Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24984 del 23/10/2017


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Cassazione civile, sez. II, 23/10/2017, (ud. 17/05/2017, dep.23/10/2017),  n. 24984

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIGLIUCCI Emilio – Presidente –

Dott. BIANCHINI Bruno – Consigliere –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – rel. Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 11637-2013 proposto da:

RETE FERROVIARIA ITALIANA SPA, (OMISSIS), elettivamente domiciliato

in ROMA, CORSO TRIESTE 85, presso lo studio dell’avvocato GIOVANNI

PREVITI, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

P.M.G., domiciliata in ROMA P.ZZA CAVOUR presso la CORTE

di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato NUNZIO SANTI

GIUSEPPE DI PAOLA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 357/2012 della CORTE D’APPELLO di MESSINA,

depositata il 07/06/2012;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

17/05/2017 dal Consigliere Dott. ANTONELLO COSENTINO.

Fatto

RILEVATO

che la società Rete Ferroviaria Italiana spa – già Ferrovie dello Stato spa – ricorre, con quattro motivi, per la cassazione della sentenza della corte d’appello di Messina che, riformando la sentenza del Tribunale della stessa città, ha dichiarato inammissibile, perchè tardiva, la domanda di rilascio proposta dalla società ricorrente avverso P.A.E.M., dante causa dell’odierna intimata P.M.G., con riguardo ad un terreno sito in (OMISSIS), di cui la società attrice assumeva l’illegittima occupazione;

che la corte di Messina ha altresì rigettato la domanda di rivendica proposta dall’attrice e accolta in primo grado, dal momento che il diritto vantato risultava sfornito di prova, in quanto doveva ritenersi insufficiente la documentazione prodotta, nè la c.t.u. espletata poteva supplire a tale mancanza;

che la signora P.M.G. si è costituita con controricorso;

che non sono state depositate memorie per l’adunanza di camera di consiglio ex art. 180 bis c.p.c., comma 1 del 17.5.17, in cui la causa è stata decisa.

Diritto

CONSIDERATO

che col primo motivo si denuncia la violazione o falsa applicazione degli artt. 330 e 301 c.p.c., della L. n. 75 del 1993, art. 15 della Delib. CIPE del 12 agosto 1992, del D.L. n. 333 del 1992, art. 18 convertito in legge con la L. n. 359 del 1992, del D.L. n. 38 del 1991, art. 1 convertito in legge con la L. n. 352 del 1992, e della L. n. 990 del 1955;

che, secondo la ricorrente, la corte territoriale avrebbe errato nel rigettare l’eccezione preliminare di inammissibilità dell’appello in quanto, per effetto delle norme citate (determinanti la trasformazione delle Ferrovie dello Stato in società per azioni), l’Avvocatura dello stato, che difendeva le Ferrovie dello Stato, aveva perso lo jus postulandi e di conseguenza la notifica dell’appello avrebbe dovuto essere effettuata alla parte personalmente, con conseguente inesistenza della notifica dell’impugnazione all’Avvocatura dello Stato e passaggio in giudicato della sentenza di primo grado allo spirare del termine breve;

che il primo motivo è infondato avendo questa Corte già chiarito (Cass. 6959/97) che è ammissibile l’impugnazione proposta nei confronti dell’Ente Ferrovie dello Stato dopo la sua trasformazione in società per azioni, con atto notificato presso l’Avvocatura dello Stato, quale procuratore costituito presso il giudice “a quo”, atteso che la trasformazione ha determinato non l’estinzione di un ente e la successione ad esso di un nuovo soggetto ma solo una modificazione della forma e dell’organizzazione dello stesso soggetto giuridico che ha mantenuto la sua identità;

che col secondo motivo si lamenta la violazione dell’art. 112 c.p.c. in cui la corte territoriale sarebbe incorsa nel giudicare viziata di ultrapetizione la statuizione del primo giudice che aveva condannato il P. al rilascio del bene conteso (in accoglimento di una domanda proposta per la prima volta nella comparsa conclusionale) senza considerare che l’emanazione dell’ordine di rilascio conseguirebbe necessariamente dall’accertamento della demanialità di un immobile;

che il motivo è inammissibile perchè si fonda su una presupposto di fatto, relativo alla natura demaniale del terreno de quo, prospettato per la prima volta nel giudizio di cassazione; la demanialità del terreno, infatti, non risulta accertata nella sentenza gravata, nè nel ricorso si riferisce se ed in quali termini e con quali atti difensivi la relativa questione sia stata dedotta nell’ambito del giudizio di merito;

che col terzo motivo la società ricorrente lamenta la violazione o falsa applicazione dell’art. 822 c.c. e dell’art. 112 c.p.c. in cui la corte territoriale sarebbe incorsa non rilevando il carattere demaniale del terreno in contesa, in quanto spazio accessorio alla strada ferrata (circostanza autonomamente sufficiente a dimostrare il diritto dominicale della società ricorrente) e, comunque, trascurando che, in ogni caso, il consulente tecnico nominato nel corso del giudizio aveva accertato, sulla base delle indagini sui titoli di provenienza, l’appartenenza del terreno alla società attrice;

che il motivo va disatteso in relazione ad entrambe le censure in cui si articola;

che, quanto alla censura concernente il mancato rilievo della demanialità del terreno, il motivo pone, inammissibilmente, una questione nuova, secondo quanto già precisato con riferimento al secondo mezzo di impugnazione; va qui ribadito che nel ricorso non si specifica in quale sede di merito l’odierna ricorrente abbia dedotto la prossimità del terreno de quo alla strada ferrata, nè altri fatti su cui fondare la qualificazione del terreno in questione come demaniale o patrimoniale indisponibile (cfr. Cass. 9460/12: “Le strade ferrate, incluse nel demanio pubblico a norma dell’art. 822 c.p.c., comma 2, comprendono il suolo e le essenziali strutture, necessarie al funzionamento della linea, mentre fanno parte del patrimonio indisponibile, ai sensi dell’art. 826 c.c., u.c., il materiale rotabile e gli edifici, non inerenti alla strada ferrata, destinati al pubblico servizio ferroviario”);

che, quanto alla censura relativa alla valutazione delle risultanze peritali, il motivo si risolve in una sollecitazione alla rivalutazione del merito palesemente estranea alle funzioni istituzionali del Giudice di legittimità;

che con il quarto motivo si denuncia la violazione dell’art. 91 c.p.c. in cui la corte territoriale sarebbe incorsa addossando all’odierna ricorrente le spese del giudizio di appello;

che il motivo non ha pregio, essendosi la corte messinese rettamente attenuta al principio victus victori;

che quindi in definitiva il ricorso va rigettato;

che le spese del giudizio di cassazione seguono la soccombenza;

che deve altresì darsi atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, del raddoppio del contributo unificato D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, ex art. 13, comma 1 quater, D.Lgs. n. 546 del 1992.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Condanna la ricorrente a rifondere alla contro ricorrente le spese del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 3.000, oltre Euro 200 per esborsi ed oltre accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, D.Lgs. n. 546 del 1992, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 17 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 23 ottobre 2017

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