Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24988 del 23/10/2017


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Cassazione civile, sez. II, 23/10/2017, (ud. 24/05/2017, dep.23/10/2017),  n. 24988

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIGLIUCCI Emilio – Presidente –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – rel. Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. SABATO Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 13913-2011 proposto da:

N.B. ((OMISSIS)), R.R. ((OMISSIS)), L.D.

((OMISSIS)), G.F. ((OMISSIS)), già rappresentati e

difesi dall’avvocato GIUSEPPE LAPENNA, presso il cui studio, VIA

STAZIONE DELLA STORTA 2, sono elettivamente domiciliati, nonchè

C.R. ((OMISSIS)), B.L. ((OMISSIS)),

elettivamente domiciliati in ROMA, PIAZZA DEI RE DI ROMA 8, presso

lo studio dell’avvocato VITO CALABRESE, che li rappresenta e difende

giusta procura speciale Rep. n. 44930 del 4.2.2016 in Bari per

Notaio Dr. Lo.Fe.;

– ricorrenti –

contro

S.r.l. TORRE RINALDA (p.iva (OMISSIS)) in persona dell’Amministratore

unico D.C. ((OMISSIS)), quest’ultimo anche in proprio

quale erede di D.S., elettivamente domiciliati in ROMA,

PIAZZA AMERICO CAPPONI 16, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO

MILONE, rappresentati e difesi dall’avvocato GABRIELE DI NOI;

– c/ricorrenti e ricorrenti incidentali –

avverso la sentenza n. 166/2010 della CORTE D’APPELLO di LECCE,

depositata il 25/03/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

24/05/2017 dal Consigliere Dott. ELISA PICARONI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SERVELLO GIANFRANCO che ha concluso per il rigetto del ricorso

principale e per l’accoglimento del ricorso incidentale.

udito l’Avvocato VITO CALABRESE preliminarmente difensore dei

ricorrenti, che, fa presente che, essendo subentrato al precedente

difensore, non ha assunto le difese di alcune parti; ha chiesto

l’accoglimento del ricorso principale ed il rigetto del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Corte d’appello di Lecce, con sentenza depositata il 25 marzo 2010, ha accolto l’appello proposto da Torre Rinalda s.r.l. e D.C., quale erede di D.S., riformando la sentenza del Tribunale di Lecce, sezione stralcio, in data 30 giugno/14 luglio 2005, che aveva accolto la domanda proposta da Ca.Ma., + ALTRI OMESSI

1.1. Il sig. Ca. e gli altri soggetti sopra indicati avevano agito dinanzi al Pretore di Lecce con ricorso in data 2 agosto 1994 per essere reintegrati nel godimento dell’area di campeggio di proprietà della società Torre Rinalda, della quale avevano pacificamente goduto a far tempo dal 1984, in qualità di azionisti privilegiati della stessa società.

Torre Rinalda aveva eccepito l’inammissibilità dell’azione di reintegrazione, evidenziando che non esisteva una posizione di possesso tutelabile; che il privilegio azionario, consistente nel godimento permanente di una piazzola per ciascuna azione, risultava nullo ai sensi dell’art. 1418 cod. civ. per violazione di norma imperativa (la L.R. Puglia n. 35 del 1979 e il relativo regolamento di attuazione vietavano qualsiasi forma di cessione delle piazzole per periodi superiori a 30 giorni); che di ciò essa società aveva informato in data 28 novembre 1992 i sottoscrittori delle prenotazioni delle azioni privilegiate, invitandoli altresì a rimuovere i caravan e le attrezzature entro il successivo 31 dicembre; che in ogni caso era trascorso oltre un anno dai fatti denunciati come spoglio.

1.2. Il Pretore aveva accolto il ricorso, ordinando ai resistenti di reintegrare ciascuno dei ricorrenti nella detenzione di una piazzola di sosta, di non ostacolare l’ingresso nel complesso turistico e di non pretendere danaro per l’ingresso e la sosta.

Il Tribunale aveva confermato l’ordinanza e condannato i convenuti alle spese di lite.

2. La Corte d’appello ha riformato la decisione, rilevando che il titolo della detenzione, il contratto “modulo di prenotazione” di azione privilegiata, era stato dichiarato nullo con sentenza del Tribunale di Lecce, confermata dalla Corte d’appello, divenuta irrevocabile nei confronti di Ca.Ma. e di altri quindici sottoscrittori.

