Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24998 del 06/11/2013


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Civile Sent. Sez. L Num. 24998 Anno 2013
Presidente: VIDIRI GUIDO
Relatore: MAISANO GIULIO

SENTENZA

sul ricorso 30399-2007 proposto da:
SAMEC COSTRUZIONI MECCANICHE S.P.A. P.I. 00110410198,
in persona del legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIA SAN TOMMASO
D’AQUINO 80, presso lo studio dell’avvocato GRASSI
LUDOVICO, rappresentata e difesa dall’avvocato
2013

PITTALA’ GAETANO, giusta delega in atti;
– ricorrente –

2702

contro

I.N.A.I.L – ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE
CONTRO GLI INFORTUNI SUL LAVORO C.F. 01165400589, in

Data pubblicazione: 06/11/2013

persona del legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliato in ROMA, VIA IV NOVEMBRE
144, presso lo studio degli avvocati PIGNATARO
ADRIANA, ZAMMATARO VITO, giusta delega in atti;
– controricorrente –

LO.SE.RI. S.P.A.;
– intimata –

avverso la sentenza n. 253/2007 della CORTE D’APPELLO
di BRESCIA, depositata il 07/08/2007 R.G.N. 652/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 25/09/2013 dal Consigliere Dott. GIULIO
MAISANO;
udito l’Avvocato FABBI RAFFAELA per delega ZAMMATARO
VITO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIULIO ROMANO che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

nonchè contro

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza pubblicata il 7 agosto 2007 la Corte d’appello di Brescia ha
confermato la sentenza del Tribunale di Cremona del 26 giugno 2006 che
ha rigettato l’opposizione proposta dalla SAMEC s.p.a. Costruzioni
Meccaniche avverso la cartella esattoriale notificatale il 24 gennaio 2005

premi dovuti a seguito di variazioni apportate alla posizione assicurativa
conseguenti ad un accertamento ispettivo che aveva configurato una
violazione dell’art. 1 della legge n. 1369 del 1960 in relazione all’impiego,
nell’ambito dell’attività aziendale, di lavoratori di altre ditte in violazione
del divieto di interposizione di mano d’opera. La Corte territoriale ha
motivato tale pronuncia considerando infondata l’eccezione procedurale
relativa alla mancata notifica del verbale di accertamento relativo alla
violazione posta a fondamento della cartella opposta, in quanto tale verbale
costituisce atto meramente interlocutorio non impugnabile autonomamente,
e comunque tale accertamento è stato regolarmente notificato a mani della
figlia del legale rappresentante della società; comunque l’opposizione
sarebbe comunque tardiva stante detta regolare notifica. Il giudice
dell’appello ha considerato che le disposizioni di cui all’art.1 della legge n.
1369 del 1960 non sono del tutto abrogate dalla normativa di cui al d.lgs. n.
276 del 2003 che ha invece espressamente abrogato le norme sanzionatorie
previste dalla precedente disciplina sostituendole con altre sanzioni relative
all’esercizio abusivo dell’intermediazione, ferma restando l’applicabilità
delle sanzioni civilistiche regolate secondo il principio “tempus regit
actum”. Nel merito l’illegittima intermediazione è stata ritenuta provata
dalle fatture delle ditte che fornivano i lavoratori e dalle deposizioni
testimoniali assunte.
La SAMEC s.p.a. propone ricorso per cassazione avverso tale sentenza
articolato su due motivi.

4

‘9

con la quale le veniva chiesto il pagamento della somma di E 12.209,08 per

Resiste l’INAIL con controricorso.
Non si è costituita la LO.SE.RI. s.p.a. concessionaria del servizio di
riscossione tributi per la Provincia di Cremona.
MOTIVI DELLA DECISIONE

