Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25000 del 06/11/2013


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Civile Sent. Sez. L Num. 25000 Anno 2013
Presidente: STILE PAOLO
Relatore: FILABOZZI ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso 29768-2008 proposto da:
PAGANELLI

ALESSANDRA

C.F.

PGNLSN56L42A393Q,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CARLO POMA 2,
presso lo studio dell’avvocato ASSENNATO GIUSEPPE
SANTE, che la rappresenta e difende unitamente
all’avvocato ANDREONI AMOS, giusta delega in atti;
– ricorrente –

2013
2893

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE;
– intimato –

avverso la sentenza n. 555/2007 della CORTE D’APPELLO

Data pubblicazione: 06/11/2013

di

BOLOGNA,

depositata

il

12/12/2007

R.G.N.

1286/2002;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 16/10/2013 dal Consigliere Dott. ANTONIO
FILABOZZI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. ENNIO ATTILIO SEPE che ha concluso per
il rigetto del ricorso.

udito l’Avvocato ASSENNATO GIUSEPPE SANTE;

r.g. n. 29768/08
udienza del 16.10.2013

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Alessandra Paganelli ha chiesto al Tribunale di Bologna la condanna del Ministero dell’Economia
e delle Finanze al ripristino della pensione di inabilità ex art. 12 1. n. 118/71 a decorrere dalla revoca

La domanda è stata rigettata dal Tribunale con sentenza che, sull’appello dell’interessata, è stata
parzialmente riformata dalla Corte d’appello di Bologna, che ha accertato il diritto della ricorrente
alla pensione di inabilità a decorrere dal 1.1.2006. A tali conclusioni la Corte territoriale è pervenuta
osservando che solo dal gennaio 2006 la ricorrente risultava essere titolare, in concorso con il
coniuge, di un reddito familiare inferiore al limite reddituale previsto dalla legge ai fini della
concessione del beneficio in esame.
Avverso tale decisione propone ricorso per cassazione Alessandra Paganelli affidandosi a due
motivi di ricorso, con il secondo riproponendo, in via subordinata, le questioni di legittimità
costituzionale dell’art. 14 septies della legge n. 33 del 1980, già sollevate in grado di appello.
Il Ministero non ha svolto attività difensiva.
La ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.- Con il primo motivo si denuncia violazione dell’art. 14-septies della legge n. 33/80 chiedendo a
questa Corte di stabilire se tale disposizione prevede, come condizione per l’assegnazione della
pensione di inabilità civile, il reddito personale o quello di entrambi i coniugi.
2.- Con il secondo motivo vengono riproposte, in via subordinata, le questioni di legittimità
costituzionale dell’art. 14 septies della legge n. 33 del 1980, già sollevate in grado di appello.
3.- Entrambi i motivi devono ritenersi infondati alla stregua della giurisprudenza di questa Corte
(da ultimo, Cass. n. 20274/2012, Cass. n. 10658/2012, Cass. n. 4423/2012) secondo cui “ai fini
dell’accertamento del requisito reddituale previsto per l’attribuzione della pensione di inabilità
prevista dall’art. 12 della legge n. 118 del 1971 deve tenersi conto anche della posizione reddituale
del coniuge dell’invalido, secondo quanto stabilito dall’art. 14 septies della legge n. 33 del 1980, in
conformità con i criteri generali del sistema di sicurezza sociale, che riconoscono alla solidarietà
familiare una funzione integrativa dell’intervento assistenziale pubblico, non potendo invece trovare

effettuata in occasione della visita di revisione del 11.6.1997.

