Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2499 del 02/02/2011

Cassazione civile sez. trib., 02/02/2011, (ud. 16/12/2010, dep. 02/02/2011), n.2499

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Presidente –

Dott. D’ALESSANDRO Paolo – rel. Consigliere –

Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –

Dott. DI BLASI Antonino – Consigliere –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore, domiciliata in Roma,

via dei Portoghesi 12, presso l’Avvocatura generale dello Stato, che

la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

Z.M.;

– intimato –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale

dell’Emilia-Romagna n. 20/23/06 del 16/2/06.

Fatto

CONSIDERATO IN FATTO

Che il Consigliere relatore, nominato ai sensi dell’art. 377 c.p.c., ha depositato la relazione scritta prevista dall’art. 380 bis, nei termini che di seguito si trascrivono:

“L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale dell’Emilia-Romagna che ha rigettato l’appello dell’Ufficio contro la pronuncia di primo grado, che aveva accolto il ricorso del contribuente, agente di commercio, contro il silenzio-rifiuto formatosi su istanza di rimborso IRAP. L’intimato non si è costituito.

Il ricorso contiene tre motivi. Può essere trattato in camera di consiglio (art. 375 c.p.c., n. 5) ed accolto, per manifesta fondatezza del terzo motivo, rigettati i primi due, alla stregua delle considerazioni che seguono:

Con i primi due motivi, sotto i profili della violazione di legge e del vizio di motivazione, l’Agenzia deduce l’erroneità della sentenza, in sostanza assumendo che gli agenti di commercio, in quanto imprenditori, sarebbero sempre soggetti ad IRAP. I due motivi sono manifestamente infondati in quanto le Sezioni Unite di questa Corte hanno affermato che, a norma del combinato disposto del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 2, comma 1, primo periodo, e art. 3, comma 1, lett. c), l’esercizio dell’attività di agente di commercio di cui alla L. 9 maggio 1985, n. 204, art. 1, è escluso dall’applicazione dell’imposta qualora si tratti di attività non autonomamente organizzata. Il requisito dell’autonoma organizzazione, il cui accertamento spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato, ricorre quando il contribuente: a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione e non sia, quindi, inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l’id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza dell’organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui. Costituisce onere del contribuente, che chieda il rimborso dell’imposta asseritamente non dovuta, dare la prova dell’assenza delle predette condizioni (SS.UU. 12108/09).

Con il terzo motivo la ricorrente deduce il vizio di motivazione sul punto controverso rappresentato dalla sussistenza del requisito dell’autonoma organizzazione, lamentando il mancato esame delle circostanze dedotte sul punto, desumibili dalla dichiarazione dei redditi del medesimo contribuente.

Il terzo motivo è manifestamente fondato, sia perchè – come si è detto in relazione ai primi due motivi – grava sul contribuente l’onere di fornire la prova dell’assenza delle condizioni che lo assoggetterebbero all’IRAP, sia perchè comunque l’Ufficio aveva evidenziato in giudizio la considerevole entità dei costi esposti dal contribuente nelle dichiarazioni dei redditi, ritenendoli sintomatici della sussistenza del requisito dell’autonoma organizzazione.

Il generico riferimento, contenuto in sentenza, alla “documentazione in atti” non è d’altro canto idoneo a dar conto dei motivi della decisione”;

che le parti non hanno presentato memorie;

che il collegio condivide la proposta del relatore;

che pertanto, accolto il terzo motivo di ricorso e rigettati i primi due, la sentenza deve essere cassata, in relazione al motivo accolto, con rinvio, anche per le spese, ad altra sezione della Commissione tributaria regionale dell’Emilia-Romagna.

P.Q.M.

La Corte accoglie il terzo motivo di ricorso e rigetta i primi due, cassa la sentenza impugnata, in relazione al motivo accolto, e rinvia, anche per le spese, ad altra sezione della Commissione tributaria regionale dell’Emilia-Romagna.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Tributaria, il 16 dicembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 2 febbraio 2011

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