Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24981 del 09/11/2020

Cassazione civile sez. III, 09/11/2020, (ud. 14/07/2020, dep. 09/11/2020), n.24981

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SESTINI Danilo – Presidente –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. FIECCONI Francesca – Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. MOSCARINI Anna – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 4440/2019 proposto da:

G.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

TAGLIAMENTO 55, presso lo studio dell’avvocato NICOLA DI PIERRO, che

lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato SERGIO DAL CERO;

– ricorrenti –

contro

N.D.S.L., R.A., elettivamente domiciliati in

ROMA, LARGO MESSICO, 7, presso lo studio dell’avvocato ALESSANDRO

TOZZI, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato SERENA

NOLI;

– controricorrenti –

nonchè contro

N.D.S.L., S.F.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1855/2018 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 28/06/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

14/07/2020 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE CRICENTI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MISTRI Corrado;

udito l’Avvocato.

 

Fatto

I FATTI DI CAUSA

R.A. e N.d.S.L. hanno citato in giudizio G.G., quale direttore dei lavori nell’ambito di un appalto che i due attori avevano affidato alla società (OMISSIS), nel frattempo fallita.

Il G. è stato incaricato dalla (OMISSIS) della direzione lavori, ed i due committenti hanno rilevato, alcuni anni dopo la costruzione del loro immobile, vizi e difformità rilevanti.

Ne è sorto un accertamento tecnico preventivo indirizzato verso l’impresa, e poi una citazione nei confronti del G. (e di altro progettista che non è parte in questo procedimento), nel corso del quale il G. si è difeso eccependo l’inutilizzabilità dell’ATP nei suoi confronti, la prescrizione del diritto ai danni, essendo l’immobile stato accettato ed abitato dal 2006, l’inesistenza, comunque, dei vizi.

Egli ha inoltre preteso il pagamento dei compensi non corrisposti. Il Tribunale ha accolto entrambe le domande: quella principale di risarcimento del danno da difformità e vizi e quella del G. di pagamento dei compensi, compensando le due somme e condannando quest’ultimo alla differenza.

Entrambe le parti hanno interposto appello, principale l’una ed incidentale l’altra, impugnazioni rigettate dalla corte di secondo grado che ha confermato la decisione di prima istanza.

Ora ricorre il G. con cinque motivi, cui fanno opposizione i due committenti, con controricorso.

Diritto

LE RAGIONI DELLA DECISIONE

1.- I motivi di ricorso sono cinque, ma ciascuno si articola in censure diverse.

Il primo motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 696 bis e 698 c.p.c., ed attiene alla utilizzabilità della ATP disposta prima del giudizio di merito.

Il ricorrente sostiene che la ATP non è mai stata acquisita formalmente al giudizio e dunque non poteva essere assunta a base della decisione, come invece è accaduto.

E’ vero, secondo il ricorrente, che l’accertamento tecnico può essere acquisito anche mediante provvedimento implicito, ma è altresì vero che non v’è stato neanche quello, essendosi il giudice limitato a sentire il CTU sulla relazione fatta nel giudizio di accertamento preventivo.

Questo primo motivo è logicamente connesso al quarto motivo di ricorso, il quale denuncia violazione degli artt. 694 e 696 c.p.c..

Secondo il ricorrente, la corte avrebbe errato nel ritenere utilizzabile nei suoi confronti la ATP nonostante egli non fosse stato citato a parteciparvi. La tesi della corte di merito è che, pur dopo l’incarico al CTU, il ricorrente era stato avvisato della pendenza dell’accertamento tecnico con raccomandata spedita dall’avvocato di controparte, e questa comunicazione era da ritenersi sufficiente a consentirgli la partecipazione al procedimento.

Il ricorrente contesta questa tesi ed assume come irrilevante quella comunicazione, oltre che tardiva, ai fini della instaurazione del contraddittorio.

2.- Il secondo motivo denuncia violazione degli artt. 2226 e 2236 c.c..

La tesi della corte di appello era nel senso che, ai fini della prescrizione, non si potesse fare applicazione del termine di cui all’art. 2226 c.c..

