Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24992 del 25/11/2011
Cassazione civile sez. II, 25/11/2011, (ud. 03/11/2011, dep. 25/11/2011), n.24992
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GOLDONI Umberto – Presidente –
Dott. BUCCIANTE Ettore – Consigliere –
Dott. MAZZACANE Vincenzo – Consigliere –
Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Consigliere –
Dott. BERTUZZI Mario – rel. est. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
B.T.L., (OMISSIS), rappresentata e difesa
per procura in calce al ricorso dagli Avvocati FERRI Paolo e Paolo
Voltaggio, elettivamente domiciliata presso lo studio di quest’ultimo
in Roma, via Fontanella Borghese n. 72;
– ricorrente –
contro
C.R.;
– intimato –
e
Azienda ULSS (OMISSIS) di Treviso;
– intimata –
avverso l’ordinanza del Presidente del Tribunale di Treviso
depositata il 23 gennaio 2006; (R.G. 1651/05 V.G.);
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 3
novembre 2011 dal Consigliere relatore Dott. Mario Bertuzzi;
udite le conclusioni del P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. RUSSO Alberto Libertino, che ha chiesto che il ricorso
sia dichiarato inammissibile o, in subordine, rigettato.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto notificato il 22 febbraio 2006, B.T.L. ricorre, sulla base di tre motivi, per la cassazione dell’ordinanza del Presidente del Tribunale di Treviso del 23 gennaio 2006, che, in sede di opposizione, aveva riliquidato in Euro 1.546, in luogo che di Euro 1.500, il compenso spettante al prof. C.R. per la consulenza tecnica in materia medica da lui svolta nel giudizio promosso dalla odierna ricorrente nei confronti della Azienda ULSS (OMISSIS) di Treviso per il risarcimento dei danni subiti a causa di un asserito erroneo intervento chirurgico di laparoscopia, avendo ritenuto il giudicante congrua la richiesta di liquidazione effettuata dal consulente sulla base del criterio delle vacazioni.
Nè il C. nè la ULSS (OMISSIS) di Treviso hanno svolto attività difensiva.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il primo motivo di ricorso denunzia violazione degli artt. 1, 20, 21 e 29 della Tabella approvata con D.M. 30 maggio 2002 e della L. n. 319 del 1980, art. 4, assumendo che il giudice a quo ha adottato illegittimamente, ai fini della liquidazione del compenso al consulente tecnico d’ufficio, il criterio delle vacazione, che per legge è utilizzabile soltanto laddove la prestazione espletata non sia riconducibile tra quelle indicate nella tabella, tenuto conto che la consulenza in materia di medicina legale è espressamente contemplata dagli artt. 20 e 21 della Tabella.
Il motivo è infondato.
Condivisibile appare la premessa di diritto da cui muove la ricorrente, secondo cui, ai fini della liquidazione del compenso al consulente tecnico d’ufficio, il criterio delle vacazioni, di cui alla L. n. 319 del 1980, art. 4, avendo carattere residuale, può trovare applicazione soltanto nei casi in cui la prestazione oggetto dell’incarico da parte del consulente non sia già prevista, nemmeno in via analogica, con autonoma indicazione del compenso, nella Tabella allegata al decreto ministeriale di determinazione delle competenze spettanti ai consulenti tecnici d’ufficio (Cass. n. 878 del 2011; Cass. n. 17685 del 2010). Non convincente, tuttavia, appare la conclusione cui giunge il ricorso, laddove sostiene che l’oggetto della consulenza tecnica svolta nel giudizio di merito sia riconducibile alle previsioni di cui agli artt. 20 e 21 della Tabella attualmente in vigore, allegata al decreto 30 maggio 2002. In contrario è agevole infatti osservare che l’art. 20 ha riguardo alla perizia in materia medico legale, e quindi all’accertamento tecnico disposto nell’ambito delle indagini preliminari e del processo penale, mentre il successivo art. 21, che ha riguardo all’accertamento svolto nell’ambito dei giudizi civili, si occupa esclusivamente della “consulenza tecnica avente ad oggetto accertamenti medici, diagnostici, identificazione di agenti patogeni, riguardanti la persona”. L’oggetto della consulenza tecnica di cui si discute non appare riconducitele entro tale formula, nemmeno in forza di una interpretazione estensiva o analogica. La previsione della Tabella si riferisce agli accertamenti medici aventi ad oggetto lo stato di salute della persona, mentre nel caso che ci si occupa, come risulta dallo stesso ricorso, la consulenza risulta disposta nell’ambito di un giudizio intentato dalla odierna ricorrente per ottenere il risarcimento dei danni conseguenti ad un asserito erroneo intervento chirurgico di laparoscopia. L’indagine affidata al consulente tecnico pertanto, deve presumersi, non si è propriamente rivolta ad accertare lo stato attuale di salute della persona, ma ha avuto un oggetto diverso e più esteso, consistito nel verificare la correttezza, dal punto di vista della scienza medica, nelle sue varie fasi, dell’operazione chirurgica cui la paziente è stata sottoposta.
