Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24994 del 25/11/2011

Cassazione civile sez. VI, 25/11/2011, (ud. 10/11/2011, dep. 25/11/2011), n.24994

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GOLDONI Umberto – Presidente –

Dott. MATERA Lina – rel. Consigliere –

Dott. PETITTI Stefano – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 22723-2010 proposto da:

P.R. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIALE DELLE MILIZIE 138, presso lo studio dell’avvocato POLCHI

RODOLFO, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato PARIZZI

MARIO, giusta mandato in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

C.A., elettivamente domiciliato in ROMA VIA FEDERICO

CONFALONIERI 5, presso lo studio dell’avvocato MANZI LUIGI, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato FORNASIERO GIORGIO,

giusta mandato a margine del controricorso;

– controricorrente –

contro

M.M., elettivamente domiciliata in ROMA, presso la

CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avv. GALILEO BEGHIN,

giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

contro

SOCIETA’ AGRICOLA CABIANCA SNC di SIVIERI PAOLO e C. in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA,

VIA ANAPO 46, presso lo studio dell’avv. SETTIMIO CORBO,

rappresentata e difesa dall’avv. PIETRO GIUBELLI, giusta procura

speciale in calce al controricorso e ricorso incidentale;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

avverso la sentenza n. 707/2010 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA del

19.10.09, depositata il 23/03/2010;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

10/11/2011 dal Consigliere Relatore Dott. LINA MATERA;

udito per il ricorrente l’Avvocato Mario Parizzi che si riporta alla

memoria;

udito per il controricorrente (sig. C.A.) l’Avvocato

Carlo Albini (per delega avv. Luigi Manzi) che si riporta agli

scritti;

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. FUCCI

Costantino che nulla osserva rispetto alla relazione scritta.

Fatto

PREMESSO IN FATTO

Il relatore della Sezione ha depositato in Cancelleria la seguente relazione, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c.:

“1) P.R. conveniva in giudizio C.A., M.M. e la s.n.c. Azienda Agricola Cà Bianca, esponendo che, con atto 13/7/1989, il C. e la M. avevano promesso di vendergli tutte le quote di loro proprietà pari all’intero capitale sociale della detta s.n.c. proprietaria di un podere di oltre 84 ettari, per il prezzo di L. 2.040.000.000 da versare quanto a L. 300.000 (recte 300.000.000) a titolo di caparra all’atto del rilascio del mutuo richiesto e comunque entro il 31-12- 1989 ed il saldo entro il 31-12-1991. L’attore aggiungeva che l’iter per l’ottenimento del mutuo si era concluso nel gennaio 1992 ma i promittenti venditori non si erano presentati presso l’ente mutuante per la definizione dell’operazione. Il P. chiedeva quindi pronuncia ex art. 2932 c.c..

2) Con sentenza 17-1-2005 il Tribunale di Padova rigettava la domanda e dichiarava la risoluzione del contratto di cessione di quote per inadempimento del P.. Il Tribunale rilevava che il P. era inadempiente non avendo corrisposto la caparra il cui pagamento era svincolato dalla concessione del mutuo.

3) Avverso la predetta sentenza il P. proponeva appello al quale resistevano il C., la M. e la s.n.c. Azienda Agricola Cà Bianca di Sivieri Paolo & c, la quale eccepiva l’inammissibilità del gravame.

4) Con sentenza 23-3-2010 la Corte di Appello di Venezia rigettava il gravame osservando: che era infondata l’eccezione di inammissibilità dell’appello sollevata dalla società appellata la quale non era un soggetto diverso dalla società convenuta in primo grado, essendosi solo modificata la ragione sociale; che peraltro nei confronti della società non era stata proposta alcuna domanda; che la domanda proposta dal P. era ammissibile, al contrario di quanto affermato dal Tribunale, ma infondata, non avendo il promissario acquirente versato la caparra entro il termine perentorio del 31/12- 1989; che il pagamento della caparra non era condizionato alla concreta erogazione del mutuo; che i promittenti alienanti avevano venduto a terzi le quote sociali in questione dopo l’inadempimento del P. con conseguente inefficacia del contratto preliminare stipulato dalle parti.