Con la precisazione che la prescrizione del diritto a far valere le difformità, eccepita dal ricorrente come maturata, inizia a decorrere da quando il committente abbia consapevolezza sia delle difformità che delle loro cause e, nel caso presente, questa consapevolezza si è avuta solo con l’accertamento tecnico preventivo, cosi che la successiva richiesta di risarcimento non è tardiva.

3.- Con il terzo motivo, il ricorrente lamenta violazione innanzitutto della L. Fall., art. 43, in relazione poi agli artt. 2226 e 2236 c.c..

La tesi del ricorrente è che il procedimento per accertamento tecnico preventivo andava interrotto in quanto era fallita, durante il suo corso, la società (OMISSIS), parte in causa in quel procedimento.

4.- Con il quinto motivo il ricorrente denuncia violazione dell’art. 116 c.p.c..

Ritiene che la valutazione delle prove raccolte sia stata errata, e che esse andassero in direzione diversa da quella intesa dalla corte di merito.

Il motivo costituisce dunque un esame della valutazione fatta dalla corte di appello delle prove assunte ed una confutazione di tale valutazione.

Il ricorso è fondato solo in parte.

Ritiene il collegio di poter accogliere il quarto motivo.

Come detto, con tale censura il ricorrente si duole della tesi secondo cui la corte di merito ha ritenuto utilizzabile nei suoi confronti la ATP nonostante egli non fosse parte del procedimento relativo.

La corte di appello si esprime in questi termini: “La Suprema Corte di legittimità ha avuto modo di chiarire che quando sia comunicato ad un soggetto interessato il provvedimento a mezzo del quale è disposto l’ATP il medesimo, pur non rivestendo ancora la qualità di parte del giudizio, assume quella di parte del procedimento di istruzione preventiva essendogli garantita la possibilità di intervenire nel procedimento medesimo per svolgere le proprie difese, con la conseguenza che se non interviene, “imputet sibi” (Cass. 31.5.2005, n. 11598)”.

Questa tesi è però errata.

Questa corte ha precisato che “che l’accertamento tecnico preventivo può essere chiesto prima dell’instaurazione della causa o in corso di essa. Se il provvedimento, a mezzo del quale è disposto, è emesso fuori dell’udienza, deve essere comunicato alle parti in modo che esse possano partecipare all’atto di istruzione preventiva e svolgere le proprie opportune difese altrimenti nei loro confronti l’accertamento è nullo. Se però è disposto prima che il soggetto acquisti la qualità di parte del processo, come avviene quando egli non sia stato ancora chiamato in causa, l’accertamento, pienamente valido nei confronti delle parti, non è a lui opponibile” (Cass. 4986/ 2012).

Dal che si trae la conclusione che, innanzitutto, la regola fatta propria dalla corte di merito presuppone un accertamento tecnico disposto in corso di causa, ed inoltre che l’accertamento disposto nei confronti di colui che, non essendo stato chiamato in causa, non ne è parte, non è a questi opponibile.

Con la conseguenza che, nel caso di accertamento disposto prima dell’inizio della causa, l’opponibilità del risultato probatorio presuppone che il soggetto nei cui confronti è utilizzato venga citato a partecipare.

La corte sostiene che tale citazione è stata fatta ed anche validamente.

Si è però trattato di una lettera scritta dal difensore dei ricorrenti con cui si informava G. della pendenza di un procedimento di accertamento tra i committenti e l’impresa.

E questo atto, di per sè, non è idoneo a costituire una valida evocazione in giudizio, che ha come necessario elemento l’indicazione del contenuto del ricorso, in modo che il chiamato possa presentarsi all’udienza con argomenti a proprio favore. Inoltre, circostanza decisiva, la comunicazione per lettera della pendenza dell’accertamento tecnico, è stata fatta dopo che il CTU era stato nominato e dopo che erano stati formulati i quesiti, con la conseguenza che, anche ad ammettere che formalmente potesse valere ad una vocatio in ius, di certo era tardiva, ed impediva al chiamato di contraddire su una decisione già presa.

