Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25022 del 16/09/2021

Cassazione civile sez. trib., 16/09/2021, (ud. 27/05/2021, dep. 16/09/2021), n.25022

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – rel. Consigliere –

Dott. FEDERICI Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 22024/2015 R.G., proposto da:

T.P., rappresentato e difdso dall’avv. Massimo Zennaro,

presso il quale è elettivamente domiciliato in Roma, Via Bertoloni

n. 3, giusta procura rilasciata in calce al ricorso.

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Entrate, in persona del direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma via dei Portoghesi 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende ope

legis;

– controricorrente –

Avverso la sentenza n. 303/14 della Commissione tributaria Regionale

dell’Emilia-Romagna (di seguito, CTR), depositata in data 10/02/2015

e non notificata;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dott.ssa D’Angiolella

Rosita nella camera di consiglio del 27 maggio 2021.

 

Fatto

RITENUTO

che:

1. Con la sentenza in epigrafe, la CTR dell’Emilia-Romagna accoglieva in parte l’appello dell’Agenzia delle entrate avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Parma che, a sua volta, aveva accolto il ricorso del contribuente, T.P., avverso l’avviso di accertamento, per gli anni 2006, 2007 e 2008, con il quale l’Ufficio aveva rideterminato, con metodo sintetico, ai fini IRPEF e relative addizionali, un maggior reddito imponibile rispetto a quello dichiarato dal T..

2. Nella narrazione dei fatti di cui alla sentenza impugnata, risulta che la verifica ed i conseguenti avvisi di accertamento nei confronti del contribuente erano basati sulla disponibilità di un’abitazione principale ed una residenza secondaria, nonché di un autoveicolo Mercedes ed una motocicletta Piaggio “Beverly”; risulta pure che, impugnato l’avviso, la Commissione tributaria provinciale aveva in parte accolto il ricorso ritenendo la legittimità dell’accertamento sintetico circa la disponibilità dell’autovettura e del motociclo Honda ma non in relazione alle abitazioni.

3. Avverso la sentenza della CTR di cui in epigrafe – che conferma l’accertamento solo riguardo all’autoveicolo Mercedes – Pasquale T. ha proposto ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi.

4. L’Agenzia delle entrate resiste con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Col primo mezzo, il ricorrente deduce la violazione di legge (D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 38, comma 6, nella formulazione previgente alla novella introdotta dal D.L. 31 maggio 2010, n. 78, art. 22 conv. mod., L. 30 luglio 2010, n. 122, D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7, comma 5) per non aver la CTR disapplicato gli automatismi di cui ai decreti ministeriali riguardanti i cd. indici di capacità contributiva nonostante la loro contrarietà al principio di capacità contributiva di cui all’art. 53 Cost. e nonostante la prova contraria offerta dal contribuente.

1.2. Col secondo motivo deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, comma 6, per errata applicazione del principio giurisprudenziale citato dai giudici nella sentenza impugnata (Comm. Trib. Prov. Treviso, sez. VI 30 giugno 2011 n. 36). Il ricorrente, inserisce nel motivo di ricorso, la trascrizione della sentenza della commissione tributaria di Treviso ed espone lunghe difese tese a superare la presunzione di una maggiore capacità contributiva conseguente alla disponibilità dell’autovettura Mercedes.

1.3. Col terzo mezzo deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti quale risultante dalla “documentazione agli atti” per la quale la CTR avrebbe dovuto evincere che “l’ufficio nella determinazione sintetica del reddito non ha tenuto conto dei necessari principi di ragionevolezza cui si deve tener conto nella determinazione presuntiva del reddito” (v. ricorso pag. 33).

1.4. Col quarto, denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omesso esame del fatto riguardante l’applicabilità della nuova previsione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 38, nella formulazione vigente a seguito della a novella introdotta dal D.L. 31 maggio 2010, n. 78, art. 22 conv. mod., L. 30 luglio 2010, n. 122, anche agli accertamenti precedenti al 2009.

2. Il ricorso è infondato.

2.1. I motivi primo e secondo non superano lo scrutinio di inammissibilità ex art. 360-bis c.p.c., n. 1, considerando che i dubbi di conformità della normativa in parola al principio di ragionevolezza nonché all’art. 53 Cost. (v. pag. 20 del ricorso) sono dissolti dal condivisibile arresto monofilattico di questa Corte secondo cui la disciplina del “redditometro” introduce una presunzione legale relativa imponendo la stessa legge di ritenere conseguente al fatto (certo) della disponibilità di alcuni beni “l’esistenza di una “capacità contributiva”, sicché il giudice tributario, una volta accertata l’effettività fattuale degli specifici “elementi indicatori di capacità contributiva” esposti dall’Ufficio, non ha il potere di privarli del valore presuntivo connesso dal legislatore alla loro disponibilità, ma può soltanto valutare la prova che il contribuente offra in ordine alla provenienza non reddituale (e, quindi, non imponibile perché già sottoposta ad imposta o perché esente) delle somme necessarie per mantenere il possesso di tali beni” (cfr. Cass., 01/09/2016, n. 17487; Cass., 21/10/2015, n. 21335; Cass., 20/01/2016, n. 930). In tal senso è stato soggiunto che,, benché l’esistenza dei fattori-indice della capacità contributiva, resta individuata nei decreti, sicché l’Amministrazione è esonerata da qualunque ulteriore prova rispetto ad essi, ciò non impedisce al contribuente di dimostrare, attraverso idonea documentazione, che il maggior reddito determinato o determinabile sinteticamente è costituito in tutto o in parte da redditi esenti o da redditi soggetti a ritenute alla fonte a titolo di imposta e, più in generale, che il reddito presunto non esiste o esiste in misura inferiore (cfr. Cass., 19/10/2016, n. 21142; n. 16912 del 2016). Sono stati chiariti, altresì, i confini della prova contraria offerta dal contribuente per opporsi alla ricostruzione presuntiva del reddito operata dall’Amministrazione finanziaria, precisando che la prova documentale contraria ammessa per il contribuente non riguarda la sola disponibilità di redditi esenti o di redditi soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta, ma anche l’entità di tali redditi e la durata del loro possesso, che costituiscono circostanze sintomatiche del fatto che la spesa contestata sia stata sostenuta proprio con redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta (Cass., 26/11/2014, n. 25104; Cass., 20/03/2009, n. 6813).

