Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24999 del 09/11/2020

Cassazione civile sez. II, 09/11/2020, (ud. 11/09/2020, dep. 09/11/2020), n.24999

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – rel. Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23827/2019 proposto da:

O.B., rappresentato e difeso dall’avvocato CLEMENTINA DI

ROSA, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

e contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– resistente –

avverso il decreto del TRIBUNALE di SALERNO, depositato il

09/07/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

11/09/2020 dal Consigliere Dott. ROSSANA GIANNACCARI.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con decreto del 25.6.2019, il Tribunale di Salerno rigettò il ricorso di O.B. avverso la decisione della Commissione Territoriale di Salerno di diniego della domanda di protezione internazionale nella forma del riconoscimento dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e del diritto di rilascio di un permesso umanitario.

1.1. O.B., cittadino (OMISSIS) di religione cristiana, aveva dichiarato che nel (OMISSIS) aveva subito pressioni per convertirsi all’Islam e, avendo rifiutato, era stato aggredito da persone sconosciute ed erano stati bruciati i suoi attrezzi da lavoro.

1.2. Il Tribunale ritenne intrinsecamente inattendibile le dichiarazioni del ricorrente, di cui era stata disposto l’audizione, ai fini del riconoscimento dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria di cui del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b); osservò che la narrazione era generica in relazione alle pressioni subite perchè si convertisse all’Islam ed alle modalità delle minacce; rilevò che, pur avendo il ricorrente dichiarato di aver soggiornato a Mubi dal 1997 al 2014 non era stato in grado di fornire alcuna informazione sulla città.

1.3. Il Tribunale non ravvisò i presupposti per il riconoscimento della protezione sussidiaria, ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), non potendo ravvisarsi, nella zona di provenienza del ricorrente, una situazione di violenza indiscriminata tale da minacciarne l’incolumità. Secondo il Tribunale, la regione di provenienza doveva essere individuata in Abuja e non nella città di Mubi, ove il ricorrente aveva dichiarato di aver abitato, senza tuttavia saper fornire alcuna informazione; venne altresì respinta la richiesta di rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari.

2.Per la cassazione del decreto ha proposto ricorso O.B. sulla base di quattro motivi.

2.1. Il Ministero della Difesa ha depositato un “atto di costituzione” non notificato alla controparte.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3,5,6,7,8 e 14, in quanto sussisterebbero i presupposti per il riconoscimento dello status di rifugiato o della protezione sussidiaria, sulla base delle informazioni sul paese di origine e del contenuto delle dichiarazioni del ricorrente.

1.1. Il motivo è inammissibile in quanto non si confronta con la decisione e si limita a trascrivere pedissequamente le norme che si assumono violate e l’elenco delle fonti relative alle informazioni sul paese d’origine per sostenere apoditticamente il suo diritto alla protezione internazionale, senza svolgere alcun rilievo critico al ragionamento svolto dal giudice di merito.

2. Con il secondo motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per non avere il Tribunale riconosciuto i presupposti per il rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari nonostante la giovane età del ricorrente, l’assenza di legami stabili e le criticità del paese di provenienza.

2.1. Il motivo è inammissibile ai sensi dell’art. 360 bis n. 1 c.p.c..

2.2. L’accertamento della summenzionata condizione di vulnerabilità avviene, in ossequio al consolidato orientamento di questa Corte (cfr. Cass. civ., sez. I, 15/05/2019 n. 13088; Cass. civ., sez. I, n. 4455 23/02/2018, Rv. 647298 01), alla stregua di una duplice valutazione, che tenga conto, da un lato, degli standards di tutela e rispetto dei diritti umani fondamentali nel Paese d’origine del richiedente e, dall’altro, del percorso di integrazione sociale da quest’ultimo intrapreso nel Paese di destinazione.

2.3.Le Sezioni Unite hanno consolidato l’indirizzo espresso dalle Sezioni Semplici, secondo cui occorre operare la valutazione comparativa della situazione soggettiva e oggettiva del richiedente con riferimento al Paese di origine, in raffronto alla situazione d’integrazione raggiunta nel paese di accoglienza, senza che abbia rilievo l’esame del livello di integrazione raggiunto nel nostro Paese, isolatamente ed astrattamente considerato (Cassazione civile sez. un., 13/11/2019, n. 29459).

2.4. Il Tribunale, nel rigettare la domanda volta al rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari, ha puntualmente valutato entrambe le condizioni menzionate, ritenendo che il mero svolgimento di attività lavorativa non integrasse un effettivo radicamento sul territorio. Inoltre, non ha ravvisato nelle condizioni del ricorrente una situazione integrante la condizione dei “seri motivi” di carattere umanitario, derivante dalla compromissione dei diritti umani fondamentali, il cui accertamento è presupposto indefettibile per il riconoscimento della misura citata (cfr. Cass. civ., sez. I, 15/01/2020, n. 625; Cass. civ., Sez. 6 – 1, n. 25075 del 2017).

3. Con il terzo motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 7, art. 8, comma 3 e art. 27, comma 1 bis, del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 comma e art. 27 bis, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per aver omesso un’esatta e compiuta indagine in ordine al quadro socio politico del paese di provenienza, sulla base delle fonti internazionali.

3.1. Il motivo è inammissibile.

3.2. Il Tribunale ha accertato che il ricorrente proveniva da Abuja e non dalla città di Mubi poichè non aveva saputo fornire informazioni su tale località. All’esito dell’accertamento della città di provenienza, vi è stato un preciso e puntuale richiamo alle fonti internazionali qualificate – segnatamente l’EASO – da cui risultava l’assenza di una “violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale”, secondo dei principi affermati dalla Corte di Giustizia UE e recepiti da questa Corte (17 febbraio 2009, Elgafaji, C-465/07, e 30 gennaio 2014, Diakitè, C-285/12; Cass. n. 13858 del 2018).

4. Con il quarto motivo di ricorso, si deduce l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio perchè il Tribunale non avrebbe ponderato in maniera adeguata gli elementi fattuali relativi alla domanda di protezione internazionale.

4.1. Il motivo è inammissibile perchè volto a censurare apprezzamenti svolti dal giudice di merito, estranei dal sindacato del giudizio di legittimità.

5. Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile.

5.1. Non deve provvedersi sulle spese non avendo svolto il Ministero svolto attività difensiva, non essendo a tal fine sufficiente il deposito di un “atto di costituzione” non notificato.

6. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte di Cassazione, il 11 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 9 novembre 2020

 

 

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