Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24997 del 09/11/2020

Cassazione civile sez. II, 09/11/2020, (ud. 21/07/2020, dep. 09/11/2020), n.24997

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. PICARONI Elisa – rel. Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

Dott. MARRONE Luca – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21628/2019 proposto da:

C.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA MACHIAVELLI,

25, presso lo studio dell’avvocato EMILIO SANCHEZ DE LAS HERAS, che

lo rappresenta e difende giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL RICONOSCIMENTO

DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI MILANO, in persona del Ministro

pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI

12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

avverso il decreto di rigetto n. 5002/2019 del TRIBUNALE di MILANO,

depositato il 26/05/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

21/07/2020 dal Consigliere Dott. ELISA PICARONI.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. C.M., nato in (OMISSIS), ricorre per la cassazione del decreto del Tribunale di Milano n. 5002/2019, pubblicato il 26 maggio 2019 e notificato l’11 giugno 2019, che ha rigettato l’opposizione avverso il provvedimento di diniego della protezione internazionale ed umanitaria emesso dalla Commissione territoriale.

2. Il Tribunale ha ritenuto credibile il racconto del richiedente e tuttavia ha escluso che il rimpatrio possa esporre il richiedente al rischio di persecuzioni o mettere a repentaglio l’incolumità dello stesso, attese le condizioni di Paese d’origine, ed ha altresì escluso profili di vulnerabilità in capo al richiedente.

3. Il ricorso per cassazione è articolato in tre motivi. Il Ministero dell’interno ha depositato controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo è denunciata violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 7 e 8 e si contesta la valutazione della situazione socio-politica del Paese d’origine e della vicenda specifica del ricorrente, con riferimento in particolare all’affermazione del Tribunale (pag. 10 decreto) secondo cui il ricorrente non avrebbe descritto atti persecutori, e neppure sarebbe individuabile un agente di persecuzione che potrebbe, in futuro, agire in danno del ricorrente. Di contro il ricorrente assume di avere riferito, nel suo racconto, di essere stato arrestato ingiustamente appena diciannovenne, e di avere subito atti persecutori ad opera del padre della sua fidanzata, che era un king.

2. Con il secondo motivo è denunciata violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 2 e art. 14, lett. c) e si contesta il mancato riconoscimento della protezione sussidiaria in relazione al rischio connesso alla situazione complessiva del Paese d’origine e al potere in concreto esercitato dai kings, in grado anche di influenzare decisioni politiche ed amministrative. Il Tribunale avrebbe valutato la situazione personale del ricorrente senza tenere conto dei parametri indicati dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 3, lett. c).

3. Con il terzo motivo è denunciata violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e si contesta il mancato riconoscimento della protezione umanitaria, alla luce sia del timore concreto ed attuale per l’incolumità del ricorrente in caso di rimpatrio, sia del livello di integrazione raggiunto in Italia.

4. I motivi sono privi di fondamento ove non inammissibili.

4.1. Il Tribunale, dopo avere dato conto nel dettaglio della storia narrata dal richiedente, ha ritenuto insussistenti gli atti persecutori ad opera del king, padre della fidanzata del ricorrente (in seguito deceduta in Libia), ed ha altresì escluso, sulla base di fonti qualificate, che la situazione politico-sociale della Costa d’Avorio sia caratterizzata da conflitti e violenza generalizzata, anche nella prospettiva indicata in concreto dal ricorrente, e cioè della mancanza di limiti al potere dei kings. Secondo il Tribunale il pericolo paventato dal ricorrente è frutto di percezione soggettiva che trascura di considerare la funzione istituzionale dei soggetti indicati.

La valutazione espressa dal Tribunale è frutto di esame approfondito effettuato nel rispetto dei criteri di legge, e pertanto si sottrae alla censura proposta ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3.

4.2. In considerazione dell’accertata situazione del Paese d’origine, nel quale non si registra una situazione di violenza diffusa ed indiscriminata tale da integrare il presupposto di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), il Tribunale ha respinto la domanda di protezione sussidiaria, evidenziando inoltre l’assenza di conflitto interreligioso e, infine, la mancanza di prova della pendenza di un processo a carico del ricorrente. L’accertamento non è adeguatamente contestato dal ricorrente, il quale non ha indicato le fonti dalle quali emergerebbe una situazione diversa da quella accertata dal Tribunale, e ciò comporta l’inammissibilità della censura per genericità (ex multis, Cass. 18/02/2020, n. 4037; Cass. 21/10/2019, n. 26728).

4.3. Risulta infondata, infine, la censura prospettata con il terzo motivo.

Il Tribunale ha argomentato il diniego di protezione umanitaria sul rilievo della mancanza di fattori di vulnerabilità, tali da impedire o rendere sommamente difficile un reinserimento del ricorrente nel Paese d’origine, e dell’assenza di radicamento in Italia, dove il ricorrente ha svolto, anche proficuamente, attività lavorativa organizzata dai centri di accoglienza. E’ stata in questo modo esclusa, all’esito della valutazione comparativa, la sproporzione tra i due contesti di vita nel godimento dei diritti fondamentali presupposto di una vita dignitosa (Cass. 23/02/2018, n. 4455).

6. Al rigetto del ricorso non segue pronuncia sulle spese, in quanto l’atto difensivo depositato dall’Amministrazione non presenta contenuto di controricorso. Sussistono i presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 21 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 9 novembre 2020

 

 

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