Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24992 del 23/10/2017


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Cassazione civile, sez. II, 23/10/2017, (ud. 25/05/2017, dep.23/10/2017),  n. 24992

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. MANNA Felice – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 6568 – 2015 R.G. proposto da:

O.U. – c.f. (OMISSIS) – D.C. – c.f. (OMISSIS) –

C.U. – c.f. (OMISSIS) – rappresentati e difesi in virtù di

procura speciale a margine del ricorso dall’avvocato Egidio Lizza ed

elettivamente domiciliati in Roma, alla via Valadier, n. 43, presso

lo studio legale Romano.

– ricorrenti –

contro

MINISTERO dell’ECONOMIA e delle FINANZE, in persona del Ministro pro

tempore;

– intimato –

avverso il decreto dei 26.5/24.7.2014 della corte d’appello di Roma,

assunto nei procedimenti riuniti iscritti ai nn. 61190/2010,

61191/2010, 62324/2010;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

25 maggio 2017 dal consigliere dott. Luigi Abete.

Fatto

MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO

Con ricorso al t.a.r. della Campania depositato il 2.8.1994 O.U., D.C. e C.U., dipendenti della giunta regionale della Campania, instavano per la condanna della Regione Campania al pagamento della rivalutazione monetaria e degli interessi sugli arretrati ad essi corrisposti a seguito del loro inquadramento nell’ottavo livello funzionale.

Resisteva la Regione Campania.

In data 27.7.2009 i ricorrenti depositavano istanza di prelievo.

Con separati ricorsi, poi riuniti, alla corte d’appello di Roma depositati il 22.11.2010 ed il 21.12.2010 – allorchè non era ancora stato definito il giudizio “presupposto” – O.U., D.C. e C.U. si dolevano per l’irragionevole durata del giudizio innanzi al t.a.r..

Resisteva il Ministero dell’Economia e delle Finanze.

Con decreto dei 26.5/24.7.2014 la corte d’appello di Roma rigettava i ricorsi e compensava le spese.

Avverso tale decreto hanno proposto ricorso sulla scorta di un unico motivo O.U., D.C. e C.U.; hanno chiesto che questa Corte ne disponga la cassazione con ogni susseguente statuizione in ordine alle spese di lite, da attribuirsi ai difensori anticipatari.

Il Ministero dell’Economia e delle Finanze non ha svolto difese.

Con l’unico motivo i ricorrenti denunciano ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione dell’art. 6, par. 1, C.E.D.U., della L. n. 89 del 2001, art. 2, del D.Lgs. n. 112 del 2008, art. 54, comma 2, convertito con modificazioni nella L. n. 133 del 2008 e come successivamente modificato dal D.Lgs. n. 104 del 2010, art. 4, art. 3, comma 23.

Deducono che ha errato la corte di merito ad escludere l’indennizzo per il periodo anteriore al deposito dell’istanza di prelievo.

Il ricorso è fondato e meritevole di accoglimento nei termini che seguono.

Si ribadisce che il giudizio “presupposto” ha avuto inizio il 2.8.1994 ed era ancora pendente alle date (22.11.2010 e 21.12.2010) di proposizione dei ricorsi ex lege “Pinto” ed alla data del 16.9.2010 (dì a decorrere dal quale è divenuto operativo il D.Lgs. 25 giugno 2008, n. 112, art. 54, comma 2, convertito nella L. 6 agosto 2008, n. 133 come modificato dall’art. 3, comma 23 dell’allegato 4 al D.Lgs. 2 luglio 2010, n. 104).

Si ribadisce che nel giudizio “presupposto”, siccome la stessa corte d’appello ha dato atto, l’istanza di prelievo è stata depositata in data 27.7.2009.

In tal guisa la condizione di proponibilità della domanda di equa riparazione sia con riferimento al periodo decorso successivamente sia con riferimento al periodo decorso antecedentemente alla presentazione della medesima istanza è stata assolta (cfr. Cass. 5.8.2016, n. 16404, secondo cui, in tema di equa riparazione per irragionevole durata del processo amministrativo, ai sensi del D.Lgs. n. 112 del 2008, art. 54, comma 2, come modificato dall’allegato 4 al D.Lgs. n. 104 del 2010, art. 3, comma 23, nei giudizi pendenti alla data del 16 settembre 2010 la presentazione dell’istanza di prelievo deve precedere l’instaurazione del giudizio di equa riparazione e condiziona la proponibilità della domanda di indennizzo anche per il periodo anteriore al deposito della medesima istanza).

In questo quadro è sufficiente il riferimento all’insegnamento di questa Corte a tenor del quale il D.Lgs. n. 112 del 2008, art. 54, comma 2, come modificato dall’allegato 4 al D.Lgs. n. 104 del 2010, art. 3, comma 23, – in base al quale nei giudizi pendenti alla data del 16 settembre 2010 la presentazione dell’istanza di prelievo condiziona la proponibilità della domanda di indennizzo anche per il periodo anteriore alla medesima presentazione – non implica che detta istanza costituisca il momento a partire dal quale assume rilievo la pendenza giudiziale e si debba calcolare, di riflesso, la durata ragionevole; al contrario, l’istanza di prelievo, una volta presentata, assolve ed esaurisce la propria funzione di presupposto processuale del procedimento di equa riparazione, mentre, ai fini del computo della durata ragionevole, occorre aver riguardo all’intera durata del processo e non solo a quella successiva al deposito dell’istanza predetta (cfr. Cass. 27.1.2017, n. 2172; Cass. 1.7.2016, n. 13554, secondo cui, in tema di equa riparazione per irragionevole durata del processo amministrativo, l’istanza di prelievo, anche quando condiziona “ratione temporis” la proponibilità della domanda di indennizzo, non incide sul computo della durata del processo, che va riferita all’intero svolgimento processuale e non alla sola fase seguente detta istanza).

Conseguentemente non possono essere condivise nè recepite le affermazioni della corte romana secondo cui, “considerato che i ricorrenti hanno dimostrato di aver presentato l’istanza suddetta in data 27.07.2009 (…) solo da detta data è possibile valutare il superamento del termine di ragionevole durata” (così decreto della corte d’appello di Roma, pag. 2) e secondo cui, “nel concreto, non risulta trascorso il suddetto termine” (così decreto della corte d’appello di Roma, pag. 2).

In accoglimento del ricorso il decreto dei 26.5/24.7.2014 della corte d’appello di Roma va cassato con rinvio alla stessa corte in diversa composizione.

All’enunciazione – in ossequio alla previsione dell’art. 384 c.p.c., comma 1, – del principio di diritto – al quale ci si dovrà uniformare in sede di rinvio – può farsi luogo per relationem, nei medesimi termini espressi dalle massime desunte dagli insegnamenti di questa Corte n. 16404/2016, n. 13554/2016 e n. 2172/2017 dapprima citati.

In sede di rinvio si provvederà alla regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

PQM

La Corte accoglie il ricorso; cassa il decreto dei 26.5/24.7.2014 della corte d’appello di Roma; rinvia alla corte d’appello di Roma in diversa composizione anche per la regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio della 2^ sez. civ. della Corte Suprema di Cassazione, il 25 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 23 ottobre 2017

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