Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24986 del 06/12/2016


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Cassazione civile sez. lav., 06/12/2016, (ud. 05/10/2016, dep. 06/12/2016), n.24986

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ANTONIO Enrica – Presidente –

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –

Dott. DORONZO Adriana – Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – rel. Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 17761-2011 proposto da:

D.E., (OMISSIS), D’.MA. (OMISSIS),

d.g. (OMISSIS), B.C. (OMISSIS),

D.R.L.A. DL., tutti elettivamente domiciliati in ROMA,

C/0 AVV GOLISANO P V. GL LAGRANGE 1, presso lo studio dell’avvocato

GIULIANA MIRIAM SCAMPOLI, rappresentati e difesi dall’avvocato

CARMINE DI RISIO, giusta delega in atti;

– ricorrenti –

contro

I.N.P.S. ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, C.F. (OMISSIS),

in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura

Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati CARLA

D’ALOISIO, LELIO MARITATO, ANTONINO SGROI, giusta delega in atti;

– controricorrente –

e contro

COMUNE DI VASTO, C.F. (OMISSIS);

– intimato –

Nonchè da:

COMUNE VASTO C.F. (OMISSIS), in persona del Sindaco pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, CORSO TRIESTE 87, presso lo

studio dell’avvocato BRUNO BELLI, rappresentato e difeso

dall’avvocato EMIDIO GUASTADISEGNI, giusta delega in atti;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

D.E. (OMISSIS), B.C. (OMISSIS),

D.R.L.A. DL., D’.MA. (OMISSIS),

D.G. (OMISSIS), I.N.P.S. ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE

C.F. (OMISSIS);

– intimati –

verso la sentenza n. 21/2011 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,

depositata il 25/02/2011 r.g.n. 504/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

05/10/2016 dal Consigliere Dott. ADRIANA DORONZO;

udito l’Avvocato BELLI BRUNO per delega verbale Avvocato

GUASTADISEGNI EMIDIO;

udito l’Avvocato D’Aloisio Carla;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CELENTANO Carmelo, che ha concluso per il rigetto del ricorso

principale, assorbimento del ricorso incidentale.

PQM.

Vedi Provvedimento Allegato.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Con sentenza pubblicata il 25 febbraio 2011 la Corte d’appello dell’Aquila rigettava l’appello proposto da D.E. e da altri ricorrenti contro la sentenza resa da Tribunale di Vasto che aveva rigettato la domanda degli appellanti nei confronti del Comune di Vasto per difetto di interesse ai sensi dell’art. 100 c.p.c. La Corte dichiarava altresì assorbito l’appello incidentale del Comune di Vasto.

2. Contro la sentenza ricorrono per cassazione la D., B.C., R.L.A., D’.Ma. e d.g., formulando due motivi, cui resiste con controricorso l’Inps e il Comune di vasto, il quale spiega ricorso incidentale “subordinato”, fondato su un unico motivo.

3. Il Collegio ha autorizzato la redazione di motivazione semplificata come da decreto del Primo Presidente in data 14.09.2016.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Il ricorso per cassazione è stato notificato al Comune di Vasto in data 20/6/2011, nel rispetto del termine di sessanta giorni dalla notificazione della sentenza, eseguita su richiesta dell’Inps nei confronti degli appellanti soccombenti, odierni ricorrenti, in data 21/4/2011. Esso è pertanto tempestivo, così rigettandosi l’eccezione di inammissibilità per tardività dell’impugnazione sollevata dall’Inps.

2. Il ricorso è tuttavia infondato.

Per meglio comprendere la vicenda, è opportuno riferire che l’Inps ottenne nei confronti del Comune di Vasto un decreto ingiuntivo per il pagamento di una somma pari ai contributi dovuti dal Comune per gli odierni ricorrenti in ragione dell’esistenza tra le parti di un rapporto di lavoro subordinato. L’opposizione avverso il decreto, proposta dal Comune, fu rigettata dalla Corte d’appello dell’Aquila e la relativa sentenza fu confermata dalla Corte di cassazione con sentenza n. 12685/2006.

I ricorrenti hanno poi agito con altro ricorso, sempre nei confronti del Comune di Vasto e dell’Inps, per ottenere la condanna del Comune al versamento integrale dei contributi assicurativi, previdenziali e assistenziali. Tale domanda è stata rigettata dal Tribunale sul presupposto che le parti difettavano dell’interesse ad agire ai sensi dell’art. 100 c.p.c. in ragione del precedente giudicato formatosi sulla questione. La Corte d’appello ha invece rilevato che nel corpo del ricorso di primo grado si faceva riferimento ad un periodo successivo a quello oggetto della decisione confermata in cassazione, “pur non specificandosi date nelle conclusioni”. Ha comunque ritenuto infondata la domanda, in ragione della contestazione sollevata dal Comune e della mancanza di prove della esistenza di un rapporto di lavoro subordinato per il periodo successivo (ossia dal 1993 al 2007, data del ricorso) a quello oggetto della precedente sentenza.

