Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25018 del 06/11/2013


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 25018 Anno 2013
Presidente: TRIOLA ROBERTO MICHELE
Relatore: MAZZACANE VINCENZO

SENTENZA

sul ricorso 30948-2007 proposto da:
SARTORELLI MARIANTONIA SRTMNT31P43F205J, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA R. R. PEREIRA 41, presso lo
studio dell’avvocato FOCA’ PAOLO, rappresentata e
difesa dall’avvocato CONTINI ANGELO;
– ricorrente contro

NICOLINI GIOVANNI BATTISTA DETTO GIANNI, MELA SRL;
– intimati

avverso la sentenza n. 2348/2007 della CORTE D’APPELLO
di MILANO, depositata il 05/09/2007;

Data pubblicazione: 06/11/2013

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 03/10/2013 dal Consigliere Dott. VINCENZO
MAZZACANE;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MAURIZIO VELARDI che ha concluso per

l’inammissibilità del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione del 4/5-1-1994 il Condominio di Corso Sempione 12 di Milano conveniva in
giudizio dinanzi al Tribunale di Milano Gennaro Petrosino, Giovanni Maggioni, la srl Ciba’s e Marco
Pennisi chiedendo dichiararsi l’illegittimità delle opere di incorporazione di due cavedi interni, con

insistente sull’area del cavedio comune nonché al risarcimento dei danni.

Si costituivano il giudizio il Pennisi eccependo il proprio difetto di legittimazione passiva per aver
venduto la porzione immobiliare di sua proprietà il 15-3-1993 ai coniugi Giovanni Maggioni e
Tiziana Pozzi; la Ciba’s la quale, premesso di aver acquistato il 1-2-1991 due appartamenti al
quarto piano, uno al quinto ed un altro al secondo piano da Mariantonia Sartorelli, eccepiva che al
momento dell’acquisto il cavedio non esisteva più e che non era possibile accorgersi di qualsiasi
irregolarità, e chiedeva perciò l’autorizzazione a chiamare in causa la venditrice; Gennaro
Petrosino, che eccepiva il proprio difetto di legittimazione passiva sul rilievo che proprietaria delle
porzioni immobiliari era la srl Mela, che aveva acquistato dalla Sartorelli; il Maggioni, acquirente in
comunione indivisa con la moglie Tiziana Pozzi, che proponeva verso il proprio dante causa Pennisi
domanda di garanzia.

A seguito di autorizzazione alla chiamata in causa si costituivano in giudizio anche la Pozzi, la
società Mela ed il condomino Giovanni Nicolini.

Infine si costituiva in giudizio la Sartorelli chiedendo dichiararsi nulli o respingersi gli atti di
chiamata in causa e proponendo domanda riconvenzionale subordinata volta alla declaratoria di
illegittimità ed alla condanna a rimuovere le opere di incorporazione del cavedio realizzate dalle
società Mela e Ciba’s, dal Nicolini e dal Pennisi nonché all’annullamento per errore dei contratti di
compravendita con gli stessi stipulati.
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condanna dei convenuti al ripristino dei luoghi ed alla demolizione della parte di fabbricato

Il Tribunale adito con sentenza non definitiva del 24-4-1997 dichiarava il difetto di legittimazione
passiva del Pennisi, del Petrosino e della Ciba’s, dichiarava l’illiceità delle opere realizzate ai
rispettivi piani dal Nicolini, dalla società Mela e dai coniugi Maggioni — Pozzi, condannava costoro
alla rimessione nel pristino stato, e con contestuale ordinanza separava le cause di garanzia

dai coniugi Maggioni nei confronti del Pennisi e da quest’ultimo nei confronti della Ciba’s.

Con sentenza del 1-6-1999 la Corte si Appello di Milano annullava la suddetta sentenza non
definitiva limitatamente alla condanna alla rimessione in pristino per omessa integrazione del
contraddittorio riguardo alla litisconsorte necessaria Lo Mei Hing; nei confronti di quest’ultima il
suddetto Condominio, oltre a riassumere il giudizio, proponeva separata domanda di
accertamento della illiceità delle opere e di condanna alla demolizione, ed il Tribunale con
sentenza non definitiva del 16-1-2000 accertava nuovamente l’illegittimità delle opere stesse per
la parte riguardante la Lo Mei Hing, e con contestuale ordinanza separava la domanda di
demolizione, in vista della sua sospensione, in attesa dell’esito definitivo del primo giudizio.

