Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24990 del 09/11/2020

Cassazione civile sez. III, 09/11/2020, (ud. 20/07/2020, dep. 09/11/2020), n.24990

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. SCODITTI Enrico – rel. Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. FIECCONI Francesca – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21685/2018 proposto da:

C.A., C.R., C.P.,

C.O.G., C.R.A., C.D., C.M.,

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DEI GALLA E SIDAMA, 49,

presso lo studio dell’avvocato LUIGI FORCINITI, rappresentati e

difesi dall’avvocato MASSIMILIANO COPPA;

– ricorrenti –

e contro

REGIONE CALABRIA AZIENDA SANITARIA PROVINCIALE DI COSENZA, MINISTERO

DELLA SALUTE (OMISSIS);

– intimati –

avverso la sentenza n. 96/2018 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,

depositata il 13/01/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

20/07/2020 dal Consigliere Dott. ENRICO SCODITTI.

 

Fatto

RILEVATO

che:

C.O.G., C.R., C.A., C.R.A., C.D., C.P. e C.M. convennero in giudizio innanzi al Tribunale di Catanzaro il Ministero della Salute, la Regione Calabria e l’Azienda Sanitaria Provinciale di Cosenza chiedendo il risarcimento del danno in relazione al virus HCV contratto dalla congiunta P.O.T., deceduta, in occasione di emotrasfusione cui si era sottoposta nel (OMISSIS) presso l’Ospedale Civile (OMISSIS). Il Tribunale adito dichiarò il difetto di legittimazione del Ministero (essendo entrata in vigore successivamente al 1965 la normativa relativa agli obblighi ministeriali) e condannò la Regione Calabria e l’Azienda Sanitaria Provinciale di Cosenza in solido fra di loro al pagamento della somma di Euro 489.845,00 detratto quanto percepito ai sensi della L. n. 210 del 1992. Avverso detta sentenza proposero distinti appelli la Regione Calabria e l’Azienda Sanitaria Provinciale di Cosenza. Disposta la riunione degli appelli, con sentenza di data 13 gennaio 2018 la Corte d’appello di Catanzaro accolse le impugnazioni rigettando la domanda, rilevando, sulla base di Cass. n. 5545 del 2012, la legittimazione passiva dell’amministrazione comunale.

Hanno proposto ricorso per cassazione C.O.G., C.R., C.A., C.R.A., C.D., C.P. e C.M. sulla base di un motivo. E’ stato fissato il ricorso in Camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 bis.1 c.p.c.. E’ stata presentata memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

con il motivo di ricorso si denuncia violazione e falsa applicazione della L. n. 833 del 1978, art. 66 e D.L. n. 382 del 1987, art. 12, convertito con L. n. 456 del 1987, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un fatto decisivo e controverso ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Osservano i ricorrenti che, se è vero che la titolarità passiva dei debiti contratti dagli enti ospedalieri relativamente ai rapporti sorti anteriormente al 1980 veniva inizialmente assunto dai comuni territorialmente competenti, è altresì vero che, come affermato da Cass. n. 18220 del 2008, il D.L. n. 382 del 1987, convertito con L. n. 456 del 1987, disponendo l’assunzione a carico del bilancio dello Stato, delle regioni e delle unità sanitarie locali, ha a sua volta realizzato una successione ex lege.

Il motivo è infondato. E’ rimasta isolata nella giurisprudenza di questa Corte la posizione di Cass. 3 luglio 2008, n. 18220 secondo cui, per effetto del D.L. 19 settembre 1987, n. 382, art. 12, comma 2, convertito con modificazioni nella L. n. 456 del 1987, le unità sanitarie locali sono divenute passivamente legittimate rispetto alla pretesa risarcitoria del paziente che abbia patito danni, in conseguenza di un errore medico, prima che venissero loro trasferite le competenze in materia di assistenza e cura, già attribuite ai disciolti enti ospedalieri. L’orientamento prevalente di questa Corte, cui il Collegio intende dare continuità, è quello rappresentato da Cass. 5 aprile 2012, n. 5545 (si veda da ultimo Cass. 14 marzo 2018, n. 6121).

Come affermato da Cass. n. 5545 del 2012, al precedente del 2008 si contrappone “un diverso orientamento che si è andato consolidando nel tempo, secondo cui la norma in questione ha solo avuto un significato contabile, lasciando immutata la titolarità della posizione in capo ai Comuni dei rapporti giuridici pregressi (di carattere obbligatorio) già ad essi trasferiti in quanto successori degli enti ospedalieri (Cass. 11 ottobre 2011, n. 27895; Cass. 14 ottobre 2011, n. 21241; Cass. 12 luglio 2006, n. 15761; Cass. 10 maggio 2000, n. 5945; Cass. 11 marzo 1996, n. 9842; Cass. 12 dicembre 1992, n. 12841). Il Collegio – nell’aderire a quest’ultimo indirizzo, confortato dalla lettera della norma, oltre che coerente con l’impianto complessivo della legge, finalizzato alla definitiva destinazione delle pervenute in oggetto sul bilancio dello Stato – ritiene di dover ribadire alcuni principi, già affermati con ampia prevalenza dalla giurisprudenza di questa Corte, non offrendo il ricorso incidentale elementi di sostanziale novità che giustifichino una rivisitazione degli argomenti già offerti dalle sentenze sopra richiamate. Invero l’art. 12 comma 2 cit., in relazione alla fattispecie in esame, opera esclusivamente sul piano organizzativo interno dei meccanismi di imputazione contabile della posizione passiva, non anche sul piano esterno civilistico del rapporto con la parte creditrice: deve, dunque, escludersi che, con tale nuova imputazione contabile, la legge abbia inteso disporre una successione nel debito con effetto per il creditore. Più esattamente, secondo quanto disposto dalla norma indicata, il debito farà carico al Fondo sanitario Nazionale, cui fa capo il finanziamento delle U.S.L., ma ciò non comporta un “trasferimento” del debito in questione nel senso civilistico del termine, con estromissione del rapporto del Comune debitore; l’accertamento giudiziario del debito stesso deve, infatti, svolgersi nei confronti del Comune, il quale, in esito alla condanna al pagamento, è tenuto a curare l’attivazione dei meccanismi predisposti all’estinzione dell’obbligazione, senza coinvolgere il creditore nei problemi attinenti le procedure contabili interne fra il Comune e la struttura operativa sanitaria. Nè ad una diversa conclusione può pervenirsi sulla base del disposto del D.Lgs. n. 502 del 1993, art. 5, neppure nel testo sostituito dal D.Lgs. n. 517 del 1993, art. 6, atteso che tale norma prevede il trasferimento al patrimonio delle Unità Sanitarie Locali o delle Aziende Ospedaliere dei soli beni e attrezzature (già facenti parte del patrimonio dei Comuni o delle Provincie con vincolo di destinazione alle U.S.L.), non anche dei rapporti giuridici obbligatori, già trasferiti ai Comuni quali successori dei disciolti enti ospedalieri a norma della L. n. 833 del 1978, art. 66 (cfr. Cass. n. 5038/2005; Cass. n. 15761/2006 già cit.)”.

Nulla per le spese del giudizio di cassazione in mancanza della partecipazione al giudizio della parte intimata.

Poichè il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 e viene disatteso, sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, che ha aggiunto del Testo Unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

PQM

Rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 20 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 9 novembre 2020

 

 

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