Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24990 del 25/11/2011

Cassazione civile sez. II, 25/11/2011, (ud. 26/10/2011, dep. 25/11/2011), n.24990

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCHETTINO Olindo – Presidente –

Dott. NUZZO Laurenza – Consigliere –

Dott. MATERA Lina – Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 5695/2006 proposto da:

B.A. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA VALLISNERI 11, presso lo studio dell’avvocato PACIFICI

PAOLO, rappresentato e difeso dall’avvocato MOMOLI MARIA BIANCA;

– ricorrenti –

contro

D.M.G. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA TARO 35, presso lo studio dell’avvocato MAZZONI CLAUDIO,

che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato BERGAMASCHI

PAOLO;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 944/2005 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA,

depositata il 28/10/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

26/10/2011 dal Consigliere Dott. ANTONINO SCALISI;

udito l’Avvocato Enzo PARINI con delega depositata in udienza

dell’Avvocato MAZZONI Claudio difensore del resistente che ha chiesto

il rigetto del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

RUSSO Rosario Giovanni, che ha concluso per accoglimento del terzo

motivo di ricorso, assorbiti gli altri.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione del 15 ottobre 1999 B.A. conveniva in giudizio, davanti al Tribunale di Mantova, D.M. G. e, premesso di aver stipulato con la convenuta un contratto preliminare di vendita avente ad oggetto il trasferimento di un appartamento sito nel Comune di Mantova per il prezzo di lire 125.000.000 di cui L. 20.000. 000 corrisposte a titolo di caparra confirmatoria e la restante parte da corrispondere il 30 settembre 1999 o comunque all’atto della stipula dell’atto pubblico di compravendita, assumeva di aver ricevuto nel settembre del 1999 un telegramma con il quale la convenuta poneva il termine del 27 settembre 1999 per “la consegna dei documenti al notaio a pena la risoluzione del contratto”. Chiedeva, pertanto, la condanna della D. M. a comparire davanti al Notaio per adempiere all’obbligazione del trasferimento del bene entro 15 giorni dalla notifica della citazione e, in caso di ulteriore inadempimento, la pronuncia di sentenza ai sensi dell’art. 2932 c.c..

Si costituiva in giudizio D.M.G., la quale deduceva che la richiesta di condanna all’adempimento del preliminare nel termine di quindici giorni dalla notifica della citazione fosse palesemente “impossibile” e, comunque, la citazione non integrava gli estremi di una diffida ad adempiere. L’atto di citazione era nullo, essendo incerto l’oggetto della domanda. Specificava altresì, di non aver potuto fissare entro il termine previsto l’appuntamento dal notaio per motivi di salute di questo. Chiedeva, pertanto, la dichiarazione di nullità dell’atto di citazione e in via riconvenzionale la dichiarazione di illegittimità del recesso e della ritenzione della caparra; e, in via subordinata, la risoluzione del contratto per scadenza del termine essenziale.

Il Tribunale di Mantova, con sentenza n. 915 del 2003, riteneva legittimo il recesso della D.M. e rigettava la domanda avanzata da B.A..

Avverso tale sentenza/interponeva appello B.A., lamentando l’erroneità della valutazione di essenzialità del termine previsto per la stipula dell’atto pubblico dell’imputazione dell’inadempimento ad esso B. dell’interpretazione dell’art. 1457 c.c., che non richiedeva la diffida ad adempire. Ribadiva la richiesta di sentenza ai sensi dell’art. 2932 c.c..

Si costituiva la convenuta, chiedendo la conferma della sentenza di primo grado.

La Corte di Appello di Brescia, con sentenza n. 944 del 2005, rigettava l’appello e confermava la sentenza di primo grado. A sostegno di questa decisione la Corte bresciana osservava: a) il termine previsto per la stipula del contratto definitivo presentava gli estremi di un termine essenziale; b) il mancato rispetto del termine era addebitabile al B..

La cassazione della sentenza n. 944 del 2005 della Corte di appello di Brescia è stata chiesta da B.A. con atto di ricorso affidato a tre motivi, illustrati da memoria. D.M. G. ha resistito con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – Con il primo motivo la parte ricorrente lamenta – come da rubrica – Violazione o falsa applicazione della noma di diritto in materia di onere della prova ex art. 2697 c.c., nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia. In particolare, il ricorrente censura la sentenza, laddove, ha accolto la tesi della previsione del termine essenziale, contrattualmente previsto dalle parti in assenza di ogni prova sul punto e con motivazione contraddittoria. La Corte bresciana – specifica il ricorrente – avrebbe ritenuto essenziale il termine previsto per la stipula del contratto definitivo di vendita per la considerazione che la D.M. aveva necessità di concludere il contratto definitivo in quella data,perchè entro quella data avrebbe dovuto a sua volta stipulare un contratto di acquisto con altro soggetto e non avrebbe potuto godere delle agevolazioni fiscali, se non avesse proceduto alla vendita dell’immobile oggetto del preliminare di cui si dice. Epperò, sempre secondo il ricorrente: A) nè la D.M., nè la mediatrice avevano fatto presente al Beccaria che la vendita avrebbe dovuto eseguirsi tassativamente il 30 settembre 1999, a pena di risoluzione del contratto con perdita della caparra versata. Piuttosto, nel contratto preliminare veniva fatto un generico riferimento ad un’altra vendita che la D.M. avrebbe dovuto concludere entro tale termine, senza però che venisse richiamato il contratto preliminare stipulato con il terzo. Per altro,la stessa utilità che la D.M. riteneva di perdere avrebbe potuto essere ovviata, stipulando l’altra vendita in epoca successiva al 30 settembre 1999. B) contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte bresciana, l’essenzialità del termine non poteva neppure ricollegarsi al motivo che la venditrice si proponeva (ossia di evitare la perdita dei benefici fiscali) perchè tale motivo non era stato dedotto nel contratto preliminare.