Riuniti i due giudizi, il Tribunale di Milano con sentenza definitiva dell’11-1-2003 ordinava al
Nicolini, alla società Mela, al Maggioni, alla Pozzi ed alla Lo Mei Hing di provvedere alla
ricostruzione del cavedio per cui è causa mediante eliminazione della porzione di solaio di
rispettiva pertinenza, costruita in ciascuna porzione di piano di loro proprietà esclusiva a chiusura
del cavedio preesistente, ripristinando lo stato originario dei luoghi per mezzo di ogni opera
necessaria alla ricostruzione delle dimensioni e dei confini originari delle parti di proprietà
esclusiva e di quella di proprietà comune, dichiarava cessata la materia del contendere sulle
domande di garanzia avanzate dai coniugi Maggioni — Pozzi nei confronti della Sartorelli,
dichiarava quest’ultima responsabile, in ragione di un mezzo, per gli eventi dedotti in lite, nei
rapporti con il Nicolini e con la società Mela, dichiarava il Pennisi interamente responsabile, per gli
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proposte dal Nicolini, dal Pennisi dalle società Ciba’s e Mela nei confronti della Sartorelli, nonché

eventi dedotti in lite, nei rapporti con il Maggioni e la Pozzi, e lo dichiarava altresì obbligato a
tenere questi ultimi indenni dagli effetti della soccombenza nei confronti del Condominio attore,
rigettava le domande di garanzia proposte dal Pennisi nei confronti della Sartorelli e della Ciba’s,
dichiarava cessata la materia del contendere sulla domanda di garanzia proposta dalla Ciba’s nei

quest’ultima.

Avverso tale sentenza proponevano appello da un lato il Nicolini, la Pozzi, la Maggioni e la società
Mela nei confronti del Condominio di Corso Sempione 12 in Milano che resisteva al gravame
chiedendo ed ottenendo l’integrazione del contraddittorio nei confronti della Lo Mei Hing, e
dall’altro la Sartorelli nei confronti del Nicolini, rimasto contumace, e della società Mela, che
resisteva al gravame introducendo altresì un appello incidentale.

Riuniti i procedimenti, la Corte di Appello di Milano con sentenza del 5-7-2007 ha rigettato tutte le
impugnazioni.

Per la cassazione di tale sentenza la Sartorelli ha proposto un ricorso articolato in sette motivi
seguito successivamente da due memorie; la srl Mela ed il Nicolini non hanno svolto attività
difensiva in questa sede.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo la ricorrente, denunciando violazione e/o falsa applicazione degli artt. 99 —
112 – 113 e 161 primo comma c.p.c., 1362 e seguenti c.c. nonché vizio di motivazione, premesso
che la società Mela ed il Nicolini nei rispettivi atti di chiamata in causa dell’esponente avevano
dedotto di aver acquistato dalla Sartorelli (rispettivamente con atti del 20-12-1990 e del 24-1-1991
la prima e del 21-12-1990 il secondo) due porzioni immobiliari “inclusa la soletta e la parte di

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confronti della Sartorelli, e rigettava le domande riconvenzionali subordinate proposte da

cavedio in contestazione”, assume che costoro avevano chiesto dichiararsi la Sartorelli tenuta a
sollevare i suddetti soggetti da qualsivoglia responsabilità che fosse stata ritenuta sussistente per i
fatti dedotti dal Condominio di Corso Sempione 12; orbene sembra evidente che la società Mela
ed il Nlcolini avevano proposto la domanda di garanzia prevista dall’art. 1485 primo comma c.c.,

cavedio.

