Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2501 del 01/02/2018


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 2501 Anno 2018
Presidente: DIDONE ANTONIO
Relatore: FERRO MASSIMO

Data pubblicazione: 01/02/2018

SENTENZA
Sul ricorso proposto da:
UNIONE EURO-AMERICANA di ASSICURAZIONI s.p.a., in
L.C.A., in persona del comm. lig. p.t., rappr. e dif. dall’avv. Luca

RG 2005/2013 – g.est. m.ferro

Pescatore, elett. dom. in Roma, presso lo studio di questi, in via
Lazzaro Spallanzani n.22, come da procura a margine dell’atto
-ricorrente –

INTESA SAN PAOLO s.p.a., in persona del procuratore delegato,
rappr. e dif. dall’avv. Franco Maria Mastracchio e dall’avv. Giorgio
Assumma, elett. dom. in Roma, presso lo studio del secondo, in via
Giovanni Nicotera n.29, come da procura alle liti Notaio C.Baggio in
Torino 1.2.2013
-controricorrente per la cassazione della sentenza App. Roma 2.7.2012, n. 3500, in R.G.
n. 2563/2016;
viste le memorie del ricorrente e del controricorrente;
sentite le conclusioni del sostituto procuratore generale nella persona
della dr.ssa Anna Maria Soldi, che ha chiesto rigettarsi il ricorso;
uditi gli avvocati Pescatore per il ricorrente e Mastracchio per il
controricorrente;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
giorno 25 ottobre 2017 dal Consigliere relatore dott. Massimo Ferro.

FATTI DI CAUSA
Rilevato che:
1. UNIONE EURO-AMERICANA di ASSICURAZIONI s.p.a., in L.C.A.
impugna la sentenza App. Roma 2.7.2012, n. 3500, in R.G. n.
2563/2016 con cui veniva rigettato il suo appello avverso la sentenza
Trib. Roma 29.3.2005, n.7035/05 che, in accoglimento dell’opposizione
allo stato passivo proposta dall’allora Banco di Napoli, ha ammesso lo
stesso al passivo della I.c.a per euro 11.879.099,85 al chirografo, così
riconoscendo l’efficacia delle lettere di patronage già rilasciate dalla
società assicuratrice in favore della banca a garanzia di due
finanziamenti in ECU contratti con IFI s.p.a.;

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Pag 2 di

Contro

2. per la corte, l’infondatezza dell’appello procedeva dal
riconoscimento che a) non poteva invocarsi il giudicato formatosi sulla
inefficacia delle lettere di patronage a seguito della sorte dei giudizi di
opposizione a decreto ingiuntivo, promossi avanti al Tribunale di Milano
e definiti con l’accoglimento delle opposizioni e revoca dei

ingiungente) Banco di Napoli, cancellati dal ruolo in sede di appello ma
relativi ad opposizioni interrotte per messa in I.c.a. di tre società
intimate e co-garanti (tra cui Unione euro-americana) e con
riassunzione delle due opposizioni a cura della sola Milano
Assicurazioni, unica compagnia rimasta in bonis e con atto transattivo,
concluso tra questa e Banco di Napoli, per cui la revoca dei decreti
opposti non riguardava la Unione in I.c.a. bensì Milano Assicurazioni e
comunque inefficaci verso la I.c.a. perché opposti prima dell’avvio della
procedura, senza alcun passaggio in giudicato, stante la citata
transazione; b) non sussisteva alcuna estraneità delle citate lettere
rispetto all’oggetto sociale e ai limiti normativi posti a presidio della
integrità patrimoniale, per esser stata la garanzia prestata in favore
della attività di IFI, finanziaria del gruppo Tirrena (cui apparteneva
l’odierna ricorrente), non avendo la I.c.a. altrimenti provato
l’eccedenza dell’atto rispetto all’oggetto sociale e la mala fede della
banca, in coerenza in concreto con la finalizzazione dell’atto alla
conservazione del valore della partecipazione azionaria, dunque
integrando un interesse economico rilevante della società garante; c)
era escluso ogni riconoscibile conflitto d’interesse di Giovanni Amabile,
sottoscrittore delle garanzie, amministratore delegato di Unione euroamericana e nel c.d.a. dell’IFI; d) inammissibile era il motivo di
gravame sulla pretesa applicazione del diritto inglese, come da volontà
delle parti, per difetto di specificità circa le conseguenze delle regole
interpretative invocate sul decisum, atteso il tenore delle lettere di
patronage, da esaminare nel contenuto e semnn i anche sulla base
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di