A sua volta il ricorrente lamenta che: 1) la ricostruzione documentale esposta nella motivazione della sentenza sarebbe contraddetta dal documento attestante che non fosse indispensabile rogitare entro il termine del 30 settembre, ma solo eseguire il versamento del prezzo concordato con il terzo.

2) la mancata dimostrazione della disponibilità del notaio Araldi a rogitare entro il termine previsto nel preliminare, dato che nessun invito a presentarsi avanti a lui entro il 30 settembre 1999 gli era stato mai rivolto.

1.1. – La censura è infondata perchè la Corte bresciana, ha indicato, con una adeguata e ampia motivazione, le ragioni di fatto e di diritto poste a fondamento della decisione in ordine all’essenzialità del termine di stipula dell’atto definito di compravendita oggetto del giudizio.

1.2. – Giova evidenziare che la giurisprudenza di legittimità (per tutte, Cass. 6 dicembre 2007 n. 25549) è univocamente orientata nel senso che “il termine per l’adempimento può essere ritenuto essenziale ai sensi e per gli effetti dell’art. 1457 c.c., solo quando, all’esito d’indagine istituzionalmente riservata al giudice di merito, da condursi alla stregua delle espressioni adoperate dai contraenti e, soprattutto, della natura e dell’oggetto del contratto, risulti, inequivocabilmente, la volontà delle parti di ritenere perduta l’utilità economica del contratto con l’inutile decorso del termine medesimo; tale volontà non può desumersi solo dall’uso dell’espressione “entro e non oltre”, quando non risulti dall’oggetto del negozio o da specifiche indicazioni delle parti che queste hanno inteso considerare perduta l’utilità prefissasi nel caso di conclusione del negozio stesso oltre la data considerata”.

L’impiego dell’espressione in questione, pertanto, è insufficiente a far considerare senz’altro il termine come essenziale, ma non implica di per sè che esso non lo sia, come il ricorrente sostiene.

Piuttosto, si tratta di un dato da prendere in considerazione insieme con tutti gli altri elementi utili ad accertare se le parti abbiano inteso – o non – attribuire al termine quel carattere.

1.2.a). – A tale indagine la Corte bresciana non si è sottratta e del suo esito ha dato adeguatamente conto. In particolare, la Corte bresciana ha posto in relazione – come avrebbe dovuto fare – la clausola relativa al termine, con gli elementi emersi nella fase istruttoria ed essenzialmente ha prestato specifica attenzione a più elementi: 1) ai tempi estremamente ristretti tra la stipula del preliminare e la stipula del definitivo (il preliminare è del 16 settembre e il definitivo doveva essere stipulato il 30 settembre, cioè dopo appena quattordici giorni); 2) al comportamento successivo alla stipula del preliminare tenuto sia dalla D.M. e sia pure dal B.: 3) alla dichiarazione testimoniale della S. R.. Secondo la Corte di merito, i termini ristretti, tra preliminare e definitivo, non potevano non evidenziare un interesse specifico della D.M. (promittente venditrice) a compiere l’atto nel termine previsto perchè, se non avesse avuto un interesse specifico a quel termine, avrebbe potuto sfruttare la possibilità di ottenere maggiori vantaggi lasciando il bene sul mercato per un tempo più ampio. L’interesse a quel termine (30 settembre 1999) veniva ancora evidenziato dal comportamento successivo della D.M., la quale ha invitato il B. (promissario acquirente) a provvedere agli adempimenti necessari in modo da poter procedere al rogito entro la data fissata del 30 settembre, sottolineando la necessità di rispetto dell’anzidetto termine, anche con il riferimento alla possibile risoluzione del contratto. Epperò, il B., nonostante l’invito della D.M. non ha provveduto neppure a tutti gli adempimenti per rendere possibile la conclusione del contratto stesso (con riferimento in particolare all’erogazione del mutuo), nonostante avesse concordato un termine ben specifico. E di più, il B., non solo non dava alcuna risposta ai solleciti trasmessi dall’attrice il 25, 27 e 29 settembre, ma provvedeva a comunicare solo il primo ottobre (cioè, dopo la scadenza del termine concordato per la stipula del definitivo) che il Notaio che avrebbe dovuto redigere il contratto aveva problemi di salute e sarebbe stato disponibile soltanto ai primi giorni del mese di ottobre. A sua volta la teste escussa, mediatrice nei rapporti di cui si dice chiariva che il B. e la D.M. avevano discusso specificamente del termine entro cui avrebbe dovuto essere stipulato il contratto definitivo e delle esigenze della venditrice in ordine al termine stabilito.