La Sartorelli sostiene che peraltro il giudice di appello inopinatamente ha affermato che in realtà la
srl. Mela ed il Nicolini si erano limitati ad indicare l’esponente come effettrice autrice della
incorporazione del cavedio lamentata dal suddetto Condominio, che sarebbe stata eseguita
dall’architetto Emilia Trotto su incarico della stessa Sartorelli, operando così una trasformazione
dell’azione da contrattuale ad extracontrattuale, con un inammissibile mutamento della “causa
petendi” in violazione del principio della corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato,
considerato che i chiamanti non avevano affatto basato le loro domande su di un preteso accordo
tra l’esponente e la Trotto, bensì con riferimento ad una diretta responsabilità della Sartorelli
quale venditrice degli appartamenti includenti delle porzioni del suddetto cavedio.

La ricorrente inoltre, premesso che dalla documentazione prodotta e dalle prove testimoniali era
emerso che, contrariamente a quanto dedotto dai chiamanti in causa, al momento della
stipulazione dei suddetti atti di compravendita il suddetto cavedio esisteva regolarmente, rileva
che la Corte territoriale ha emesso una pronuncia che presupponeva una domanda diversa da
quella formulata, ovvero la posteriorità della incorporazione del cavedio rispetto all’epoca di
conclusione delle predette vendite frutto di un asserito accordo tra la Sartorelli e la Trotto.

La ricorrente poi sostiene che la sentenza impugnata neppure ha tenuto conto del fatto che gli
acquirenti società Mela e Nicolini avevano accettato integralmente il regolamento condominale,
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dalla quale la Sartorelli si era difesa contestando che nei suddetti atti di vendita fosse incluso il

assumendo l’obbligo con la venditrice di osservarlo pienamente, cosicché essi, realizzando (o
consentendo che altri realizzasse) la illecita incorporazione del cavedio, avevano determinato da
sé medesimi il danno, ed erano rimasti inadempienti al predetto obbligo contrattuale.

La Sartorelli infine evidenzia che il giudice di appello ha sostanzialmente omesso la motivazione

stipulato tra l’esponente e la Trotto, e quindi dell’assunzione dell’obbligo senza riserve, da parte di
quest’ultima, al pieno rispetto del suddetto regolamento di condominio.

Con il secondo motivo la ricorrente, deducendo violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2697
primo comma — 1703 — 1705 primo comma e prima parte secondo comma — 2043 e seguenti —
2727 e 2729 c.c., 115 c.p.c. nonché vizio di motivazione, sostiene che la Corte territoriale, dopo
aver rilevato che la domanda proposta dalla società Mela e dal Nicolini era “dichiarativa del diritto
di manleva e dunque di accertamento di un titolo di regresso ai sensi dell’art. 2055 c.c.”, non ha
indicato esattamente quale fosse questo titolo, e cioè il “nomen iuris” del rapporto sostanziale
preso in considerazione in relazione all’asserito accordo tra la Sartorelli e la Trotto; nondimeno,
qualora si ritenesse che l’impugnata sentenza avesse configurato implicitamente un mandato
senza rappresentanza, gli effetti di tale rapporto nei confronti dei terzi non si sarebbero riverberati
nei confronti del mandante, e quindi dell’esponente, ma avrebbero riguardato esclusivamente la
Trotto, che aveva stipulato i preliminari di vendita degli appartamenti con la srl Mela ed il Nicolini
con la promessa di incorporazione del cavedio.

La Sartorelli poi assume che erroneamente il giudice di appello ha ritenuto irrilevante, ai fini
dell’esclusione di ogni responsabilità della ricorrente, il contratto preliminare di compravendita
stipulato tra l’esponente e la Trotto il 3-10-1990; infatti il danno preteso dai chiamanti in causa
sarebbe stato prodotto dalla illecita realizzazione della incorporazione del cavedio negli
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anche sul fatto controverso e decisivo costituito dalla esistenza di un preliminare di compravendita

appartamenti da essi acquistati, effettuata dopo la stipulazione degli atti di acquisto, quindi
quando ormai la Sartorelli non era più né proprietaria né custode degli appartamenti venduti, ed il
rapporto con la Trotto scaturente dal suddetto preliminare si era ormai esaurito con la stipula
degli atti di compravendita.

incorporazione del cavedio negli appartamenti acquistati dalla srl Mela e dal Nicolini come
ritenuto presuntivamente dalla Corte territoriale era reso equivoco soprattutto dal fatto che la
venditrice Sartorelli, avendo imposto ai suddetti acquirenti l’obbligo senza riserve alla piena
osservanza del regolamento di condominio, e quindi anche alla intangibilità del cavedio, aveva
dimostrato non solo di non volere l’incorporazione del cavedio, ma anche di voler impedire che
tale incorporazione avvenisse.