provvedimenti perché si trattava di gravami instaurati dal (già

delle regole di common law, trattandosi di ‘impegno forte’ a non cedere
la partecipazione e ad assumere, in caso di cessione, il residuo debito
del finanziato; e) la validità dell’obbligazione assunta con la lettera di
patronage non era smentita dalla supposta indeterminatezza della
salvaguardia della solvibilità della finanziaria in cui essa si risolveva,

prestazione restitutoria specifica atipicamente garantita e senza rilievo
simmetrico per la entità della partecipazione rispetto al debito, tenuto
conto che risultava violato anche l’impegno del patronnant alla non
cessione e l’assunzione del residuo configurava un inadempimento
contrattuale; f) non sussisteva la possibilità per la I.c.a. di escludere la
banca quanto al credito già incassato per effetto della transazione con
Milano Assicurazioni, non risultando appieno la “dichiarazione di
volerne profittare” e, sul punto, difettando l’appello di specificità,
perché redatto come vizio di omessa pronuncia e non extrapetizione,
conseguendone il giudicato sulla decisione del tribunale di non
spettanza alla I.c.a. del predetto diritto ad avvalersi della transazione
e ciò precludendo alla corte ogni indagine sull’oggetto della
transazione, se tutto il debito o la quota della Milano Assicurazioni,
tanto più che la richiesta di riduzione dell’ammissione al passivo,
benché risultante da pagamento parziale (post procedura) integrante
eccezione in senso lato, non soggetta a limiti, confliggeva con la
garanzia data dall’art.61 I.f. al creditore comune, cioè il diritto ad
insinuare l’intero credito fino al pagamento totale; g) il tasso di cambio
applicato per la quantificazione del debito doveva infine rapportarsi alla
data di emanazione dell’atto amministrativo che dispone la I.c.a. e non
a quella della pubblicazione in G.U.;
3. con sei motivi, il ricorrente deduce l’erroneità della sentenza
per a) vizio di motivazione sul punto della efficacia delle lettere di
patronage, perché la corte ha trascurato che proprio il rilascio di tali
garanzie integrava un’attività extra-assicurativa sistematica
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Pag.

dovendosi valutare la medesima esclusivamente in rapporto alla

incompatibile con il limite dell’art.5 I. n.295/1978; b) violazione degli
artt.130 r.d. n. 63/1925, 5 e 89 I. n. 295/1978, 15 prel. c.c., nonché
vizio di motivazione, ove la sentenza ha negato la natura di operazioni
estranee all’esercizio assicurativo, vietate da norme imperative anche
ove ‘singole’ dal cit. art.130, non abrogato dalla I.n. 295/1978, cui solo

violazione degli artt.2384, 2384-bis e 2697 c.c., 115 c.p.c., nonché
vizio di motivazione, in tema di estensione dei poteri degli
amministratori di società di capitali, con riferimento all’estraneità delle
garanzie prese rispetto all’oggetto sociale, senza corrispettivo, a
beneficio di società collegata e non enunciando i vantaggi
compensativi; d) violazione del giudicato sulla ‘domanda di
profittannento’ svolta ex art.1304 c.c. dalla ricorrente e che sarebbe
stata decisa negativamente dal tribunale sul punto, conseguendone il
passaggio in giudicato sulla qualificazione di tale azione, con obbligo
della corte di pronunciarsi, per avere la Unione euro-americana
ribadito la richiesta di detrazione dall’ammissione al passivo della
banca dell’importo da questa già ricevuto da un altro dei co-garanti
(Milano Assicurazioni), proprio a sviluppo di quella domanda

ex

art.1304 c.c.; e) violazione ulteriore degli artt.1304 e 2909 c.c., in
punto di ‘profittamento della transazione”, nonché 346 c.p.c., avendo
la I.c.a. – rideducendo avanti alla corte la richiesta di esclusione o
diminuzione dell’ammissione al passivo della banca – manifestato
l’intento di coltivare la facoltà di avvalersi della transazione conclusa e
realizzata dal co-garante; f) violazione delle norme sulla necessaria
interpretazione della citata transazione, avendo omesso la corte di
verificare se essa riguardava l’intero debito sociale o solo la quota del
co-garante.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Considerato che:

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si riferiva il precedente di S.U. n. 30174/2011 applicato dal giudice; c)

1. i primi due motivi di ricorso, da trattare in via congiunta per la
loro connessione, sono inammissibili, per plurimi profili; va innanzitutto
premesso che proprio Cass. s.u. 30174/2011, avendo riguardo a «due
lettere di patronage con le quali, negli ultimi mesi del 1989, la Tirrena
aveva prestato garanzia per debiti bancari facenti capo … ad una

risoluzione di due questioni di massima importanza, fatto espressa
applicazione dell’art.5 della I. 10.6.1978, n.295, per il cui co.2

