Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24983 del 23/10/2017


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Cassazione civile, sez. II, 23/10/2017, (ud. 17/05/2017, dep.23/10/2017),  n. 24983

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIGLIUCCI Emilio – Presidente –

Dott. BIANCHINI Bruno – rel. Consigliere –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso (iscritto al n.r.g. 22180/14) proposto da:

C.G., (c.f.: (OMISSIS)) rappresentato e difeso, in forza

di procura a margine del ricorso, dall’avv. Patrizia Palmieri ed

elettivamente domiciliato presso l’avv. Ludovico Grassi in Roma, via

San Tommasi d’Aquino n. 80;

– ricorrente –

contro

CA.Pi., (c.f.: (OMISSIS));

CA.Ri. (c.f.: CRT RTI 36H50 F4543) parti entrambe

rappresentate e difese, in forza di procura a margine del

controricorso, dall’avv. Fabio Messi e con domicilio eletto presso

lo studio dell’avv. Ennio Fratticci in Roma, via Giovanni Paisiello

n. 15;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 14/2014 della Corte di Appello di Ancona del 6

marzo 2013 – 23 gennaio 2014, non notificata;

udita la relazione di causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 17 maggio 2017 dal consigliere dr. Bruno Bianchini.

Fatto

FATTI DI CAUSA

C.G. citò innanzi al Tribunale di Macerata: Ca.Pi.; Ca.Ri. T. ed F.E. ved. Ca. (poi deceduta nel corso del giudizio ed alla quale subentrarono gli eredi R. e Ca.Pi.) – chiedendo che fossero condannati al pagamento della somma di Lire 40.433.684 a titolo di rimborso delle spese sostenute per le addizioni ed i miglioramenti effettuati sul terreno (poi trasformato in giardino) di proprietà dei convenuti e posseduto dall’attore (nonchè, fin che era durata la convivenza, anche dalla consorte): espose all’uopo che i primi due convenuti, assieme ad F.E., nel febbraio 1983, avevano venduto all’esponente ed alla moglie T.C., la porzione di terreno ove poi era stata realizzata la casa coniugale e che con rogito del luglio 1994 – in occasione della separazione personale dei coniugi- la moglie aveva acquistato dall’attore la quota di un mezzo del fabbricato; essendo emerso che la vendita del 1983 aveva riguardato solo il sedime della casa coniugale, riteneva l’attore di aver diritto, quale soggetto in buona fede, all’indennizzo previsto dall’art. 1150 c.c. per la trasformazione in giardino del terreno incolto circostante la casa.

I convenuti si opposero all’accoglimento della domanda; l’adito Tribunale accolse le richieste del C., pronunciando sentenza n. 1006/2010, con la quale condannò i Ca. al versamento dell’importo di Euro 59.490,52 oltre interessi legali dalla sentenza al soddisfo.

Tale decisione venne appellata dai predetti soccombenti; la Corte di Appello di Ancona, pronunciando sentenza n. 14 del 2014, riformò la gravata decisione sulla base dell’assunto che il C. non potesse essere considerato possessore del terreno oggetto di miglioramenti, ben sapendo che l’utilizzo dell’area poi trasformata in giardino era stato concesso in virtù del consenso e della tolleranza dei proprietari e dovendo essere a conoscenza, stante il chiaro tenore del rogito del 1983, che tale porzione di terreno non era compresa nell’acquisto.

Per la cassazione di tale decisione ha proposto ricorso il C., facendo valere due motivi di annullamento, depositando successiva memoria ex art. 378 c.p.c.; P. e Ca.Ri. hanno resistito con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

p. 1 – Va preliminarmente messo in rilievo che, sebbene nel dispositivo della sentenza della Corte di Appello si assuma essersi detto giudice pronunciato su un appello avverso la “sentenza parziale del Tribunale di Macerata n. 491/2010”, è incontestato che sia il gravame di merito sia la decisione del giudice dell’impugnazione hanno avuto ad oggetto la sentenza n. 1006/2010 del ricordato Tribunale e, del pari, che il ricorso in esame presuppone la decisione della Corte di Appello sulla medesima sentenza (vedi intestazione a fol 1; descrizione dell’oggetto dell’appello ai foll 1 e 2; riproduzione delle conclusioni delle parti a fol 4 della sentenza n. 14/2014 della Corte di Appello; descrizione del fatto a fol 3 del ricorso ed a fol 2 della memoria ex art. 378 c.p.c. nonchè a fol 2 del controricorso): la presenza dunque di un errore materiale non inficia la ritualità del ricorso.

p. 2 – Con il primo motivo si assume la violazione e la falsa applicazione degli artt. 1144 e 1150 c.c. contestandosi la valutazione della posizione del ricorrente con il fondo con riferimento ad un atteggiamento di tolleranza da parte dei proprietari del lotto: assume in proposito il C. che tale interpretazione sarebbe in contrasto con la durata pluriennale di godimento del terreno circostante l’abitazione acquistata dai parenti della ex moglie e con l’ampiezza dei lavori di trasformazione del terreno da incolto a giardino: ribadisce che tale situazione ben avrebbe potuto far nascere il sè il convincimento della ricomprensione del lotto nell’oggetto della precedente compravendita.

p. 2.1 – Il mezzo è infondato in quanto la critica in esso contenuta non affronta la ratio decidendi della Corte distrettuale che, proprio esaminando la particolarità della fattispecie, ha sottolineato che gli elementi di essa sopra valorizzati, non erano idonei a far mutare la relazione di fatto del ricorrente con il fondo da detenzione in possesso, atteso che proprio il rapporto di affinità tra il deducente e gli alienanti giustificava la valutazione in termini di tolleranza della inerzia dei medesimi di fronte all’attività migliorativa posta in essere dal ricorrente, elidendo dunque l’altrimenti diversa significanza della lunga durata del rapporto con il terreno e l’entità delle migliorie. In sostanza dunque il ricorrente si limita ad esprimere la sua non condivisione rispetto ai risultati interpretativi raggiunti dalla Corte del merito, congruamente motivati.

p. 3 – Con il secondo motivo viene denunciato l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio ma vanamente si ricercherebbe nello svolgimento argomentativo del mezzo un qualunque accenno a detto “fatto”, limitandosi il ricorrente a ribadire la presenza della sua buona fede che dovrebbe caratterizzare il “possesso”, con pretermissione dunque degli esiti dell’indagine – compiuta dalla Corte distrettuale – ai fini della qualificazione in termini di detenzione del rapporto con la porzione di terreno trasformata in giardino.

p. 4 – Le spese del presente giudizio sono regolate secondo la soccombenza, in base a quanto indicato in dispositivo, tenuto conto della complessità dell’opera professionale prestata e dell’oggetto della controversia.

p. 4.1 Dal momento che il ricorso è stato respinto e che l’atto introduttivo del giudizio di legittimità è stato notificato il 22 luglio 2014, sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo, pari a quello versato a titolo di contributo unificato, a norma del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, commi 1 quater e 1 bis.

PQM

Rigetta il ricorso e condanna C.G., al pagamento delle spese di lite, liquidandole in complessivi Euro 2.500 (duemilacinquecento) per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 %, agli esborsi, liquidati in Euro 200 (duecento) ed agli accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della ricorrenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione seconda della Corte di Cassazione, il 17 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 23 ottobre 2017

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