2.2. Tali ultimi principi riguardanti la prova documentale contraria ammessa per il contribuente, rappresentano diritto vivente e da essi non pare affatto discostarsi la CTR soprattutto in relazione alla ritenuta carenza di prova ulteriore rispetto ai cd. “indici” di cui ai decreti ministeriali del 10 settembre e del 19 novembre 1992. In particolare, la CTR – che ha confermato l’accertamento presuntivo solo con riguardo all’autovettura in disponibilità del contribuente – ha ritenuto la carenza di efficacia dimostrativa della controprova offerta dal contribuente affermando che “(…) a differenza di quanto affermato dal contribuente il possesso di un’autovettura di non scarsa significatività è logicamente legata alla capacità di produzione del reddito e d’altra parte il fatto che il contratto di leasing sia intestato a impresa di immediata riferibilità al contribuente stesso (Comunication Network di T.P.) lascia ritenere per via logica e presuntiva la identità e la modalità di utilizzo”. Tali affermazioni risultano in linea con i principi che regolano la materia, in quanto la CTR ha applicato la presunzione legale relativa in favore dell’amministrazione finanziaria – in base alla quale ritenere conseguente al fatto (certo) della disponibilità di alcuni beni “l’esistenza di una “capacità contributiva” – ed in base all’esistenza di fattori-indice della capacità contributiva, individuata nei decreti, ha ritenuto l’Amministrazione esonerata da qualunque ulteriore prova rispetto ad essi, restando sul contribuente l’onere di dimostrare che il maggior reddito determinato o determinabile sinteticamente fosse costituito in tutto o in parte da redditi esenti o da redditi soggetti a ritenute alla fonte a titolo di imposta o che il reddito presunto non esiste o esiste in misura inferiore.

2.3. Rispetto a tali principi va da sé che le doglianze di cui al secondo mezzo, riguardanti l’erronea interpretazione della sentenza della commissione tributaria regionale di Treviso, sono del tutto irrilevanti.

3. I motivi terzo e quarto – anch’essi raggruppabili per evidente connessione di censure, denunciandosi l’omessa pronuncia ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 – sono inammissibili, in quanto oggetto di impugnazione è una sentenza pubblicata in data 10 febbraio 2015 e quindi in epoca successiva dalla data di entrata in vigore il nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., n. 5, che consente l’impugnazione per la diversa ipotesi di omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti.

Costituisce ius receptum che il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nell’attuale testo modificato dal D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 2, attiene necessariamente ad un fatto controverso e decisivo per il giudizio, ossia un fatto storico-naturalistico, principale o secondario risultante dalla sentenza o dagli atti processuali (v. Cass., Sez. 61, 06/09/2019, n. 22397; Cass., Sez. 1, 18/10/2018, n. 26305) dedotto con un’esposizione chiara e sintetica, in relazione al quale si assume un vuoto argomentativo (omessa motivazione), oppure la carenza della trama argomentativa che la renda inidonea a dare conto delle ragioni della decisione (insufficiente motivazione) o, infine, un percorso argomentativo incomprensibile per l’insuperabile contrasto asserzioni inconciliabili (motivazione contraddittoria) (cfr., ex multis, Cass.” 29/07/2015, n. 15997; Cass., 29/07/2011, n. 16655). Invero, col terzo motivo, s’invocano “generici principi di ragionevolezza” che, all’evidenza, nulla hanno a che vedere con il fatto storico naturalistico nel senso indicato, mentre col quarto si fa riferimento ad una questione giuridica circa l’applicabilità retroattiva della nuova formulazione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 38, come modificato dal D.L. 31 maggio 2010, n. 78, art. 22 conv. mod., L. 30 luglio 2010, n. 122, anch’essa non rientrante nel paradigma di censura evocato. In ogni caso, su tale ultima questione, appare opportuno evidenziare che la giurisprudenza di questa Corte è ferma nel ritenere che il D.L. n. 78 del 2010, art. 22, comma 1, conv. in L. n. 122 del 2010, ha disposto, con specifica norma di diritto transitorio, che le modifiche al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, operano in relazione agli accertamenti relativi ai redditi per i quali il termine di dichiarazione non è ancora scaduto alla data di entrata in vigore del citato D.L. n. 78 del 2010, art. 22 e, quindi, dal periodo d’imposta 2009 (cfr. ex pluribus, Sez. 5, 07/06/2021, n. 15760).

4. In conclusione, il ricorso va integralmente rigettato.

5. Le spese di giudizio seguono la soccombenza del ricorrente e si liquidano come da dispositivo.

PQM

Rigetta il ricorso.

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio nei confronti dell’Agenzia delle entrate che liquida in complessivi Euro 5.200,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della V sezione civile, il 27 maggio 2021.

Depositato in Cancelleria il 16 settembre 2021

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