Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25001 del 09/11/2020

Cassazione civile sez. II, 09/11/2020, (ud. 11/09/2020, dep. 09/11/2020), n.25001

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – rel. Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22910/2019 proposto da:

D.A.O., rappresentato e difeso dall’avvocato CLAUDIO

PAOLONE, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– resistente –

avverso il decreto del TRIBUNALE di NAPOLI, depositata il 22/07/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

11/09/2020 dal Consigliere Dott. ROSSANA GIANNACCARI.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con decreto del 22.7.2019, il Tribunale di Napoli rigettò il ricorso di D.A.O. avverso la decisione della Commissione Territoriale di Caserta di diniego della domanda di protezione internazionale nella forma del riconoscimento dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e del diritto di rilascio di un permesso umanitario.

1.1. D.A.O., cittadino della (OMISSIS) i aveva dichiarato di aver lasciato il proprio paese per problemi con i familiari della sua ragazza, che era rimasta incinta senza essere sposati. In particolare, il ricorrente aveva riferito che il padre della ragazza, capo del villaggio, aveva ordinato alla Polizia che venisse arrestato per non aver sposato la figlia.

1.2. Il Tribunale ritenne che i motivi dell’espatrio non integrassero il fumus persecutionis perchè inerenti a ragioni di natura privata, tanto più che non risultava che egli fosse stato denunciato dai familiari della ragazza. Oltre all’assenza dei presupposti per il riconoscimento dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria di cui del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b), non ravvisò nemmeno i presupposti per il riconoscimento della protezione sussidiaria, ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), non sussistendo nella zona di provenienza del ricorrente una situazione di violenza indiscriminata. Disattese la richiesta di rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari in considerazione delle condizioni della Guinea, dell’assenza di vulnerabilità e di un percorso di integrazione, che non poteva ravvisarsi nello svolgimento dell’attività di bracciante agricolo a tempo determinato e nella frequenza di corsi per l’apprendimento della lingua italiana.

2. Per la cassazione del decreto ha proposto ricorso D.A.O. sulla base di tre motivi.

2.1. Il Ministero dell’Interno non ha svolto attività difensiva.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3,5 e 14, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per non aver disposto la comparizione personale della parte in assenza di videoregistrazione, nonostante fosse stata avanzata espressa istanza nell’atto introduttivo. Il Tribunale, pur avendo fissato l’udienza di comparizione personale delle parti, avrebbe omesso di fissare l’udienza per procedere all’esame del ricorrente.

2. Con il secondo motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2,3,5,6,7 e 14, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per non avere il Tribunale adempiuto al dovere di cooperazione istruttoria per approfondire il racconto narrato dal ricorrente, anche attraverso l’audizione personale, al fine di chiarire le lacune riscontrate e per aver utilizzato, invece, formule stereotipate e precostituite.

2.1. I motivi, da trattare congiuntamente per la loro connessione, sono inammissibili.

2.2. Risulta dal decreto impugnato che il Tribunale ha fissato l’udienza di comparizione delle parti e che il ricorrente non si è presentato, nè il difensore ha chiesto che fosse sentito ma si è limitato a produrre documentazione riguardante lo svolgimento dell’attività lavorativa in Italia. Egli non può pertanto dolersi dell’omessa audizione, essendo l’udienza di comparizione delle parti il momento processuale previsto per l’instaurazione del contraddittorio, nell’ipotesi di assenza di videoregistrazione. Non è, infatti, previsto nel procedimento camerale una scansione temporale tra udienza di comparizione ed udienza di trattazione, sicchè è onere della parte comparire innanzi al giudice e rendere eventuali dichiarazioni (ex multis Cassazione civile sez. 20/05/2020, n. 9228).

2.3. Va, conseguentemente rigettata la doglianza relativa alla violazione del dovere di cooperazione istruttoria per il riconoscimento dello status di rifugiato o della protezione sussidiaria del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. a) e b), poichè, nel caso in esame, la vicenda rientra nell’ambito dei fatti privati e l’agente persecutore non è lo Stato o un ente parastatale ma i familiari della ragazza, nè è stato allegata alcuna denuncia per un fatto privo di rilevanza penale.

2.4. Quanto alla protezione sussidiaria per l’esistenza di un conflitto interno, il Tribunale ha citato le informazioni sulla Guinea della Commissione Nazionale per il diritto di asilo del 2017, che il ricorrente non ha contestato nè ha allegato fonti diverse o successive (Cass. Civ., Sez. I, 21.10.2019 n. 26728).

3. Con il terzo motivo di ricorso, sotto la rubrica “vizi di motivazione – contraddittorietà e illogicità – omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio”, il ricorrente si duole del rigetto della richiesta di protezione umanitaria e dell’omesso esame della situazione personale del ricorrente, che correrebbe il rischio di essere esposto a tortura e trattamenti degradanti, in caso di rientro nel paese di provenienza, senza poter beneficiare della protezione dello Stato; si denuncia, inoltre, l’omessa valutazione del grado di integrazione sociale raggiunta in Italia.

3.1. Il motivo è inammissibile in quanto il vizio di illogica e contraddittoria motivazione non è censurabile ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, ratione temporis applicabile. L’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio deve avere ad oggetto un fatto storico, nella specie non dedotto, e non la valutazione dei presupposti inerenti alla tutela invocata.

4. Il ricorso va pertanto dichiara inammissibile.

4.1. Non deve provvedersi sulle spese poichè il Ministero dell’Interno non ha svolto attività difensiva.

5. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte di Cassazione, il 11 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 9 novembre 2020

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