5) La cassazione della sentenza della Corte di Appello di Venezia è stata chiesta da P.R. con ricorso affidato a quattro motivi. Hanno resistito con separati controricorsi M. M., C.A. e la società Agricola Cà Bianca s.n.c., la quale ha proposto ricorso incidentale sorretto da un solo motivo.

6) Con i quattro motivi di ricorso il P. denuncia violazione:

a) dell’art. 1362 c.c. e vizi di motivazione con riferimento all’interpretazione del contratto 13/7/1989 e della convenzione di pari data; b) dell’art. 1457 c.c. e vizi di motivazione in relazione alla essenzialità dei termini contenuti nel contratto e nella convenzione; c) dell’art. 116 c.p.c. e vizi di motivazione in relazione alla valutazione dell’inadempimento compiuto dal C. e dalla M.; d) degli artt. 115 e 167 c.p.c. e vizi di motivazione con riferimento al principio secondo cui un fatto dedotto da una parte deve ritenersi provato se non contestato dall’altra parte.

7) Con l’unico motivo del ricorso incidentale la citata società denuncia violazione dell’art. 145 c.p.c. e vizi di motivazione, sostenendo che la Corte di Appello ha errato nel rigettare l’eccezione di inammissibilità dell’appello proposto nei confronti di essa società non facente parte del giudizio di primo grado.

8) Il relatore ritiene che il ricorso possa essere deciso in camera di consiglio per l’infondatezza e, in parte, l’inammissibilità dei motivi posti a base del ricorso principale e di quello incidentale.

Le molteplici censure mosse dal ricorrente principale si risolvono essenzialmente, pur se titolate come violazione di legge e come vizi di motivazione, in una critica in ordine: alla interpretazione data dalla Corte di Appello al contenuto ed alle clausole del contratto preliminare stipulato dalle parti e dell’accordo integrativo;

all’essenzialità o meno dei termini riportati nei detti atti negoziali; alla valutazione degli inadempimenti che le parti si sono addebitati; alla sussistenza o meno di fatti non contestati. Si tratta di attività tutte riservate al giudice del merito il cui risultato è insindacabile in sede di legittimità ove -come appunto nella specie- sorretto da adeguata e congrua motivazione immune da vizi logici e giuridici.

Al riguardo va osservato che come è noto:

– l’interpretazione degli atti di autonomia privata si traduce in un’indagine di fatto affidata al giudice del merito: tale accertamento è incensurabile in cassazione se sorretto da motivazione sufficiente ed immune da vizi logici o da errori di diritto e sia il risultato di un’interpretazione condotta nel rispetto delle norme di ermeneutica contrattuale di cui agli artt. 1362 e segg. c.c.. L’identificazione della volontà contrattuale – che, avendo ad oggetto una realtà fenomenica ed obiettiva, concreta un accertamento di fatto istituzionalmente riservato al giudice di merito- è censurabile non già quando le ragioni poste a sostegno della decisione siano diverse da quelle della parte, bensì quando siano insufficienti o inficiate da contraddittorietà logica o giuridica.

Peraltro il ricorrente nella censura in esame non ha neanche lamentato la violazione di specifici principi relativi all’interpretazione degli atti negoziali in questione, nè ha riportato per esteso il testo di tali atti: ciò rende manifesto che è stato investito il “risultato” interpretativo raggiunto, il che è inammissibile in questa sede;

– nel caso di contrapposte domande di esecuzione in forma specifica di un contratto preliminare e di risoluzione di detto contratto per inadempimento, il giudice deve procedere ad una valutazione comparativa ed unitaria degli inadempimenti che le parti si sono addebitate, al fine di stabilire se sussista a carico di una delle parti l’inadempimento che legittima la risoluzione. Il relativo accertamento, effettuato sulla base della valutazione dei fatti e delle prove acquisite, è rimesso al giudice del merito, come a detto giudice è affidato il compito di valutare la gravità dell’inadempimento: il risultato di tali accertamenti e valutazioni è incensurabile in cassazione se – come nella specie- la motivazione risulta immune da vizi logici o giuridici;

– il termine per l’adempimento può essere ritenuto essenziale ai sensi e per gli effetti dell’art. 1457 c.c., solo quando, all’esito di indagine istituzionalmente riservata al giudice di merito, da condursi alla stregua delle espressioni adoperate dai contraenti e, soprattutto, della natura e dell’oggetto del contratto, risulti inequivocabilmente la volontà delle parti di ritenere perduta l’utilità economica del contratto con l’inutile decorso del termine medesimo.