Con il terzo motivo la Sartorelli, deducendo violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1223 c.c e
41 c.p. nonché vizio di motivazione, censura la sentenza impugnata che, pur avendo dato atto che
la società Mela ed il Nicolini erano ben consapevoli della natura comune del cavedio, tale natura
essendo espressamente indicata nel regolamento condominale richiamato negli atti di vendita
(omettendo però di considerare che in detti atti i suddetti acquirenti avevano dichiarato di
accettare integralmente il contenuto del regolamento ed avevano inoltre assunto l’obbligo nei
confronti della venditrice senza riserve alla sua piena osservanza), ha escluso che le condotte da
costoro poste in essere avessero interrotto il nesso causale tra i comportamenti ascritti
all’esponente ed il danno verificatosi; in tal modo è stato trascurato che nella fattispecie gli
acquirenti non solo non avevano impedito la realizzazione dell’illecito, ovvero l’incorporazione del
cavedio, ma addirittura avevano voluto realizzarla; in altri termini, se la società Mela ed il Nicolini,
ben consapevoli della natura comune del cavedio, si fossero astenuti dall’effettuare la sua
incorporazione, quest’ultima non si sarebbe verificata.
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La ricorrente inoltre afferma che il preteso incarico conferito dall’esponente alla Trotto per la

Con il quarto motivo la Sartorelli, deducendo vizio di motivazione, assume che la Corte territoriale
erroneamente ha ritenuto irrilevante la sopra evidenziata consapevolezza da parte dei suddetti
acquirenti della natura comune del cavedio – omettendo anche in questo caso di tener conto del
fatto che costoro avevano dichiarato negli atti di vendita di ben conoscere il contenuto del

della venditrice alla sua piena osservanza — altresì con riferimento al concorso del fatto colposo
della srl Mela e del Nicolini nella illecita incorporazione del cavedio, trascurando così di valutare
l’ipotesi subordinata di ulteriore diminuzione della responsabilità dell’esponente sempre in
relazione alla predetta incorporazione.

Con il quinto motivo la ricorrente, denunciando violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2704
primo comma c.c. e 115 primo comma c.p.c. nonché vizio di motivazione, censura la sentenza
impugnata per aver negato che la responsabilità della Sartorelli potesse essere esclusa per effetto
della stipulazione con la Trotto del compromesso del 3-10-1990 in quanto gli accordi interni ivi
raggiunti tra le parti non erano destinati a riverberarsi nei successivi rapporti tra l’esponente ed i
suddetti acquirenti.

La Sartorelli, premesso che il suddetto compromesso era stato invocato come semplice fatto
storico, assume che il giudice di appello non ha rilevato che la società Mela nella sua comparsa di
costituzione aveva testualmente dichiarato che non vi erano contestazioni circa il contenuto del
suddetto preliminare, trascurando così di considerare che tale dichiarazione rendeva quantomeno
inverosimile l’asserito accordo tra l’esponente e la Trotto per l’incorporazione del cavedio; d’altra
parte gli accordi interni di cui al preliminare del 3-10-1990 costituivano una realtà storica che
avrebbe dovuto essere conciliata sul piano logico con l’asserita esistenza del preteso accordo
teorizzato dal giudice di merito.

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regolamento condominiale e di accettarlo integralmente, obbligandosi senza riserve nei confronti

Con il sesto motivo la ricorrente, deducendo vizio di motivazione, assume che erroneamente la
sentenza impugnata ha ritenuto inattendibile la deposizione del teste Romualdo De Cherubini,
geometra consulente della Sartorelli, riguardo ad una vivace discussione insorta tra quest’ultima e
la Trotto – alla quale la prima aveva fatto presente che non poteva chiudere il cavedio in quanto

dell’esponente, sia perché le sue dichiarazioni non sarebbero state confermate da alcuna altra
risultanza processuale.

