Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25014 del 23/10/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 23/10/2017, (ud. 25/05/2017, dep.23/10/2017),  n. 25014

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antoni – Presidente –

Dott. CURCIO Laura – Consigliere –

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Fabrizio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 8094-2012 proposto da:

POSTE ITALIANE S.P.A., C.F. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE

MAZZINI 134, presso lo studio dell’avvocato LUIGI FIORILLO, che la

rappresenta e difende, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

E.N., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CARLO POMA 4

SC.E, presso lo studio dell’avvocato CARLO DE MARCHIS, che lo

rappresenta e difende, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 9429/2010 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 21/03/2011 R.G.N. 4059/08.

Fatto

RILEVATO

che con sentenza in data 21 marzo 2011 la Corte di Appello di Roma ha confermato la pronuncia di primo grado nella parte in cui aveva dichiarato la nullità della clausola appositiva del termine per esigenze tecniche, organizzative e produttive, anche di carattere straordinario conseguenti a processi di riorganizzazione, derivanti dall’attuazione di previsioni di accordi sindacali del 2001/2002, di cui al contratto di lavoro stipulato per il periodo 17.5.2002 30.6.2002 tra E.N. e Poste Italiane Spa, nonchè la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato tra dette parti, con condanna della società al risarcimento del danno dalla messa in mora;

che avverso tale sentenza Poste Italiane Spa ha proposto ricorso affidato a plurimi motivi, cui ha resistito l’intimato con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che il primo motivo, con cui si denuncia omessa motivazione per violazione di legge, in particolare dell’art. 1372 c.c., per non avere la Corte territoriale pronunciato in merito all’eccezione di scioglimento del contratto per mutuo consenso, è inammissibile in quanto non viene riportato il contenuto degli atti processuali dai quali ricavare che la questione era stata sollevata nel giudizio di primo grado ed eventualmente coltivata in appello;

che il secondo motivo, con cui si deduce violazione e falsa applicazione di legge, per avere la Corte di appello ritenuto generica la motivazione posta a fondamento dell’assunzione, non può trovare accoglimento per le ragioni già espresse da questa Corte in controversie analoghe (da ultimo v. Cass. nn. 10019, 10020 e 4906 del 2017);

che infatti nella sentenza impugnata vi è un argomentato e critico esame del contenuto dei citati accordi sindacali, integrante un accertamento di fatto, insindacabile in sede di legittimità (in termini v. giurisprudenza innanzi citata), in quanto correttamente e congruamente motivato (v. pag. 5 sent.);

che il terzo motivo lamenta contraddittoria motivazione per la mancata ammissione di un capitolo di prova; il quarto motivo denuncia violazione e falsa applicazione di legge sostenendo che costituiva onere del lavoratore provare l’estraneità della sua assunzione rispetto alle esigenze individuate in seno al contratto;

che tali censure sono inammissibili in quanto inconferenti rispetto al decisum che si fonda sul difetto formale di mancanza di specificità della clausola appositiva del termine piuttosto che sulla mancanza di prova della ricorrenza delle condizioni in fatto che giustificassero il ricorso al contratto a termine;

che il quinto motivo, attinente alle richieste economiche del lavoratore, che avrebbe avuto diritto alle retribuzioni solo dal momento della effettiva ripresa in servizio, cui si connette la richiesta di applicazione della L. n. 183 del 2010, art. 32 va accolto per quanto di ragione, essendo applicabile lo ius superveniens rappresentato dalla L. 4 novembre 2010, n. 183, art. 32 commi 5, 6 e 7, secondo l’orientamento consolidato di questa Corte (v. fra le altre Cass. n. 16763 del 2015 ed i precedenti ivi richiamati); nè rileva l’avvenuta abrogazione dell’art. 32, commi 5 e 6, della L. n. 183 del 2010 ad opera del D.Lgs. 15 giugno 2015, n. 81, art. 55, lett. f, (cfr. Cass. n. 7132 del 2016);

che le Sezioni unite di questa Corte, con la sent. n. 21691 del 2016, hanno statuito che “in tema di ricorso per cassazione, la censura ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, può concernere anche la violazione di disposizioni emanate dopo la pubblicazione della sentenza impugnata, ove retroattive e, quindi, applicabili al rapporto dedotto, atteso che non richiede necessariamente un errore, avendo ad oggetto il giudizio di legittimità non l’operato del giudice, ma la conformità della decisione adottata all’ordinamento giuridico”; hanno altresì chiarito che “il ricorso per cassazione per violazione di legge sopravvenuta retroattiva incontra il limite del giudicato, che, tuttavia, ove sia stato proposto appello, sebbene limitatamente al capo della sentenza concernente l’illegittimità del termine apposto al contratto di lavoro, non è configurabile in ordine al capo concernente le conseguenze risarcitorie, legato al primo da un nesso di causalità imprescindibile, atteso che, in base al combinato disposto dell’art. 329 c.p.c., comma 2, e art. 336 c.p.c., comma 1, l’impugnazione nei confronti della parte principale della decisione impedisce la formazione del giudicato interno sulla parte da essa dipendente”;

che dunque non vi è giudicato sulle conseguenze risarcitorie sino a quando resta impugnato l’an sulla illegittimità del termine ed ove questa statuizione venga confermata occorre tenere conto della L. n. 183 del 2010, art. 32 affinchè la decisione adottata sia conforme all’ordinamento giuridico;

che, pertanto, respinti i primi quattro motivi di ricorso, va accolto l’ultimo nei sensi e nei limiti del detto ius superveniens, con la conseguente cassazione della sentenza impugnata in relazione ad esso e con rinvio per il riesame, sul punto, alla Corte di Appello indicata in dispositivo, che dovrà limitarsi a quantificare l’indennità spettante ex art. 32 cit. per il periodo compreso fra la scadenza del termine e la pronuncia del provvedimento con il quale il giudice ha ordinato la ricostituzione del rapporto di lavoro (cfr., per tutte, Cass. n. 14461 del 2015), con interessi e rivalutazione su detta indennità da calcolarsi a decorrere dalla data della pronuncia giudiziaria dichiarativa della illegittimità della clausola appositiva del termine (cfr. per tutte Cass. n. 3062 del 2016), provvedendo altresì alle spese del giudizio.

PQM

La Corte accoglie il motivo concernente l’applicazione della L. n. 183 del 2010, art. 32 rigettati gli altri, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte di Appello di Roma, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 25 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 23 ottobre 2017

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