La

società e gli istituti di cui al precedente comma debbono limitare
l’oggetto sociale allo esercizio dell’attività assicurativa, riassicurativa e
di capitalizzazione e delle operazioni connesse a tali attività, con
esclusione di qualsiasi altra attività commerciale; tale statuizione, a
superamento dei precedenti (Cass. 21247/2010) di cui aveva tenuto
conto l’ordinanza di rimessione Cass. 2346/2011, conferma che la
disciplina applicabile alla fattispecie non va individuata nell’anteriore
art.130 del r.d. 4.1.1925, n.63 (Regolamento per la esecuzione del
R.D.L. 29 aprile 1923, n. 966, concernente l’esercizio delle
assicurazioni private), posto che la citata legge n.295/1978 aveva una
manifesta funzione di riordino dell’intera materia delle assicurazioni
contro i danni, tant’è che l’art 89, co.4 fissava l’abrogazione di

ogni

disposizione contraria o incompatibile con quella della presente legge,
mentre a sua volta l’art. 354 co.1 dell’attuale codice delle assicurazioni
(d.lgs. 7.9.20005, n.209) ha precisato che sono o restano abrogati, tra
gli altri, anche il r.d. n.63/1925; i motivi, per tale profilo, sono
inammissibili ex art.360bis n.1 c.p.c.;
2. ciò premesso, la ricorrente non ha più specificamente
individuato quale sarebbe stata la decisività del richiamo al cit. art.130,
poiché la disposizione, ove vieta ad ogni impresa di assicurazione, di
riassicurazione, di capitalizzazione e di risparmio di fare operazioni
estranee all’esercizio delle dette industrie, non può essere letta così da
precludere l’adozione di atti che, per la loro strumentalità all’oggetto
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Pag A,
IP

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società indirettamente controllata dalla medesima», ha, in sede di

sociale assicurativo, ne siano la proiezione funzionale; anche dunque il
letterale richiamo alla mera estraneità delle singole operazioni, quale
vincolo più stringente dell’impedimento a svolgere una diversa attività
commerciale, non può provocare alcun giudizio di nullità dell’atto
censurato, come chiesto dalla ricorrente, ove il citato nesso sia stato

giudice di merito e in questa sede insindacabile; e la corte ha invero
istituito un legame tra lettres de patronage prestate da Unione euroamericana, oggetto sociale della stessa, esigenza di conservazione del
valore della partecipata IFI, proporzione della stessa operazione di
rischio, assunta quale co-garante e dunque insieme ad altre tre società
del medesimo gruppo Tirrena; la decisione, anche nel rinvenimento di
un interesse diretto del patronnant ed ai benefici ritraibili nel gruppo,
appare conforme a Cass. s.u. 30174/2011 ove puntualizza che
«l’assunzione di garanzie per debiti di terzi potrebbe assumere i
connotati di un’attività imprenditoriale extrassicurativa, in quanto si
esplicasse in modo sistematico e nei confronti di un’indeterminata
platea di soggetti, venendo perciò a rivestire le sembianze di un’attività
di tipo finanziario, che comporterebbe l’assunzione di un rischio
d’impresa ulteriore e diverso da quello assicurativo. Ma non è questo il
caso della prestazione di singole garanzie in favore di società facenti
parte di un gruppo di cui la stessa impresa assicurativa è a capo.»
(conf. Cass. 27547/2014, 20107/2015); le lettres de patronages non
hanno dunque immutato il rischio d’impresa della debitrice ora in I.c.a.
né quali operazioni singolarmente eccedenti il perseguimento del core
business assicurativo, né quali atti integranti «l’assunzione di un rischio
imprenditoriale indipendente e estraneo rispetto a quello tipico
dell’assicuratore»;
3. il terzo motivo di ricorso è inammissibile, risolvendosi in una
mera censura sulla motivazione dell’interesse della Unione euroamericana al rilascio delle lettere di
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patronage, dunque volta a
P

riconoscibilmente affermato, secondo un apprezzamento riservato al

sostituire un diverso apprezzamento rispetto a quello conferito dal
giudice di merito a circostanze selezionate per la loro concludenza ed
idonee a comprovare, come anticipato, la connessione delle citate due
operazioni all’interesse economico, sia pure mediato e indiretto, ma di
giuridico rilevo, della società, appartenente al medesimo gruppo delle

prova della mala fede della banca-terzo, alla stregua dell’art.2384-bis
c.c. ratione temporis vigente;
4. il quarto, quinto e sesto motivo sono fondati; appare
incontroverso che la I.c.a. ha palesato nel giudizio, sin dal primo grado,
il proprio intento di profittare della transazione conclusa dal co-garante
Milano Assicurazioni con il comune creditore (la banca), per gli effetti
di cui all’art.1304 co.1 c.c. e così avversando anche per questa ragione,
in toto ovvero per la parte pagata, l’ammissione al passivo nel
frattempo conseguita, con sentenza del tribunale, da parte della banca
stessa; opera in tema il principio per cui

