Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25015 del 23/10/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 23/10/2017, (ud. 25/05/2017, dep.23/10/2017),  n. 25015

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antoni – Presidente –

Dott. CURCIO Laura – Consigliere –

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Fabrizio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 8119-2012 proposto da:

C.A., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA VITTORIO MONTIGLIO 67, presso lo studio dell’avvocato

DOMENICO FEMIA, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato

RAFFAELE RIGITANO, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

POSTE ITALIANE S.P.A., C.F. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE

MAZZINI 134, presso lo studio dell’avvocato LUIGI FIORILLO, che la

rappresenta e difende, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2149/2011 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 22/03/2011 R.G.N. 7995/09.

Fatto

RILEVATO

che con sentenza del 22 marzo 2011 la Corte di Appello di Roma ha confermato la pronuncia di primo grado che aveva respinto il ricorso proposto da C.A. nei confronti delle Poste Italiane Spa volto a far accertare l’esistenza di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato in ragione dell’illegittimità del termine apposto, ai sensi del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 2, comma 1-bis, così come modificato dalla L. n. 266 del 2005, al contratto intercorso tra le parti tra il 3 novembre 2006 ed il 31 gennaio 2007;

che avverso tale sentenza C.A. ha proposto ricorso affidato a plurime censure, illustrate da memoria, cui ha opposto difese la società con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che il primo motivo denuncia, sotto vari profili, violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 2, comma 1-bis per avere la Corte territoriale ritenuto il contratto a termine oggetto di impugnativa conforme all’accordo quadro di cui alla direttiva comunitaria 1999/70/CE, in particolare non contenendo esso la specifica indicazione delle concrete ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo di cui al D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1; che il secondo motivo lamenta omessa ed insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, anche avuto riguardo al rispetto della cd. clausola di contingentamento;

che le censure non possono trovare accoglimento alla luce dei principi di diritto affermati da Cass. SS.UU. n. 11374 del 2016 con cui si è statuito che: “le assunzioni a tempo determinato, effettuate da imprese concessionarie di servizi nel settore delle poste, che presentino i requisiti specificati dal comma 1 bis del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 2, non necessitano anche dell’indicazione delle ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo ai sensi dell’art. 1, comma 1 medesimo D.Lgs., trattandosi di ambito nel quale la valutazione sulla sussistenza della giustificazione è stata operata “ex ante” direttamente dal legislatore”; “in tema di rapporti di lavoro nel settore delle poste, la stipula in successione tra loro di contratti a tempo determinato nel rispetto della disciplina di cui al D.Lgs. n. 368 del 2001, e successive integrazioni, applicabile “ratione temporis”, è legittima, dovendosi ritenere la normativa nazionale interna non in contrasto con la clausola n. 5 dell’Accordo Quadro, recepito nella Direttiva n.1999/70/CE, atteso che l’ordinamento italiano e, in ispecie, l’art. 5 D.Lgs. n. 368 cit., come integrato dalla L. n. 247 del 2007, art. 1, commi 40 e 43, impone di considerare tutti i contratti a termine stipulati tra le parti, a prescindere dai periodi di interruzione tra essi intercorrenti, inglobandoli nel calcolo della durata massima (36 mesi), la cui violazione comporta la trasformazione a tempo indeterminato del rapporto”;

che a tale pronuncia, qui condivisa, si rinvia integralmente per ogni ulteriore aspetto sollevato da parte ricorrente, evidenziando altresì l’inammissibilità della doglianza contenuta nel secondo motivo con cui si lamenta che la società non avrebbe provato di avere rispettato la percentuale del 15% nelle assunzioni a termine rispetto all’organico aziendale, stante l’inconferenza rispetto al decisum della Corte territoriale che ha invece espressamente rilevato come “nessuna censura” era stata mossa in sede d’appello alla pronuncia di primo grado nella parte in cui era stato ritenuto “provato il rispetto del limite quantitativo del 15%”;

che il ricorso deve essere conclusivamente respinto con compensazione delle spese del giudizio di legittimità tenuto conto dell’intervento delle Sezioni unite successivo alla proposizione del ricorso per cassazione.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 25 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 23 ottobre 2017

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