applicazione la regola – stabilita dal successivo comma 5 dello stesso art. 14 septies solo per
l’assegno mensile di cui alla legge n. 118 del 1971 citata – della esclusione dal computo dei redditi
percepiti da altri componenti del nucleo familiare dell’interessato”.
4.- Nelle citate sentenze è stato precisato che l’intervento attuato dal legislatore con l’art. 14
septies, comma 5, è chiaramente un intervento inteso a riequilibrare le posizioni dei mutilati e
invalidi civili, a seguito dell’innalzamento del limite reddituale previsto – ma esclusivamente per gli
invalidi civili assoluti – dalla 1. n. 29 del 1977. Significativo di tale intento è che per l’attribuzione

non superare per la pensione di inabilità (comma 4) corrisponde a più del doppio di quello stabilito
per l’assegno.
5.- La norma, inoltre, rappresenta una deroga all’orientamento generale della legislazione in terna
di pensioni di invalidità e di pensione sociale, in base la quale il limite reddituale va determinato
tenendosi conto del cumulo del reddito dei coniugi (vedi Corte cost. n. 769 del 1988 e n. 75 del
1991; vedi anche Corte cost. n. 454 del 1992 in tema di insorgenza dello stato di invalidità dopo il
compimento del 65° anno di età) e, di conseguenza, non esprime un principio generale con il quale
dovrebbero essere coerenti disposizioni particolari. Del resto, la sua stessa formulazione letterale,
che fa menzione del solo assegno – fino a quel momento equiparato alla pensione di inabilità quanto
alla regola del cumulo con i redditi del coniuge -, non può che far concludere nel senso che la
prestazione prevista per gli invalidi civili assoluti a questa regola sia rimasta assoggettata.
6.- E difatti, anche successivamente, nell’art. 12 della 1. 30 dicembre 1991, n. 412 (dal titolo
“requisiti reddituali delle prestazioni ai minorati civili”), la distinzione tra le due prestazioni
continua ad essere mantenuta, disponendo la norma che con effetto dal 1° gennaio 1992, ai fini
dell’accertamento, da parte del Ministero dell’Interno, della condizione reddituale per la
concessione delle pensioni assistenziali agli invalidi civili, si applica il limite di reddito individuale
stabilito per la pensione sociale, con esclusione, tuttavia, degli invalidi totali.
7.- Per quanto riguarda i dubbi di legittimità costituzionale, sollevati anche dalla odierna ricorrente,
questa Corte, sempre con le sentenze citate al punto 3), ha già precisato che il giudice delle leggi
(cfr. in particolare le citate sentt. n. 769/88 e n. 75/91) ha, in più occasioni, affermato che il
realizzare l’omogeneizzazione tra i livelli reddituali idonei ad individuare lo stato di bisogno di
soggetti aventi diritto a prestazioni assistenziali a carico della collettività, così come il por mano
all’opportuno adeguamento dei livelli di prestazione, appartiene alla discrezionalità del legislatore.
Del pari, al paradigma del principio di uguaglianza non può farsi ricorso quando le disposizioni
della legge ordinaria, dalle quali si pretende di trarre il tertium comparationis, si rivelino
derogatorie rispetto alla regola desumibile dal sistema normativo e perciò insuscettibili di
2

dell’assegno è, bensì, preso a riferimento il solo reddito individuale dell’assistito, ma l’importo da

estensione ad altri casi, pena l’aggravamento, anziché l’eliminazione, dei difetti di coerenza con
esso. E, sempre sul piano del sistema costituzionale, è stato rilevato come l’attribuzione al reddito
del coniuge (e dei vari componenti il nucleo familiare tenuti all’assistenza dell’invalido) di un
rilievo preclusivo dell’intervento di sostegno a carico della collettività discenda dal riconoscimento,
nel vigente sistema di sicurezza sociale, di meccanismi di solidarietà particolari, concorrenti con
quello pubblico e ugualmente intesi alla tutela dell’uguaglianza e della libertà dal bisogno, in
attuazione dell’art. 3, comma 2, Cost.