La situazione di detenzione qualificata doveva escludersi anche per gli altri ricorrenti – sigg. N.B., + ALTRI OMESSI

3. Per la cassazione della sentenza d’appello hanno proposto ricorso N.B., + ALTRI OMESSI

Il ricorso, già chiamato per la decisione il giorno 11 febbraio 2016 e rinviato a nuovo ruolo, per consentire la nomina di nuovo difensore alle parti difese dall’avv. Lapenna, risultando il predetto cancellato dal ruolo degli avvocati cassazionisti in data 24 ottobre 2012, a seguito di decesso, è stato fissato per la decisione all’odierna udienza. Torre Rinalda srl e D.C. hanno depositato memoria in prossimità dell’udienza.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Preliminarmente si rileva che dalla documentazione inviata alla cancelleria di questa Corte dalle Stazioni dei Carabinieri di Brindisi Centro e di Valenzano risulta che l’ordinanza contenente l’invito a nominare nuovo difensore in sostituzione di quello deceduto è stata notificata ai ricorrenti N.B., R.R. e L.D., non anche al ricorrente G.F., che risulta essere deceduto in data (OMISSIS).

Tenuto conto del tempo trascorso dal decesso del difensore e della circostanza che a quella data (24 ottobre 2012) il ricorrente G.F. era a sua volta deceduto da oltre un anno, non ricorrono le condizioni per disporre un ulteriore differimento dell’udienza. Come ripetutamente affermato dalla giurisprudenza di questa Corte, la morte del difensore non determina l’interruzione del processo, ma attiva il potere della Corte di differire l’udienza di discussione, disponendo la comunicazione alla parte personalmente per consentirle la nomina di un nuovo difensore; tuttavia, anche per l’attivazione di tale potere è necessario che l’evento risulti da attestazione fidefacente dell’ufficiale giudiziario notificante l’avviso di udienza e che sia mancato il tempo ragionevole per provvedere alla nomina di un nuovo difensore (ex plurimis, Cass. 20/09/2013, n. 21608).

2. Il ricorso principale è infondato.

2.1. Con il primo motivo è denunciata violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 c.c., art. 2377 c.c., comma 9, artt. 2379,2447,1372 e 1376 cod. civ. e della L.R. Puglia n. 35 del 1979, nonchè vizio di motivazione.

I ricorrenti principali contestano, nell’ordine: a) che la Corte d’appello avrebbe deciso sulla base dell’esito del giudizio petitorio, peraltro non ancora definito, attesa l’impugnazione da essi proposta avverso la sentenza della Corte d’appello di Lecce resa in sede petitoria e l’annullamento con rinvio pronunciato dalla Corte di cassazione con la sentenza n. 14558 del 2008; b) che il modulo di presentazione non poteva essere ritenuto nullo ed inefficace, in quanto la revoca della delibera societaria di emissione delle azioni privilegiate non era legittima, e, comunque, ai sensi dell’art. 2377 cod. civ. non poteva avere ricadute sui diritti acquisiti dai ricorrenti all’uso della piazzola; c) che la sottoscrizione del modulo da parte dei ricorrenti, qualificabile come proposta contrattuale, con corresponsione integrale del prezzo (compreso tra 4 e 6 milioni di Lire), era stata accettata dalla società, come risultava documentalmente oltre che dal comportamento successivo di esecuzione del vincolo così assunto; d) che le scritture private intervenute tra le parti erano immediatamente produttive di effetti, e il vincolo contrattuale non poteva essere revocato unilateralmente dalla società, oltretutto dopo anni di pacifica esecuzione, mentre la mancata emissione e consegna delle azioni privilegiate, e l’omessa iscrizione di cui all’art. 2444 cod. civ., costituivano inadempimenti di atti dovuti, peraltro privi di incidenza sulla validità della delibera e sull’efficacia vincolante del contratto di sottoscrizione, avendo natura certificativa e pubblicitaria di un negozio già perfezionato; d) che era stato erroneamente rilevato il contrasto dell’emissione di azioni privilegiate con norma imperativa, perchè la L.R. n. 35 del 1979, art. 12 abrogato dalla L.R. Puglia n. 11 del 1999, art. 76, comma 1, lett. a), non prevedeva nullità ma la mera sospensione dell’autorizzazione all’esercizio dell’attività di campeggio.

2.2. Le doglianze, tutte incentrate sulla validità del contratto di prenotazione delle azioni, sono infondate.

Come eccepito dai controricorrenti, la questione della validità del titolo di godimento delle piazzole di campeggio è definitivamente superata dal giudicato che si è formato, in epoca successiva alla proposizione del presente ricorso, con la sentenza di questa Corte di cassazione n. 1586 del 2017.

La richiamata sentenza ha rigettato il ricorso proposto dagli odierni ricorrenti principali avverso la sentenza della Corte d’appello di Lecce n. 485 del 2011, pronunciata in sede di rinvio da Cassazione n. 14558 del 2008, con la conseguenza che è definitivamente accertato che il contratto di prenotazione non si è mai perfezionato, non essendo intervenuta l’approvazione della società.