«la dichiarazione del

condebitore di voler profittare della transazione stipulata con il
creditore dal condebitore in solido ai sensi dell’art. 1304, primo comma,
cod. civ. non costituisce un’eccezione da far valere nei tempi e nei modi
processuali ad essa pertinenti, bensì un diritto potestativo esercitabile
anche nel corso del processo, senza requisiti di forma né limiti di
decadenza.» (Cass. 20250/2014, Cass. 3747/2005); si tratta di criterio
orientativo anche per l’interpretazione della domanda della parte e del
tenore della sua impugnazione, la seconda del tutto irragionevolmente
ritenuta assente perché non diretta allo specifico capo della sentenza
del tribunale che aveva negato i presupposti per l’operatività
dell’art.1304 c.c., bensì prospettata come omessa pronuncia sulla
richiesta di detrazione del corrispondente importo da quello ammesso
al passivo; invero, la posizione processuale della liquidatela, agendo
non per conseguire un proprio attivo ma per limitare il passivo
concorsuale, nel giudizio di opposizione ex artt.209-98 I.f., si declina
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co-garanti e così controllante la beneficiaria, nonché la non raggiunta

proprio contestando il credito del terzo ed eccependone una causa
estintiva, come avvenuto;
5. per altra parte, la sentenza è derivativamente errata ove ha
ritenuto irrilevante stabilire se la transazione conclusa dal co-garante
si riferisse all’intero credito ovvero alla sola quota di coobbligazione;

comma 1, c.c., si riferisce unicamente alla transazione che abbia ad
oggetto l’intero debito, e non la sola quota del debitore con cui è
stipulata, poiché è la comunanza dell’oggetto della transazione che
comporta, in deroga al principio secondo cui il contratto produce effetti
solo tra le parti, la possibilità per il condebitore solidale di avvalersene
pur non avendo partecipato alla sua stipulazione. Se, invece, la
transazione stipulata tra il creditore ed uno dei condebitori solidali ha
avuto ad oggetto la sola quota del condebitore che l’ha stipulata,
occorre distinguere: nel caso in cui il condebitore che ha transatto ha
versato una somma pari o superiore alla sua quota ideale di debito, il
residuo debito gravante sugli altri debitori in solido si riduce in misura
corrispondente all’importo pagato; nel caso in cui, invece, il pagamento
è stato inferiore, il debito residuo gravante sugli altri coobbligati deve
essere ridotto in misura pari alla quota di chi ha transatto.» (Cass.
23418/2016; 20107/2015); e diviene pertanto fondamentale che il
giudice del merito proceda al relativo accertamento, ai fini di stabilire
se, in applicazione dell’art.61 I.f., vi sia solo riduzione del debito del
condebitore restando impregiudicata l’ammissione per intero del
creditore (essendo già emerso che il pagamento è avvenuto dopo
l’instaurazione della I.c.a.) ovvero se la transazione si sia riferita
all’intero credito, con declinazione diversa del menzionato diritto
potestativo del condebitore di profittarne;

«né tale conseguenza

potrebbe essere evitata introducendo nella transazione per l’intero
debito una clausola di contrario tenore, per l’ovvia considerazione che
una simile clausola sarebbe destinata ad incidere su un diritto
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Pag.

vige in tema il principio, cui dare continuità, per cui «l’art. 1304,

potestativo che la legge attribuisce ad un soggetto terzo, rispetto ai
contraenti, e del quale perciò questi ultimi non sarebbero legittimati a
disporre.» (Cass. 20107/2015; Cass. s.u. 30174/2011);
6. il ricorso è dunque fondato quanto ai motivi dal quarto al sesto,
inammissibile per i primi tre, con cassazione e rinvio, anche per le

P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso quanto ai motivi quarto i_guinto, e sesto,_Ì_
dichiara inammissibili i primi tre motivi; cassa e rinvia alla Corte
d’appello di Roma, in diversa composizione, anche per la liquidazione
delle spese.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 25 ottobre 2017.

spese del presente procedimento.

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