Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25008 del 06/11/2013


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 25008 Anno 2013
Presidente: ROVELLI LUIGI ANTONIO
Relatore: SAN GIORGIO MARIA ROSARIA

SENTENZA

sul ricorso 14594-2012 proposto da:
CALBUCCI WILLIAM CLBWLM66C06C574W, CALBUCCI LORIS
CLBLRS62B19Z133X, elettivamente domiciliati in ROMA,
VIA DEI GERANI 6, presso lo studio dell’avvocato
DIEGO MARRA, rappresentati e difesi dagli avvocati
ZAULI MENOTTO, ZAULI CARLO;
– ricorrenti –

2013
1109

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA 8018440587, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso
AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

Data pubblicazione: 06/11/2013

s.

difende;

resistente

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di ANCONA,
depositata il 22/04/2011;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica

,

ROSARIA SAN GIORGIO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. SERGIO DEL CORE che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso.

udienza del 18/04/2013 dal Consigliere Dott. MARIA

:

Lk.

Svolgimento del processo
Loris e William Calbucci hanno impugnato per cassazione deducendo quattro motivi di censura, illustrati anche con memoria
nei confronti del Ministero della giustizia, il decreto,
depositato in data 22 aprile 2011, con il quale la Corte d’appello

ottenere l’equa riparazione dei danni non patrimoniali ai sensi
della L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 2, comma l, in contumacia del
Ministero della giustizia, aveva condannato quest’ultimo a pagare
ai ricorrenti la somma di Euro 4250,00, a titolo di equa
riparazione, oltre gli interessi dalla pronuncia al saldo,
condannandolo altresì alle spese del giudizio, previa
compensazione per il cinquanta per cento.
In particolare, la domanda di equa riparazione per
l’irragionevole durata del processo presupposto era fondata sui
seguenti fatti: a) gli odierni ricorrenti avevano promosso una
causa dinanzi al Tribunale di Forlì con atto di citazione del
maggio 1998; b) il Tribunale adito aveva definito il giudizio con
sentenza depositata il 25 gennaio 2002, e, a seguito di gravame,
la Corte d’appello di Bologna aveva definito il secondo grado con
sentenza depositata 1’1 aprile 2009.
La Corte di merito, dopo aver precisato che il giudizio non
presentava profili di particolare complessità, ed avere rilevato
che la durata complessiva dello stesso era stata pari a dieci anni
e undici mesi (dal maggio 1998 all’aprile 2009), aveva
determinato il periodo eccedente la ragionevole durata in anni

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di Ancona, pronunciando sul ricorso degli stessi, volto ad

quattro e mesi undici, giudicando congruo il periodo di cinque
anni per la definizione dei due gradi del giudizio, cui andava
aggiunto il periodo di un anno intercorso tra la data di
pubblicazione della sentenza di primo grado e la proposizione del
gravame.

per cento le spese di lite (ponendole per il residuo a carico
dell’Amministrazione soccombente), in considerazione del
ridimensionamento nel quantum della domanda, avendo i ricorrenti
chiesto la somma di euro 15000,00 ciascuno, o, in via gradata, di
euro 7500,00 o infine di euro 1000,00 per ogni anno di durata
eccessiva del processo presupposto.
Motivi della decisione
Il Collegio, all’esito della odierna Camera di consiglio, ha
deliberato di adottare la motivazione semplificata.
Con i motivi di censura, i ricorrenti sottopongono a critica
il decreto impugnato, sostenendo che il giudice di merito: a) ha
considerato, ai fini dell’equa riparazione, il solo periodo
eccedente la ragionevole durata del processo presupposto, anziché
l’intera durata di esso (primo motivo); b) ha liquidato un
indennizzo inferiore ai parametri utilizzati dalla Corte EDU,
facendo inoltre illegittimamente decorrere gli interessi dalla
data della deliberazione del decreto, anziché da quella della
proposizione della domanda (secondo, terzo e quarto motivo).
La censura

sub a)

è infondata.

