Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24997 del 25/11/2011

Cassazione civile sez. VI, 25/11/2011, (ud. 10/11/2011, dep. 25/11/2011), n.24997

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GOLDONI Umberto – Presidente –

Dott. MATERA Lina – rel. Consigliere –

Dott. PETITTI Stefano – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 25493-2010 proposto da:

C.C. (OMISSIS), elettivamente domiciliata

in ROMA, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dagli

avvocati DI MEGLIO VITTORIO, PACIFICO PASQUALE, giusta mandato a

margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

M.M. (OMISSIS), CO.AN.,

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA VALDOSSOLA 100, presso lo

studio dell’avvocato PETTORINO MARIO, rappresentati e difesi dagli

avvocati CELEBRIN PRIMO, DI MEGLIO GIUSEPPE, giusta procura speciale

in calce al controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 982/2010 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI del

5.2.2010, depositata il 22/03/2010;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

10/11/2011 dal Consigliere Relatore Dott. LINA MATERA;

udito per la ricorrente l’Avvocato Vittorio Di Meglio che ha chiesto

il rinvio del ricorso alla pubblica udienza;

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. FUCCI

Costantino che si riporta alla relazione scritta.

Fatto

PREMESSO IN FATTO

Il relatore della Sezione ha depositato in Cancelleria la seguente relazione, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c.:

“1) C.C. conveniva in giudizio M.M. e Co.An., chiedendone la condanna alla demolizione di una costruzione dai convenuti realizzata a 60 cm. dal confine del fondo di essa attrice, nonchè al risarcimento dei danni.

2) I convenuti, costituitisi, chiedevano il rigetto della domanda e spiegavano domanda riconvenzionale.

3) Con sentenza 10/11/2000 il Tribunale di Napoli rigettava la domanda dell’attrice e, in accoglimento della riconvenzionale, condannava la C. a riparare il muro a secco che divideva le due proprietà.

4) La C. proponeva appello al quale resistevano gli appellati.

5) Con sentenza 22/3/22010 la Corte di Appello di Napoli rigettava il gravame osservando: che era operante il criterio della “prevenzione” non essendo applicabili norme relative al rispetto delle distanze dai confini; che il manufatto realizzato dagli appellati consisteva in una piccola “baracca” posta a dislivello dal fondo della C. con conseguente impossibilità del verificarsi di danni in caso di crollo; che non era da escludere la possibilità per l’appellante di costruire in aderenza sia pure con sforzo e con accorgimenti tecnici.

6) La cassazione della sentenza della Corte di Appello di Napoli è stata chiesta dalla C. con ricorso affidato a cinque motivi. Il Co. e la M. hanno resistito con controricorso.

7) Con i cinque motivi la Co. (recte, la C.) denuncia: a) la violazione degli artt. 112 e 342 c.p.c., in relazione agli artt. 873 e segg. c.c., artt. 113 e 132 c.p.c. e vizi di motivazione; b) violazione degli artt. 112 e 342 c.p.c., in relazione agli artt. 871, 872 e 873 e segg. c.c. ed al D.M. 16/1/1996, violazione degli artt. 112 e 132 c.p.c. e vizi di motivazione; c) violazione degli artt. 873, 874, 875 e 877 c.c.; d) ed e) violazione degli artt. 113 e 132 c.p.c. e vizi di motivazione.

8) Il relatore ritiene che il ricorso possa essere deciso in camera di consiglio per la manifesta infondatezza dei riportati motivi in relazione ai quali va rispettivamente osservato che la Corte di Appello, al contrario di quanto dedotto dalla ricorrente: a) ha specificamente esaminato la censura mossa dalla Co. (recte, dalla C.) relativa alla impossibilità di costruire in aderenza stante il dislivello tra i due fondi: il giudice di secondo grado ha ravvisato la possibilità per la Co. (recte, per la C.) di costruire sul proprio fondo e di “allargare” la propria costruzione fino a raggiungere quello dei vicini: da ciò la implicita pronuncia di rigetto della domanda di arretramento; b) ha motivatamente escluso la sussistenza di un pericolo per l’immobile della Co. (recte, della C.) derivante da un eventuale crollo del manufatto realizzato dai vicini, con conseguente coerente rigetto della domanda di demolizione per violazione delle norme antisismiche; c), d) ed e) come già rilevato ha ritenuto -con insindacabile accertamento in fatto- possibile la costruzione in aderenza con applicazione del principio della prevenzione.

