Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25010 del 06/12/2016


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Cassazione civile sez. VI, 06/12/2016, (ud. 10/11/2016, dep. 06/12/2016), n.25010

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –

Dott. MOCCI Mauro – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – rel. Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23879/2014 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELIO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

D.V.L., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA E. Q.

VISCONTI 99, presso lo studio dell’avvocato GIOVANNI BATTISTA CONTE,

che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato SAMUELE

DONATELLI, giusta procura speciale a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 163/2013 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della PUGLIA SIZIONE DISTACCATA di TARANTO del 24/09/2013,

depositata il 26/09/2013;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

10/11/2016 dal Consigliere Relatore Dott. GIULIA IOFRIDA.

Fatto

IN FATTO

L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi, nei confronti di D.V.L. (che resiste con controricorso), avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Puglia Sez. staccata di Taranto n. 163/29/2013, depositata in data 26/09/2013, con la quale – in controversia concernente l’impugnazione di un avviso di liquidazione per imposta di registro ed accessori dovuti dal de cuius D.V.G., in relazione ad una sentenza civile del Tribunale di Taranto, riguardante indennità di esproprio di alcune aree, – è stata confermata la decisione di primo grado, che aveva accolto il ricorso del contribuente (per mancata allegazione, all’avviso, del titolo giudiziale richiamato).

In particolare, i giudici d’appello hanno dichiarato improcedibile il gravame dell’Agenzia delle Entrate, per “sopravvenuta cessazione della materia del contendere”, essendo stato il titolo giudiziale posto a base della prima liquidazione dell’Ufficio, oggetto del presente giudizio, posto nel nulla, per effetto di nuova statuizione della Corte d’Appello di Lecce, con sentenza pubblicata il 26/09/2005, passata in giudicato, “regolarmente tassata”, con emissione di un secondo avviso di liquidazione, pagato dai contribuenti.

A seguito di deposito di relazione ex art. 380 bis c.p.c., è stata fissata l’adunanza della Corte in Camera di consiglio, con rituale comunicazione alle parti.

Si dà atto che il Collegio ha disposto la redazione della ordinanza con motivazione semplificata.

Diritto

IN DIRITTO

1. La ricorrente lamenta, con il primo motivo, la nullità della sentenza, ex art. 360 c.p.c., n. 4, per violazione e falsa applicazione della L. n. 546 del 1992, artt. 24 e 57, avendo i giudici accolto la questione relativa agli effetti nel presente giudizio della sentenza della Corte d’appello di Lecce del settembre 2005 (pubblicata anteriormente al deposito del ricorso introduttivo del giudizio), introdotta dal contribuente soltanto con una memoria del 2007, al di fuori dei limiti di cui all’art. 24 citato. Con il secondo motivo, la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, del D.M. n. 131 del 1986, art. 37, avendo i giudici della C.T.R. errato nel ritenere che la sentenza di riforma di quella resa dal Tribunale di Taranto potesse elidere il presupposto posto a base dell’avviso di liquidazione, laddove essa integrava semmai “un autonomo titolo per l’esercizio dei diritti al conguaglio o al rimborso dell’imposta medesima da fare valere in via autonoma”.

2. La prima censura è infondata.

La ha pronunciato la cessazione della materia del contendere per sopravvenuta carenza di interesse della parte appellante, affermando che, stante l’emissione, da parte dell’Ufficio, di un secondo avviso di liquidazione dell’imposta di registro dovuta, sulla base della sentenza resa dalla Corte d’appello di Lecce, divenuta definitiva, avviso regolarmente pagato, era venuto meno l’interesse ad agire da parte dell’Ufficio per il pagamento dell’imposta spettante in base al primo avviso (sostituito dal successivo atto).

Ora, non ricorre il lamentato vizio di pronuncia su questione (formazione del giudicato) inammissibile, essendo stata solo tardivamente prospettata dal contribuente, in quanto, alla data di proposizione del ricorso introduttivo, dinanzi alla C.T.P., da parte del contribuente (“5/10/2005”, come risulta dallo stesso ricorso dell’Agenzia delle Entrate, pag. 4), il giudicato sulla sentenza della Corte d’Appello di Lecce, pubblicata “in data 26/09/2005 – (come esposto in sentenza) non si era ancora formato, con conseguente legittima sua deduzione, successivamente, nella memoria D.Lgs. n. 546 del 1999, ex art. 24.

3. Anche il secondo motivo è infondato.

Invero, il pagamento dell’imposta, richiesto sulla base dell’originario titolo giudiziale, è successivamente divenuto privo di presupposto impositivo, con conseguente obbligo di immediato rimborso da parte della medesima amministrazione. Questa Corte (Cass. 24097/2014; Cass. 19953/2005) ha affermato che “in tema d’imposta di registro del D.P.R 26 aprile 1986, n. 131, ex art. 37, sugli atti dell’autorità qualora il provvedimento giudiziario (nella specie decreto ingiuntivo) sia stato definitivamente annullato e sia, quindi, venuta meno l’attribuzione patrimoniale che giustifica il tributo, l’Amministrazione finanziaria, che abbia correttamente emesso l’avviso di liquidazione dell’imposta principale e la relativa cartella di pagamento, senza procedere alla riscossione, non ha interesse, nonostante la soccombenza, ricorrere per cassazione avverso la sentenza di annullamento della cartella, emessa dal giudice tributario d’appello, in quanto è venuto meno il presupposto dell’imposta, il cui pagamento comporterebbe la necessità dell’immediato rimborso”.

La sentenza della è pertanto conforme al suddetto principio di diritto, avendo affermato la sopravvenuta carenza di interesse dell’Amministrazione a coltivare il giudizio, vertente sul primo avviso di liquidazione di imposta.

3. Per tutto quanto sopra esposto, va respinto il ricorso.

Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

Non sussistono i presupposti per il versamento del doppio contributo unificato da parte della ricorrente, poichè il disposto del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, non si applica all’Agenzia delle Entrate (Cass. SSUU 9938/2014).

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al rimborso delle spese processuali, liquidate in complessivi Euro 3.500,00, a titolo di compensi, oltre accessori di legge e rimborso forfettario spese generali, nella misura del 15%.

Così deciso in Roma, il 10 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 6 dicembre 2016

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