3. Con il primo motivo i ricorrenti denunciano la violazione dell’art. 112 c.p.c. e lamentano che, a fronte di un motivo di appello ben determinato e costituito dalla asserita sussistenza del loro interesse ad agire, negato dal primo giudice, la Corte ha esaminato il merito della domanda, rigettandola, senza che vi fosse un appello da parte del Comune di Vasto.

4. Con il secondo motivo, la parte ricorrente censura la sentenza per violazione e falsa applicazione degli artt. 115 c.p.c. e art. 2947 c.c., nonchè per omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia. Si duole del rigetto della domanda, che in realtà era provata dalla non contestazione mossa dal Comune di Vasto quanto meno per gli anni relativi al periodo 1994-1997.

5. -Il ricorso incidentale è invece fondato sulla violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 c.c., deducendosi da parte del Comune di Vasto l’insussistenza di un giudicato in ordine alla spettanza in capo all’Inps dei contributi assicurativi previdenziali e assistenziali per il periodo successivo al 29 maggio 1993.

6. – Il ricorso principale deve essere rigettato.

Dalla lettura dell’atto di appello, integralmente trascritto nel ricorso per cassazione, e della stessa sentenza impugnata, si evince che gli odierni ricorrenti – nel censurare la sentenza di primo grado che aveva dichiarato loro difetto di interesse – hanno reiterato le conclusioni di merito, chiedendo la condanna del Comune convenuto alla regolarizzazione contributiva per il periodo successivo a quello oggetto della decisione della Corte di cassazione n. 12685/2006 (pag. 20 del ricorso per cassazione).

Correttamente pertanto la Corte ha deciso sulla domanda, non esaminata dal Tribunale sull’erroneo presupposto che riguardasse lo stesso periodo per il quale era intervenuto il giudicato (fino al 1993).

Ed invero, per effetto della riproposizione in appello delle conclusioni di merito, l’impugnazione ha prodotto il doppio effetto di “iudicium rescindens” e “iudicium rescissorium”, in quanto diretto non già alla mera eliminazione di un atto illegittimo, ma alla rinnovazione, del giudizio di merito sulle domande per cui era stata omessa la pronuncia. Se così non fosse, del resto, la Corte avrebbe dovuto dichiarare l’inammissibilità dell’impugnazione per difetto d’interesse in quanto l’eventuale fondatezza della censura non comporta il potere del giudice di pronunciare sul merito della controversia, e non potendo trovare applicazione l’istituto della rimessione della causa al primo giudice non ricorrendo alcuna delle ipotesi tassativamente previste dall’art. 353 c.p.c. e art. 354 c.p.c., comma 1 (cfr. Cass. 18/05/2010, n. 12101).

7. Il giudizio della Corte di rigetto nel merito della domanda è inoltre corretto e motivato. La Corte ha infatti ritenuto insussistente la dedotta “non contestazione” da parte del Comune convenuto, il quale, al contrario, aveva “recisamente” contestato la identità tra la fattispecie fatta valere nel presente giudizio e quella già oggetto di decisione, deducendo le diverse modalità di svolgimento dei rapporti di lavoro e la mancanza di un vincolo di dipendenza gerarchica e disciplinare con gli appellanti nel periodo successivo al 29 maggio 1993. A fronte di tale rilevata inequivoca contestazione, la Corte ha ritenuto che nulla avessero allegato gli appellanti, nè tantomeno provato o richiesto di farlo, “dando anzi atto della non necessità di alcuna attività istruttoria”. Questa chiara ratio decidendi non risulta adeguatamente contrastata, nè a fronte di tale chiarezza può trovare ingresso la tesi dei ricorrenti secondo cui la contestazione del Comune riguardava soltanto l’anno 1997, in ragione della dedotta stipulazione di nuovi contratti di collaborazione coordinata e continuativa.

La dimostrazione, ad abundatiam, da parte del Comune di una diversa modalità di svolgimento dei rapporti di lavoro, quanto meno dal 1997, non può all’evidenza comportare alcuna inversione dell’onere probatorio per ciò che riguarda il periodo precedente, rispetto al quale sussisteva l’onere dei ricorrenti di provare la fondatezza degli assunti. Ciò esclude pure la ricorrenza delle dedotte violazioni di legge (apparendo peraltro inconferente il richiamo dell’art. 2947 c.c.), avendo la Corte territoriale fatta corretta applicazione delle norme relative alla ripartizione degli oneri probatori, mentre non si ravvisa la violazione dell’art. 115 c.p.c., la quale può essere dedotta come vizio di legittimità solo denunciando che il giudice ha dichiarato espressamente di non dover osservare la regola contenuta nella norma, ovvero ha giudicato sulla base di prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli (Cass. 10 giugno 2016, n.11892). Denunce quest’ultime neppure prospettate.

8. Il ricorso deve pertanto essere rigettato, con conseguente assorbimento del ricorso incidentale condizionato (impropriamente definito “subordinato”), per l’evidente sopravvenuto difetto di interesse. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso principale e dichiara assorbito il ricorso incidentale condizionato. Condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del presente giudizio che liquida, per ciascuno dei contro ricorrenti, in Euro 3.600,00, di cui Euro 100,00 per esborsi, oltre al 15% di spese generali e altri accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 5 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 6 dicembre 2016

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