9) In definitiva, devono ritenersi insussistenti le denunciate violazioni di legge e gli asseriti vizi di motivazione, che in buona parte presuppongono una ricostruzione dei fatti diversa da quella ineccepibilmente effettuata dal giudice di merito: la sentenza impugnata è corretta e si sottrae pertanto alle censure mosse dalla Co. (recte, dalla C.) con i motivi di ricorso.

10) La relazione è stata comunicata al Pubblico Ministero e notificata alle parti costituite.

La ricorrente ha depositato una memoria ex art. 380 bis c.p.c..

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

Il Collegio condivide le argomentazioni svolte nella relazione di cui sopra, alle quali con la memoria depositata dalla ricorrente in prossimità della camera di consiglio non sono stati contrapposti validi rilievi critici.

Deve ulteriormente puntualizzarsi:

-che la Corte di Appello ha risposto al primo motivo di gravame, avendo dato atto che, poichè la cd. Legge Ponte, applicabile nella specie, non prevede un obbligo di distanza minima dai confini, non vi è ragione di non ritenere operante il principio della prevenzione, stabilito in via generale dal codice civile, ed avendo accertato, in concreto, che la facoltà dell’attrice di costruire in aderenza non è stata pregiudicata dalla costruzione eretta dai convenuti a distanza di 60 cm. dal confine inedificato;

-che il giudice del gravame ha dato sostanziale risposta anche al secondo motivo di impugnazione, avendo escluso la fondatezza della domanda di arretramento per violazione della normativa antisismica, in base all’assorbente rilievo che non era ipotizzabile alcun pericolo per il fondo dell’attrice, nemmeno in caso di crollo della costruzione realizzata dai convenuti;

– che la valutazione espressa nella sentenza impugnata riguardo all’operatività del principio di prevenzione si pone in linea con l’orientamento di questa Corte, secondo cui tale principio non è incompatibile con la disciplina sulle distanze tra fabbricati vicini dettata dalla L. 17 agosto 1942, n. 1150, art. 41 – quinquies, comma 1, lett. c), (aggiunto dalla L. 6 agosto 1967, n. 765, art. 17), applicabile nella specie, in mancanza di uno strumento urbanistico (Cass. Sez. Un. 1-8-2002 n. 11489);

– che il giudice del gravame ha verificato, in concreto, la possibilità per la ricorrente, nonostante il dislivello esistente tra i due fondi (essendo posto il fondo della C. a quota superiore rispetto quello dei resistenti), di costruire in aderenza.

La valutazione espressa al riguardo, costituendo espressione di un apprezzamento in fatto riservato al giudice di merito ed essendo sorretta da una motivazione plausibile sul piano logico, non è censurabile in sede di legittimità;

– che analoghe considerazioni valgono riguardo all’ulteriore affermazione contenuta nella sentenza impugnata, secondo cui l’eventuale crollo del manufatto realizzato dai vicini non comporterebbe alcun pericolo per l’immobile attoreo: si tratta, anche in tal caso, di un apprezzamento di fatto non sindacabile in questa sede, in quanto basato su argomenti che non appaiono illogici, tenuto conto delle caratteristiche costruttive dell’immobile (si tratta, come accertato dal giudice di appello, di una piccola baracca) e del fatto che il fondo della C. è posto a quota superiore rispetto a quello dei resistenti.

Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese sostenute dai resistenti nel presente grado di giudizio, liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese, che liquida in Euro 2.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge e spese generali.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 10 novembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 25 novembre 2011

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