considerarsi ostativi alla suesposta interpretazione le affermazioni contenute nella motivazione di
alcune sentenze della Corte costituzionale (vedi in particolare Corte cost. n. 88 del 1992 e n. 400 del
1999) secondo cui gli interventi legislativi succedutisi nel tempo avrebbe avuto l’effetto di
equiparare le condizioni reddituali richieste per la pensione di inabilità e per l’assegno mensile,
eliminando, per entrambe, la capacità ostativa del reddito del coniuge (quale che ne fosse il livello);
trattasi, infatti, di affermazioni fatte incidentalmente in sentenze riguardanti il requisito reddituale di
accesso dell’ultrasessantacinquenne alla pensione sociale (ovvero all’assegno sociale sostitutivo
della prima ex art. 3, comma 6, della legge n. 335 del 1995), ossia una questione del tutto diversa da
quella all’esame di questa Corte e che, d’altronde, presuppongono proprio il cumulo dei redditi,
tanto da sollecitare il legislatore alla creazione (sempre per la pensione sociale) di un meccanismo
differenziato in considerazione delle differenti esigenze di assistenza dell’invalido e della necessità,
pertanto, di una valutazione differenziata del ragionevole punto di equilibrio circa il concorso tra la
solidarietà coniugale quella collettiva.
9.- Neppure potrebbe incidere in qualche modo nel presente giudizio lo ius superveniens
rappresentato dall’art. 10, commi 5° e 6° del d.l. n. 76 del 2013, convertito in legge n. 99 del 2013,
in vigore dal 28 giugno 2013.
Secondo le nuove disposizioni, infatti, “all’articolo 14 septies del d.l. 30 dicembre 1979, n, 663,
convertito, con modificazioni, dalla l. 29 febbraio 1980, n. 33, dopo il sesto comma, è inserito il
seguente: “Il limite di reddito per il diritto alla pensione di inabilità in favore di mutilati e degli
invalidi civili, di cui all’art. 12 della 1. 30 marzo 1971, n. 118, è calcolato con riferimento al
reddito agli effetti dell’IRPEF con esclusione del reddito percepito da altri componenti del nucleo
familiare di cui il soggetto interessato fa parte” (comma 5). “La disposizione del settimo comma
dell’art. 14 septies del di 30 dicembre 1979, n. 663, convertito, con modificazioni, dalla 1. 29
febbraio 1980, n. 33, introdotta dal comma 5, si applica anche alle domande di pensione di
inabilità in relazione alle quali sia intervenuto provvedimento definitivo e ai procedimenti
giurisdizionali non conclusi con sentenza definitiva alla data di entrata in vigore della presente

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8.- Come pure è stato precisato nelle sentenze di questa Corte più sopra indicate, non possono

disposizione, limitatamente al riconoscimento del diritto a pensione a decorrere dalla medesima
data, senza il pagamento di importi arretrati. Non si fa comunque luogo al recupero degli importi
erogati prima della data di entrata in vigore della presente disposizione, laddove conformi con i
criteri di cui al comma 5” (comma 6).
Nella presente controversia lo ius superveniens potrebbe trovare applicazione, dunque, solo
limitatamente al riconoscimento del diritto a pensione a decorrere dalla data di entrata in vigore
della nuova disciplina, con la conseguenza che, in considerazione del divieto di reformatio in peius,

nello stabilire per il diritto alla pensione di inabilità l’applicazione del limite di reddito individuale,
ha tuttavia limitato il “riconoscimento del diritto a pensione”, nel caso di giudizi che non siano stati
ancora definiti alla data di entrata in vigore della nuova normativa, solo “a decorrere dalla
medesima data” e “senza il pagamento di importi arretrati”, e quindi con una decorrenza che, per
essere ampiamente successiva rispetto a quella stabilita dai giudici di merito nel caso di specie
(1.1.2006), se applicata, finirebbe per attribuire al ricorrente un beneficio minore di quello già
riconosciutogli dalla Corte territoriale con la sentenza gravata, fosse stata o meno corretta tale
statuizione alla luce della disciplina previgente.
10.- In conclusione, il ricorso è respinto. Nulla per le spese stante la mancata costituzione del
Ministero.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; nulla per le spese.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 16 ottobre 2013.

deve ritenersi che il ricorrente non abbia interesse ad invocare l’applicazione di una normativa che,

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