Trattasi, all’evidenza, di indagine che ha una propria specificità, rappresentata dal fatto che oggetto dell’accertamento è, per l’appunto, l’attività medica e di cura erogata alla paziente e la sua rispondenza ai principi tecnico-scientifici e di diligenza che sovrintendono l’esercizio della relativa professione, sicchè essa non può essere ricondotta, nemmeno in forza dell’analogia, alla consulenza medica diagnostica cui si riferisce la previsione tabellare. Ne consegue che, mancando una previsione specifica in Tabella per gli accertamenti tecnici aventi ad oggetto la responsabilità medica, deve ritenersi che correttamente il giudice a quo abbia applicato, ai fini della determinazione del compenso spettante al consulente, il criterio a tempo fondato sulle vacazioni.
Il secondo motivo di ricorso denunzia difetto di motivazione e violazione dell’art. 132 e/o 134 cod. proc. civ., lamentando che il giudice abbia provveduto alla liquidazione del compenso omettendo qualsiasi motivazione in ordine alla congruità dello stesso, accogliendo acriticamente la richiesta del consulente tecnico e senza nemmeno acquisire il fascicolo d’ufficio.
Il mezzo è infondato.
La valutazione del giudice a quo in merito alla richiesta di compenso del consulente tecnico d’ufficio, quanto al numero della vacazioni, trova invero un implicito, ma non per questo incerto riferimento nelle prestazioni svolte dal consulente per l’espletamento dell’incarico, che lo stesso provvedimento impugnato indica elencate nella relativa richiesta. La censura sollevata sul punto appare del resto anche generica, dal momento che se da una parte lamenta l’eccessività delle vacazioni, dall’altro omette di indicare le ragioni di tale critica, ancorandola all’effettivo oggetto delle prestazioni svolte dal professionista.
Il terzo motivo di ricorso denunzia violazione dell’art. 111 Cost., assumendo che il procedimento, per come si è svolto, ha violato il principio del contraddittorio, atteso che il Presidente del Tribunale, prima di decidere, ha dato al solo consulente tecnico un termine per il deposito di documenti, senza concedere alla ricorrente altro termine per esame e replica.
Il mezzo è inammissibile.
La censura sollevata, oltre che generica, non appare infatti sostenuta dal necessario interesse, dal momento che la ricorrente nemmeno specifica se effettivamente il consulente tecnico si è avvalso della facoltà di produrre documenti ovvero quali documenti decisivi avrebbe prodotto nè quali difese ella avrebbe potuto ad essi opporre e non le sono state concesse, dati in assenza dei quali appare evidente che nessuna violazione del principio del contraddittorio può ipotizzarsi. Il ricorso va pertanto respinto.
Nulla si dispone sulle spese di giudizio, non avendo le altre parti svolto attività difensiva.
P.Q.M.
rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, il 3 novembre 2011.
Depositato in Cancelleria il 25 novembre 2011