La Sartorelli afferma che, qualora la Corte territoriale avesse tenuto ben presente che i suddetti
acquirenti avevano accettato integralmente il regolamento condominiale e si erano obbligati alla
sua osservanza, non avrebbe trovato certamente inverosimile quel diverbio, avvenuto nella
primavera del 1991, perché l’esponente aveva espresso la sua volontà contraria alla
incorporazione del cavedio nei suddetti atti di vendita, imponendo anche alla società Mela ed al
Nlcolini l’obbligo suindicato.

Inoltre il giudice di appello neppure ha considerato che negli accordi interni tra l’esponente e la
Trotto di cui al preliminare del 3-10-1990 era già stato stabilito il prezzo complessivo, unitario ed
indivisibile per la vendita di tutte le unità immobiliari oggetto dello stesso preliminare, con la
conseguenza quindi che l’incorporazione del cavedio illecitamente promessa dalla Trotto agli
acquirenti non solo non avrebbe arrecato alcun vantaggio alla Sartorelli, ma anzi le avrebbe
apportato un danno, essendo rimasta proprietaria di altre unità immobiliari nello stabile
condominale, e pertanto condomina.

Con il settimo motivo la ricorrente, deducendo violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2697
primo comma c.c. e 2058 c.c., 100 c.p.c. e vizio di motivazione, censura la sentenza impugnata per
aver respinto la domanda riconvenzionale dell’esponente diretta ad ottenere una declaratoria di
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parte comune – sia perché considerato vicino per ragioni professionali agli interessi

illegittimità delle opere realizzate dai predetti acquirenti per l’incorporazione del cavedio nei loro
appartamenti e la condanna degli stessi alla riduzione in pristino degli immobili ed al risarcimento
dei danni subiti in conseguenza del fatto che tale incorporazione aveva causato lo stravolgimento
della tabella millesimale di proprietà e di ripartizione delle spese del condominio.

assunto dagli acquirenti alla piena osservanza del regolamento condominiale ed al pieno rispetto
della intangibilità del cavedio prevista dal regolamento medesimo; il fatto che la srl Mela ed il
Nicolini si erano resi inadempienti a detto obbligo era titolo sufficiente per la Sartorelli, tuttora
condomina del suddetto Condominio, per chiedere sia la demolizione delle opere di
incorporazione del cavedio sia la condanna di costoro al risarcimento dei danni.

Il Collegio rileva preliminarmente che nella fattispecie, in presenza di una sentenza impugnata
depositata il 5-7-2007, trova applicazione “ratione temporis” l’art. 366 “bis” c.p.c. che prescrive a
pena di inammissibilità per ciascun motivo, nei casi previsti dall’art. 360 primo comma numeri 1-23 e 4, la formulazione di un quesito di diritto che costituisca una sintesi logico — giuridica della
questione, così da consentire al giudice di legittimità di enunciare una “regola juris” suscettibile di
trovare applicazione anche in casi ulteriori rispetto a quello deciso dalla sentenza impugnata;
inoltre detto articolo prescrive, sempre a pena di inammissibilità per ciascun motivo, nel caso
previsto dall’art. 360 primo comma numero 5 c.p.c., una esposizione chiara e sintetica del fatto
controverso — in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria — ovvero
delle ragioni per le quali la dedotta insufficienza rende inidonea la motivazione a giustificare la
decisione.

Orbene tutti gli enunciati motivi con i quali, come sopra esposto, sono stati denunciati violazione
e/o falsa applicazione di legge e vizi di motivazione, sono del tutto privi sia di quesiti di diritto sia
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La Sartorelli evidenzia che anche tale pronuncia si spiega con l’omissione dell’esame dell’obbligo

di un momento di sintesi del fatto controverso, cosicché essi sono inammissibili ai sensi dell’art.
366

“bis” c.p.c.

Il ricorso deve quindi essere dichiarato inammissibile; non occorre procedere ad alcuna statuizione
in ordine alle spese del giudizio non avendo le parti intimate svolto attività difensiva in questa

P.Q.M.

La Corte
Dichiara inammissibile il ricorso.
Così deciso in Roma il 3-10-2013

Il Consigliere estensore

sede.

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