1.2.b). – La diversa valutazione di questi elementi propugnata dai ricorrenti, i quali contestano che siano in alcun modo significativi, non può costituire idonea ragione di cassazione della sentenza impugnata, stanti i limiti propri del giudizio di legittimità, che non consentono a questa Corte, nel campo degli accertamenti di fatto e degli apprezzamenti di merito, di estendere il proprio sindacato oltre a quello attinente all’omissione, insufficienza o contraddittorietà della motivazione: vizi dai quali la sentenza impugnata risulta immune.

1.2.c). – A sua volta le ragioni esposte dalla Corte di merito non consentono neppure di attribuire rilievo all’assunto del ricorrente secondo il quale la sentenza avrebbe erroneamente attribuito valenza al “motivo” che aveva indotto la D.M. alla stipula del preliminare, perchè la Corte bresciana non ha dato rilievo ad un motivo, ma ha interpretato la clausola relativa al termine, alla luce degli elementi, contrattuali e anche extracontrattuali, utilmente valutabili, così come vuole il sistema normativo in materia d’interpretazione dei contratti (art. 1362 c.c. e ss.) Nè ha rilievo la presunta mancanza di prova della disponibilità del notaio Araldi alla stipula del definitivo, dato che il B.; come osserva la Corte di merito, non ha provveduto a tutti gli adempimenti per rendere possibile la conclusione del contratto stesso (con riferimento in particolare all’erogazione del mutuo).

2. – Con il secondo motivo il ricorrente lamenta la violazione o falsa applicazione dell’art. 1457 c.c.. Avrebbe errato la Corte bresciana nell’aver dato per assodato ed indiscutibile che la presunta perdita dei cosiddetti “benefici fiscali per l’acquisto della prima casa” costituisca un’utilità economica tale da giustificare l’essenzialità del termine deducendo la colpevole violazione dello stesso da parte del ricorrente.. Specifica il ricorrente che l’essenzialità del termine non si desume da generiche indicazioni contenute nel contratto sull’importanza del termine/perchè si tratta di indicazioni comunemente usate senza un rigoroso significato per sollecitare la puntualità dell’adempimento.

Piuttosto, secondo il ricorrente, il criterio dell’essenzialità va definito prima di tutto su un piano oggettivo: il termine sarebbe essenziale, se dopo la scadenza la prestazione non avrebbe più utilità per il creditore. A sua volta, il criterio dell’essenzialità può essere soggettiva se le parti qualificano esse stesse il termine della prestazione come essenziale e stabiliscano che la sua infruttuosa scadenza risolverà automaticamente il contratto. Sostanzialmente, considerare unicamente l’interesse della parte che dal termine essenziale trae vantaggio, significa concepire l’essenzialità unicamente quale mezzo di realizzazione dell’interesse creditorio.

2.1. – La censura riprende sotto altra ottica la stessa questione che è stata esaminata con il primo motivo, pertanto rimane assorbita e ad essa va esteso quanto è già evidenziato.

3. – Con il terzo motivo, il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 2722 c.c.. In particolare, il ricorrente censura la sentenza impugnata laddove abbia escluso l’eccepita inammissibilità delle dichiarazioni testimoniali, nonostante vertessero su fatti precedenti o comunque coevi alla stipula del contratto. E’ stata introdotta, insomma, una prova testimoniale, per dimostrare l’esistenza di un patto aggiunto (essenzialità del termine) stipulato contemporaneamente al contenuto del contratto.

Sarebbe, quindi, palese secondo il ricorrente la violazione dell’art. 2722 c.c., perchè non è ammissibile la prova per testi per patti aggiunti al contenuto di un documento in relazione ad accordi intercorsi prima della stipula del contratto.

3.1. – Anche questa ulteriore censura è infondata perchè la parte interessata – come bene ha affermato la Corte bresciana – con le testimonianze introdotte non ha inteso dimostrare l’esistenza di un patto aggiunto, ma ha inteso chiarire il senso e il rilievo di una clausola contenuta nel contratto, ovvero identificare la comune intenzione dei contraenti in ordine alla clausola relativa al termine di stipula del contratto.

In definiva, il ricorso va rigettato e il ricorrente, in ragione del principio di soccombenza di cui all’art. 91 c.p.c., va condannato a rimborsare la D.M. le spese del giudizio di cassazione, nella misura in cui verranno liquidate con il dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione che liquida in Euro 3200,00 oltre Euro 200,00 per esborsi e oltre accessori come per legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Seconda Civile della Suprema Corte di Cassazione, il 26 ottobre 2011.

Depositato in Cancelleria il 25 novembre 2011

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