Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25021 del 23/10/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 23/10/2017, (ud. 15/06/2017, dep.23/10/2017),  n. 25021

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NOBILE Vittorio – Presidente –

Dott. BRONZINI Giuseppe – Consigliere –

Dott. MANNA Antonio – rel. Consigliere –

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 18365-2012 proposto da:

POSTE ITALIANE S.P.A., (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA VIALE

EUROPA 175 presso la Direzione Affari Legali di POSTE ITALIANE,

rappresentata e difesa dall’avvocato FORTUNATA CIRINO, giusta delega

in atti;

– ricorrente –

contro

B.R., M.E., elettivamente domiciliate in

ROMA, VIA FLAMINIA 195, presso lo studio dell’avvocato SERGIO

VACIRCA, che le rappresenta e difende, giusta delega in atti;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 28/2012 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA,

depositata il 24/01/2012 R.G.N. 312/11;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

15/06/2017 dal Consigliere Dott. ANTONIO MANNA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CELENTANO Carmelo, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato PASQUALE DI ISSO per delega verbale Avvocato

FORTUNATA CIRINO;

udito l’Avvocato SERGIO VACIRCA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza pubblicata il 24.1.12 la Corte d’appello di Brescia rigettava il gravame di Poste Italiane S.p.A. contro la sentenza n. 1180/10 con cui il Tribunaledella stessa sede aveva dichiarato illegittime perchè tardive le sanzioni disciplinari di un’ora di multa irrogate il 18.5.09 a B.R. ed M.E. per avere pagato allo sportello, nel corso del 2007, ingenti somme in contanti in violazione delle disposizioni generali che regolavano i rimborsi sui libretti di risparmio e aveva condannato la società a rimborsare alle dipendenti le somme loro trattenute in esecuzione delle sanzioni suddette.

2. Per la cassazione della sentenza ricorre Poste Italiane S.p.A. affidandosi a tre motivi.

3. B.R. ed M.E. resistono con unico controricorso, poi ulteriormente illustrato da memoria ex art. 378 c.p.c..

Il Collegio ha autorizzato, come da decreto del Primo Presidente in data 14 settembre 2016, la redazione della motivazione in forma semplificata.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.1. Il primo motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 2106 c.c. e L. n. 300 del 1970, art. 7 vuoi perchè il principio di immediatezza della contestazione disciplinare va inteso in senso relativo (dovendosi tenere conto della natura dell’addebito, dei tempi necessari per le indagini interne e della maggiore o minore complessità aziendale), vuoi perchè in tanto può ritenersi tardiva una contestazione in quanto risulti riconducibile ad un abuso del potere disciplinare.

1.2. Il secondo motivo deduce violazione degli artt. 1175 e 1375 c.c., per avere la sentenza impugnata ritenuto che il mero divario temporale tra fatto e relativa contestazione sia di per sè sintomatico d’un abuso del potere disciplinare.

1.3. Analoga doglianza viene svolta con il terzo motivo di ricorso, sotto forma di denuncia di violazione degli artt. 1218 e 2697 c.c., essendo onere delle lavoratrici dimostrare che l’esercizio del potere disciplinare nel caso di specie sia stato contrario a correttezza e buona fede.

2.1. I tre motivi di ricorso – da esaminarsi congiuntamente perchè connessi – sono infondati, dovendosi ribadire l’insegnamento giurisprudenziale, cui si è attenuta la gravata pronuncia, in virtù del quale la contestazione disciplinare deve avvenire non appena il datore di lavoro abbia elementi tali da fargli ritenere ragionevolmente sussistenti le infrazioni e non può, invece, procrastinarla fino a quando non abbia acquisito l’assoluta certezza dei fatti (cfr. Cass. n. 21633/13; Cass. n. 3532/13; Cass. n. 1101/07).

Del pari i giudici d’appello si sono attenuti al principio secondo cui l’interesse del datore di lavoro all’acquisizione di ulteriori elementi a conforto della colpevolezza del lavoratore non può pregiudicare il diritto di quest’ultimo ad una pronta ed effettiva difesa, sicchè, ove la contestazione sia tardiva, resta precluso l’esercizio del potere e la sanzione irrogata è invalida (cfr. Cass. n. 2902/15).

L’onere di dimostrare la tempestività della contestazione incombe sul datore di lavoro, ma nel caso di specie tale ripartizione dell’onere probatorio non viene neppure in rilievo, atteso che i giudici di merito hanno positivamente accertato, mediante corretta ricostruzione in via presuntiva, che la società era a conoscenza delle condotte poi addebitate alle lavoratrici quanto meno dal 27.3.07 e dal 27.8.07, mentre le contestazioni disciplinari de quibus sono state mosse soltanto il 5.5.09.

3.1. In conclusione, il ricorso è da rigettarsi.

Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

PQM

rigetta il ricorso e condanna la società ricorrente a pagare in favore delle controricorrenti le spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 4.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, il 15 giugno 2017.

Depositato in Cancelleria il 23 ottobre 2017

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