3. Con il secondo motivo è denunciata violazione e falsa applicazione degli artt. 1140 e 1141 cod. civ., nonchè vizio di motivazione su fatto controverso e decisivo, anche in ragione dell’erronea lettura delle risultanze del verbale di udienza 26 giugno 2003. I ricorrenti principali assumono che la Corte d’appello avrebbe escluso apoditticamente la sussistenza di una situazione possessoria, ignorando sia la titolarità del diritto reale d’uso della piazzola sia la circostanza che l’esercizio di un’attività corrispondente al predetto diritto può essere oggetto di tutela possessoria.

L’istruttoria aveva dimostrato sia il corpus possessionis, cioè il potere di fatto esercitato dai ricorrenti sulla piazzola, sia l’animus possidendi, vale a dire la convinzione di tenere ed usare la piazzola come propria, in virtù del contratto sottoscritto con la società.

3.1. Le doglianze sono infondate.

Nella sentenza impugnata, la Corte d’appello ha evidenziato che la situazione possessoria fatta valere dai ricorrenti con l’azione di reintegrazione era stata prospettata dagli stessi non come possesso tout court, bensì come detenzione qualificata, con la conseguenza che l’esistenza del titolo era decisiva ai fini della tutela ex art. 1168 cod. civ..

L’affermazione, la cui premessa non è sindacabile in quanto frutto di accertamento spettante al giudice del merito, è corretta nella conclusione.

Secondo la giurisprudenza costante di questa Corte regolatrice, in tema di reintegrazione del possesso, il detentore qualificato o autonomo che proponga azione di spoglio non invoca a suo favore un semplice rapporto di fatto con il bene (sintetizzabile nel brocardo possideo quia possideo), bensì un titolo che lo legittima alla detenzione nel proprio interesse, e a ciò consegue che egli deve provare l’esistenza del titolo posto a base dell’allegata detenzione (ex plurimis, Cass. 04/05/2005, n. 9226; Cass. 25/09/2007, n. 19931; più di recente, Cass. 17/02/2014, n. 3627).

Nella specie, la Corte d’appello ha rilevato che non sussisteva alcun titolo giustificativo della allegata detenzione, sul rilievo che i ricorrenti non avevano mai assunto la qualità di soci privilegiati della Torre Rinalda spa.

4. Con il terzo motivo è denunciata, subordinatamente ai primi due motivi, violazione e falsa applicazione degli artt. 1140,1168 e 2697 cod. civ. e art. 703 cod. proc. civ., nonchè vizio di motivazione e si contesta che, anche nella prospettiva della detenzione qualificata assunta dalla Corte d’appello, essi non erano tenuti a fornire la prova della validità e della perdurante efficacia del titolo al momento dello spoglio.

A ciò si doveva aggiungere che non era contestato, sotto il profilo fattuale, che i ricorrenti avevano acquisito, in seguito alla sottoscrizione del modulo di prenotazione delle azioni, il diritto al godimento della piazzola di sosta del campeggio.

4.1. Le doglianze sono infondate.

Come evidenziato nell’esame del motivo che precede, la Corte d’appello ha rilevato l’inesistenza del titolo di detenzione, non la sopravvenuta invalidità o inefficacia dello stesso.

Quanto alla non contestazione dell’avvenuto uso delle piazzole di sosta del campeggio da parte dei ricorrenti, si tratta di circostanza priva di ricadute ai fini della prova del titolo di detenzione.

5. Il ricorso incidentale è fondato.

5.1. Con il primo motivo di ricorso incidentale è denunciata violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. e si contesta l’omessa pronuncia della Corte d’appello sulla domanda di restituzione delle somme corrisposte in esecuzione della sentenza di primo grado.

5.2. Con il secondo motivo è denunciato omesso esame di un fatto decisivo costituito dalla domanda proposta con l’atto di appello, reiterata nelle conclusioni, di condanna degli appellati alla restituzione dell’importo di Euro 11.956,39 versata in esecuzione della sentenza di primo grado.

6. La doglianza proposta con il primo motivo è fondata, con assorbimento del secondo motivo.

La Corte d’appello non ha pronunciato sulla domanda restitutoria che era stata formulata dagli appellanti, come risulta dalle conclusioni riportate nella sentenza impugnata, e pertanto sussiste la denunciata violazione dell’art. 112 cod. proc. civ..

7. L’accoglimento del ricorso incidentale impone la cassazione della sentenza d’appello con rinvio, atteso che la pronuncia sulla domanda restitutoria involge accertamenti in fatto. Il giudice di rinvio, designato in dispositivo, provvederà anche a regolare le spese del presente giudizio.

PQM

La Corte rigetta il ricorso principale, accoglie il primo motivo del ricorso incidentale, assorbito il rimanente, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del presente giudizio, alla Corte d’appello di Lecce, in diversa sezione.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 2^ Sezione civile della Corte suprema di Cassazione, il 24 giugno 2017.

Depositato in Cancelleria il 23 ottobre 2017

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