In sostanza, l’ATP è stato utilizzato dalla corte nei confronti di un soggetto cui non è stata concessa effettiva possibilità di contraddire.

Vero è che il giudice può utilizzare anche prove raccolte in altro processo, o meglio in un procedimento cui una delle parti era estranea, o lo erano entrambe, ma il valore probatorio di tali elementi è diverso da quello costituito da un accertamento tecnico preventivo svolto tra le parti stesse del giudizio di merito e soprattutto la regola della prove atipiche nulla ha a che vedere con la regola di giudizio, adottata dalla corte di merito, che considera utilizzabile l’accertamento tecnico in quanto tale anche nei confronti di soggetto che al relativo procedimento non ha partecipato.

L’accoglimento del quarto motivo assorbe il primo, che verte su medesima questione, ed il quinto in quanto la valutazione delle prove va effettuata escludendo il valore assegnato alla ATP dalla corte e diversamente apprezzando quindi il risultato di quell’accertamento.

Il secondo motivo è infondato, in quanto è orientamento di questa corte che “le disposizioni dell’art. 2226 c.c., in tema di decadenza e prescrizione dell’azione di garanzia per vizi dell’opera, sono inapplicabili alla prestazione d’opera intellettuale, ed in particolare alla prestazione del professionista che abbia assunto l’obbligazione della redazione di un progetto di ingegneria o della direzione dei lavori, ovvero l’uno e l’altro compito, attesa l’eterogeneità della prestazione rispetto a quella manuale, cui si riferisce l’art. 2226 c.c., norma che perciò non è da considerare tra quelle richiamate dall’art. 2230 c.c.; pertanto, si deve escludere che il criterio risolutivo ai fini dell’applicabilità delle predette disposizioni alle prestazioni in questione possa essere costituito dalla distinzione – priva di incidenza sul regime di responsabilità del professionista – fra le cosiddette obbligazioni di mezzi e le cosiddette obbligazioni di risultato: e ciò tenuto conto anche della frequente commistione, rispetto alle prestazioni professionali in questione, delle diverse obbligazioni in capo al medesimo o a distinti soggetti in vista dello stesso scopo finale, a fronte della quale una diversità di disciplina normativa risulterebbe ingiustificata” (Cass. Sez. Un. 15781/2005; Cass. 5091 del 2006; Cass. 28575/2013; Cass. 12871/2015), e corretta si dimostra la regola affermata dalla corte di merito quanto alla decorrenza della prescrizione, in quanto “in tema di garanzia per gravi difetti dell’opera ai sensi dell’art. 1669 c.c., il termine per la relativa denunzia non inizia a decorrere finchè il committente non abbia conoscenza sicura dei difetti e tale consapevolezza non può ritenersi raggiunta sino a quando non si sia manifestata la gravità dei difetti medesimi e non si sia acquisita, in ragione degli effettuati accertamenti tecnici, la piena comprensione del fenomeno e la chiara individuazione ed imputazione delle sue cause. Nondimeno, qualora si tratti di un problema di immediata percezione, sia nella sua reale entità, che nelle sue possibili cause sin dal suo primo manifestarsi, il decorso di tale termine non è necessariamente nè automaticamente postergato all’esito dei predetti approfondimenti tecnici.” (Cass. 27693/ 2019).

Infine, il secondo motivo è inammissibile nella parte in cui denuncia violazione della L. Fall., art. 43, posto che si duole della mancata interruzione di un procedimento, da un lato diverso da questo, ossia l’ATP, e per altro verso nel quale lo stesso ricorrente assume di non essere stato parte, cosi che non ha, per ciò stesso legittimazione ad eccepire alcunchè.

Il ricorso va pertanto accolto in tali termini.

P.Q.M.

La corte accoglie il quarto motivo, rigetta il secondo, dichiara assorbiti il primo, il terzo ed il quinto. Cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di Appello di Venezia in diversa composizione, anche per le spese.

Così deciso in Roma, il 14 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 9 novembre 2020

 

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