Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25016 del 07/10/2019

Cassazione civile sez. VI, 07/10/2019, (ud. 05/03/2019, dep. 07/10/2019), n.25016

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –

Dott. BISOGNI Giacinto – rel. Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da

T.F., nato in Guinea il (OMISSIS), domiciliato in Roma,

presso la Corte di Cassazione, rappresentato e difeso, per mandato

allegato al ricorso, dall’avv. Duilio Balocco (p.e.c

baloccoduilio.pec.giuffre.it);

(ammesso p.s.s. Delib. 17 gennaio 2018, ord. Avv. Cagliari);

– ricorrente –

nei confronti di:

Ministero dell’Interno e Commissione territoriale per il

riconoscimento della protezione internazionale di Cagliari;

-intimato –

avverso il decreto n. 382/2017 del Tribunale di Cagliari emesso il 21

dicembre 2017 e depositato il 28 dicembre 2017 R.G. n. 8204/2017;

sentita la relazione in camera di consiglio del relatore cons.

Bisogni Giacinto.

Fatto

RITENUTO IN FATTO E DIRITTO

CHE:

1. Il sig. T.F. cittadino della Guinea, ha chiesto il riconoscimento del suo diritto alla protezione internazionale esponendo che nel suo villaggio era avvenuta una faida per la successione all’imam che era sfociata in gravi violenze che avevano causato anche la morte di una persona. Aveva decide quindi di espatriare insieme alla madre che era riparata in Liberia mentre il sig. T. si era diretto in Libia e da qui in Italia. La competente Commissione territoriale ha respinto la domanda.

2. In seguito al ricorso del T. il Tribunale di Cagliari ha effettuato una nuova audizione del richiedente asilo il quale ha dichiarato che la faida era terminata e che la madre è tornata a vivere nel villaggio dove il clima è ancora teso ma non caratterizzato da violenze. Il Tribunale ha escluso quindi la sussistenza dei presupposti per la protezione internazionale. Ha ritenuto irrilevante la situazione in Libia perchè mero paese di transito nella vicenda personale del richiedente. Ai fini della valutazione dei presupposti per la concessione della protezione umanitaria ha ritenuto l’irrilevanza della condizione di povertà della Guinea e ha contestato che il richiedente asilo per il solo fatto di aver frequentato un corso di italiano possa considerarsi integrato nel paese di accoglienza dove non ha mai lavorato nè ha punti di riferimento affettivi o sociali.

3. Ricorre per cassazione il sig. T. affidandosi a due motivi di ricorso.

4. Con il primo motivo deduce la illegittimità costituzionale del D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 35 bis, così come introdotto dal D.L. 17 febbraio 2017, n. 17, art. 6, lett. g), convertito in L. 13 aprile 2017, n. 46, in quanto esclude l’appellabilità del decreto di rigetto, privando il ricorrente di un ulteriore giudizio di merito in contrasto con gli artt. 3,24 e 111 Cost..

5. Il motivo deve ritenersi infondato alla luce della giurisprudenza di legittimità che ha ribadito come il doppio grado di giurisdizione è “privo di copertura costituzionale (cfr. Corte Cost. n. 80 e 395 del 1988; n. 543 del 1989; n. 433 del 1990; n. 438 del 1994). Specificamente con riferimento al procedimento per il riconoscimento della protezione internazionale questa Corte (Cass. civ. sez. I, n. 28119 del 5 novembre 2018) ha affermato che, pur dovendosi considerare il rilievo primario del diritto alla protezione internazionale, deve, per altro verso, sottolinearsi, ai fini della verifica di compatibilità costituzionale della eliminazione del giudizio di appello, che il ricorso in esame è preceduto da una fase amministrativa, destinata a svolgersi dinanzi ad un personale specializzato, nell’ambito del quale l’istante è posto in condizioni di illustrare pienamente le proprie ragioni attraverso il colloquio destinato a svolgersi dinanzi alle C.T., di guisa che la soppressione dell’appello si giustifica anche per il fatto che il giudice è chiamato ad intervenire in un contesto in cui è stato già acquisito l’elemento istruttorio centrale – l’audizione del richiedente asilo – per i fini dello scrutinio della fondatezza della domanda di protezione, il che concorre a far ritenere superfluo il giudizio di appello. L’eliminazione del secondo grado di merito è inoltre compatibile con la giurisprudenza della Corte di Giustizia UE che (nella causa Samba-Diouf, C-69/10) ha rilevato che il diritto ad un ricorso effettivo ai sensi della legislazione UE non dà diritto ad un certo numero di gradi di giudizio.

6. Con il secondo motivo si deduce violazione e falsa applicazione di legge, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, e al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3, per il diniego della protezione umanitaria.

7. Il motivo è inammissibile (e comunque infondato) perchè del tutto generico quanto alla deduzione di violazione o falsa applicazione delle norme citate. Il Tribunale ha escluso la ricorrenza dei presupposti per la concessione della protezione umanitaria sulla base delle stesse affermazioni del richiedente asilo, rese nell’audizione effettuata nel corso del giudizio, rilevando la insussistenza e comunque l’inattualità di una situazione di vulnerabilità in caso di rientro in patria mentre ha ritenuto la non significatività della frequentazione del corso di lingua italiana come condizione di integrazione nella realtà sociale e economica del paese di accoglienza. Si tratta di una valutazione di merito che può ritenersi conforme alla giurisprudenza in tema di protezione umanitaria (Cass. civ., sez. I n. 4455 del 23 febbraio 2018) invocata dal ricorrente.

8. Il ricorso per cassazione va pertanto respinto senza statuizioni sulle spese processuali del giudizio di cassazione. Non sussistono i presupposti per l’applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater in relazione alla successiva ammissione al patrocinio a spese dello Stato deliberato il 17 gennaio 2018 dal C.O.A. di Cagliari.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della insussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 5 marzo 2019.

Depositato in Cancelleria il 7 ottobre 2019

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