2909 e 2697 cod. civ., 101, 112, 115, 137, 138, 139 e 145 cod. proc. civ.,
12 legge 602 del 1973 e 24 d.lgs. 46 del 1999, nonché omesso esame di
documenti probatori e omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione
circa un punto decisivo della controversia in relazione all’art. 360, nn. 3 e 5
cod. proc. civ. In particolare si assume che la Corte territoriale non avrebbe
considerato il decisivo punto costituito dall’assenza dell’atto presupposto
della cartella esattoriale in questione, costituito dall’accertamento ispettivo.
Inoltre non si sarebbe tenuto conto delle norme relative alla notifica alle
società che sarebbero state violate come da sentenza passata in giudicato in
una vertenza di opposizione ad ordinanza ingiunzione proposta dalla
medesima società nei confronti dell’INPS.
Con secondo motivo si deduce violazione e falsa applicazione degli arti.
2700 e 2697 cod. civ., 101, 244, 112 e 115 cod. proc. civ.. 85 lett. c) del
d.lgs. n. 276 del 2003, 3 legge n. 1369 del 1960, 2, secondo comma, cod.
pen. nonché omesso esame di documenti probatori e omessa, insufficiente e
contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia in
relazione all’art. 360, nn. 3 e 5 cod. proc. civ. In particolare si assume che
la normativa sanzionatoria di cui all’art. 1 della legge n. 1369 del 1960
sarebbe stata totalmente abrogata dal d.lgs. n. 276 del 2003 per cui anche
gli atti precedenti a detta abrogazione non sarebbero più assoggettati alle
sanzioni civilistiche dettaidalla legge 1369 del 1960 citata.

L

Con il primo motivo si lamenta violazione e falsa applicazione degli arti.

I due motivi di ricorso, da esaminarsi congiuntamente per la necessità della
risoluzione di problematiche tra loro strettamente connesse, sono
inammissibili e comunque non potrebbero trovare accoglimento.
Al riguardo va considerata la inammissibilità dei due motivi per la non
corretta formulazione dei quesiti di diritto ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c.

leggi non risultano in buona parte pertinenti rispetto ai motivi di censura in
concreto rivolti alla sentenza, concernente invece doglianze riferite alla
motivazione ed al valore probatorio attribuito agli elementi posti a base
della decisione, tanto da trattare indistintamente i profili dei denunziati vizi
logici della motivazione e degli errori di diritto (cfr, sul punto Cass. 18
novembre 2011 n. 24253) e perché inoltre non viene rispettata la ratio del
citato art. 366 bis che è quella di far comprendere alla Corte di legittimità,
dalla lettura del solo quesito, inteso come sintesi logico-giuridica della
questione, gli errori di diritto- tra i tanti denunziati-in realtà compiuti dal
giudice di merito e quale siano, invece, secondo la prospettazione del
ricorrente, le regole da applicare (cfr. in tali sensi Cass. 7 aprile 2009 n.
8463).
Il ricorso appare inammissibile anche nei punti in cui si tenta una
rivisitazione del materiale probatorio e si denunzia il diniego da parte del
giudice di merito delle prove richieste e l’ammissione di prove documentali
poste a base della decisione impugnatg senza che contro il principio della
autosufficienza del ricorso si sia fatto alcun riferimento alla ritualità e
tempestività sia delle richieste istruttorie sia della allegazione dei fatti
oggetto delle suddette richieste. Ed uguale violazione del requisito della
autosufficienza si riscontra per quanto attiene alla doglianza
sull’ammissione della prova documentale non essendo stati riportati nel
ricorso elementi attestanti una tempestiva nonché specifica e motivata

perché gli stessi pur prospettando violazione di numerose disposizioni di

censura in merito alla acquisizione al processo dei documenti posti a base
della decisone del giudice d’appello.
Alla stregua delle considerazioni sinora svolte la sentenza della Corte
d’appello essendo sorretta da un adeguato iter argomentativo ed essendo
priva di salti logici si sottrae ad ogni censura in questa sede di legittimità
per avere rispettato anche i principi di diritto applicabil& alla fattispecie

scrutinata. Ed invero contrariamente a quanto sostenuto dalla controparte,
la decisione impugnata non ha violato il principio dell’onere della prova
perché sono state in essa ritenute sufficienti le produzioni documentali e le
deposizioni rese degli ispettori a fronte delle quali la società ricorrente non
ha fornito una prova contraria. Ed ancora correttamente la Corte bresciana
ha ritenuto che nel caso di specie dovesse trovare applicazione la normativa
di cui alla legge n. 1369 del 1962 in ragione del principio tempus regit
actum così come statuito da questa Corte di cassazione con un principio cui
va riconosciuta continuità in ragione della funzione nomofilattica ad essa
devoluta (cfr. al riguardo Cass. 12 ottobre 2006 n. 21818.). Pertanto il
ricorso, comunque inammissibile, si rivelerebbe infondato.
Le spese di questo giudizio, liquidate in dispositivo, seguono la
soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso;
Condanna la ricorrente al pagamento delle spese di giudizio sostenute
dall’INAIL liquidate in E 100,00 per esborsi ed E 3.500,00 per compensi
professionali oltre accessori di legge. Wt.19e.D. mAR,Qe-

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1;-t- ke2Q- cAR. L .P. ‘

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 25 settembre 2013.

VI

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