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Il giudice di merito aveva, poi, compensato per il cinquanta

Secondo il consolidato orientamento di questa Corte, in tema
di diritto ad un’equa riparazione in caso di violazione del
termine di durata ragionevole del processo, ai sensi della L. 24
marzo 2001, n. 89, l’indennizzo non deve essere correlato alla
durata dell’intero processo, bensì solo al segmento temporale

presupposta, che risulti in punto di fatto ingiustificato o
irragionevole, in base a quanto stabilito dall’art. 2, comma 3, di
detta legge, conformemente al principio enunciato dall’art. 111
Cost., che prevede che il giusto processo abbia comunque una
durata connaturata alle sue caratteristiche concrete e peculiari,
seppure contenuta entro il limite della ragionevolezza. Questo
parametro di calcolo, che non tiene conto del periodo di durata
ordinario e ragionevole, non esclude la complessiva attitudine
della L. n. 89 del 2001, a garantire un serio ristoro per la
lesione del diritto in questione, come riconosciuto dalla stessa
Corte europea nella sentenza 27 marzo 2003, resa sul ricorso n,
36813/97, e non si pone, quindi, in contrasto con l’art. 6, par.
l, della Convezione europea dei diritti dell’uomo” (Sez. 1^,
Ordinanza n. 3716 del 14/02/2008, 13 gennaio 2011, n. 727). Nè
rileva il contrario orientamento della giurisprudenza della Corte
europea dei diritti dell’uomo, poiché il giudice nazionale è
tenuto ad applicare le norme dello Stato e, quindi, il disposto
dell’art. 2, comma 3, lett. a) della citata

legge;

non può,

infatti, ravvisarsi un obbligo di diretta applicazione dei criteri
di determinazione della riparazione della Corte europea dei

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eccedente la durata ragionevole della vicenda processuale

diritti dell’uomo, attraverso una disapplicazione della norma
nazionale, avendo la Corte costituzionale chiarito, con le
sentenze n. 348 e n. 349 del 2007, che la Convenzione europea dei
diritti dell’uomo non crea un ordinamento giuridico sopranazionale
e non produce quindi norme direttamente applicabili negli Stati

internazionale multilaterale, da cui derivano obblighi per gli
Stati contraenti, ma non l’incorporazione dell’ordinamento
giuridico italiano in un sistema più vasto, dai cui organi
deliberativi possano promanare norme vincolanti,

omisso medio, per

tutte le autorità interne (v., per tutte, Cass., sent. n. 9258 del
2011);
Anche le censure sub b) sono infondate.
Secondo il costante orientamento di questa Corte, sussistendo
il diritto all’equa riparazione per il danno non patrimoniale di
cui alla L. n. 89 del 2001, art. 2, si considera equo, in linea di
massima, l’indennizzo di Euro 750,00 per ciascuno dei primi
tre anni di irragionevole durata e di Euro 1.000,00 per ciascuno
dei successivi anni. Pertanto, il giudice di merito, avendo
indicato in quattro anni e undici mesi il periodo di durata del
processo eccedente quella ragionevole, ha complessivamente in modo
corretto liquidato la somma di euro 4250,00.
Quanto alla questione degli interessi su detta somma, l’equa
riparazione è stata determinata dalla Corte d’appello con
liquidazione espressamente effettuata all’attualità, sicché
l’importo riconosciuto è da ritenere comprensivo degli interessi

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contraenti, essendo piuttosto configurabile come trattato

maturati dalla domanda alla data del decreto (v. Cass., sent. n.
29312 del 2012).
Conclusivamente, il decreto impugnato deve essere rigettato.
Non v’è luogo a provvedimenti sulle spese, non avendo il Ministero
intimato svolto attività difensiva.

La Corte rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sesta
Sezione Civile, il 18 aprile 2013.

P.Q.M.

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