Va aggiunto che dalla lettura della sentenza impugnata emerge con immediatezza che la Corte di Appello ha valutato complessivamente le tesi sviluppate dal P. e le contrastanti e contrapposte tesi delle altre parti.

Per quanto riguarda il ricorso incidentale, risulta evidente l’inammissibilità della censura ivi articolata, posto che la società ricorrente incidentale non ha mosso alcuna critica alla parte della motivazione della sentenza impugnata con la quale la Corte di Appello ha ritenuto infondata l’eccezione di inammissibilità sollevata dalla società appellata non solo perchè la detta società non era un soggetto giuridico diverso dalla società convenuta in primo grado, ma anche perchè tale società era priva di legittimazione passiva non essendo stata proposta nei suoi confronti alcuna domanda. Tale ragione posta a base dell’eccezione di inammissibilità non ha fornito oggetto di specifica censura da parte del ricorrente incidentale.

Deve infine rilevarsi l’inammissibilità della richiesta formulata dalla ricorrente incidentale in questa sede di legittimità, volta ad ottenere la cancellazione della nota di trascrizione della domanda sui beni di essa società”.

La relazione è stata comunicata al Pubblico Ministero e notificata alle parti costituite.

Il P. ha depositato una memoria ex art. 380 bis c.p.c..

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

Il Collegio condivide la proposta di decisione di cui sopra.

Le deduzioni contenute nella memoria depositata in prossimità della camera di consiglio dal ricorrente principale non valgono a superare le argomentazioni svolte nella relazione. Deve ribadirsi, in particolare, che nella sentenza impugnata la Corte di appello ha dato sufficiente conto delle valutazioni espresse in ordine alla interpretazione del contenuto e delle clausole del contratto preliminare stipulato dalle parti, alla essenzialità o meno dei termini fissati in tali atti negoziali, all’indagine comparativa circa gli inadempimenti rispettivamente lamentati dalle parti, alla sussistenza o meno di fatti non contestati. Con le censure mosse il ricorrente, attraverso la formale prospettazione di violazione di legge e di vizi di motivazione, contrappone, in buona sostanza, le proprie valutazioni a quelle compiute dalla Corte territoriale;

valutazioni che, essendo sorrette da una motivazione esente da vizi logici e giuridici e costituendo espressione di apprezzamenti in fatto riservati al giudice di merito, si sottraggono al sindacato di legittimità.

Quanto al ricorso incidentale, la sua inammissibilità discende dal principio secondo cui, in tema di ricorso per cassazione, qualora la decisione impugnata si fondi su di una pluralità di ragioni, tra loro distinte ed autonome e singolarmente idonee a sorreggerla sul piano logico e giuridico, l’omessa impugnazione di tutte le rationes decidendi rende inammissibili, per difetto di interesse, le censure relative alle singole ragioni esplicitamente fatte oggetto di doglianza, in quanto queste ultime, quand’anche fondate, non potrebbero comunque condurre, stante l’intervenuta definitività delle altre non impugnate, all’annullamento della decisione stessa (Cass. 11-2-2011 n. 3386; Cass. 18-9-2006 n. 20118; Cass. 27-1-2005 n. 1658; Cass. 12-4-2001 n. 5493).

Il ricorso principale, pertanto, deve essere rigettato, mentre quello incidentale deve essere dichiarato inammissibile.

Segue, per rigore di soccombenza, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese sostenute dal C. e dalla M. nel presente grado di giudizio, liquidate come da dispositivo; mentre nei confronti della s.n.c. Azienda Agricola Cà Bianca di Sivieri Paolo & e, in considerazione della declaratoria di inammissibilità del ricorso incidentale, le spese vanno compensate.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso principale, dichiara inammissibile il ricorso incidentale, condanna il ricorrente alle spese in favore del C. e della M., che liquida per ciascuno dei resistenti in Euro 3.700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessorì di legge e spese generali. Compensa le spese tra il ricorrente principale e la ricorrente incidentale.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 10 novembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 25 novembre 2011

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