ragione della data di proposizione del ricorso di primo grado.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Nulla spese.

Così deciso in Roma, il 11 ottobre 2011.

Depositato in Cancelleria il 28 novembre 2011

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