Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24979 del 09/11/2020

Cassazione civile sez. III, 09/11/2020, (ud. 14/07/2020, dep. 09/11/2020), n.24979

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SESTINI Danilo – Presidente –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. FIECCONI Francesca – Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. MOSCARINI Anna – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 10550/2018 proposto da:

FIS FACTORING INVESTIMENTI SERVIZI FINANZIARI SPA, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA UGO OJETTI 16, presso lo studio

dell’avvocato GIUSEPPE MACCARRONE, che lo rappresenta e difende

unitamente all’avvocato GIOVANNI DE BIASI;

– ricorrente –

contro

BT ITALIA SPA,GIA’ ALBACOM SPA,elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

DELLE QUATTRO FONTANE 161, presso lo studio dell’avvocato PAOLO

QUATTROCCHI, che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati

LUCA TOFFOLETTI, ROSSELLA ADAMO, VITTORIO NOSEDA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 226/2018 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA,

depositata il 12/03/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

14/07/2020 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE CRICENTI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MISTRI Corrado;

udito l’Avvocato.

 

Fatto

I FATTI DI CAUSA

F.I.S. (Factoring Investimenti Servizi Finanziari) spa ha acquistato da Termoter srl un credito derivante da fatture, vantato dalla cedente nei confronti di Albacom spa (oggi BTI spa).

La Termoter srl aveva infatti realizzato lavori, in appalto, a vantaggio di BTI spa e dunque aveva credito del corrispettivo, per il pagamento del quale ha emesso fatture; ma poi ha ceduto tale credito alla F.I.S. spa, notificando la cessione al debitore BTI spa, che ha accettato.

F.I.S. spa, cessionaria del credito, ha preteso da BTI il pagamento di quelle fatture, rappresentanti titolo del credito ceduto, ma BTI ha corrisposto solo il 92%, trattenendo invece l’8% del totale, in base ad una clausola del contratto di appalto, per la quale quella percentuale veniva trattenuta dal committente a garanzia della corretta esecuzione dei lavori: secondo BIT spa, la Termoter srl non aveva ultimato le opere, ed a causa di tale inadempimento la committente era stata costretta ad affidare l’ultimazione a terzi, con un maggiore aggravio di spesa. F.I.S. spa ha dunque ottenuto decreto ingiuntivo per la somma parti all’8% e BIT spa si è opposta.

Il decreto ingiuntivo è stato confermato dal Tribunale, che ha rigettato l’opposizione, ritenendo che, accettando la cessione del credito, la debitrice ceduta aveva altresì riconosciuto il debito per l’intero e non soltanto per il 92%.

Questa decisione è stata riformata in appello, giudizio nel quale la corte di secondo grado ha invece interpretato la clausola contrattuale nel senso che la committente si riservava una garanzia dell’8% sul corrispettivo, per l’eventualità di un inadempimento dell’appaltatore.

Contro questa decisione F.I.S. spa ricorre con cinque motivi.

V’è controricorso della BIT spa.

Diritto

LE RAGIONI DELLA DECISIONE

1.- La ratio della decisione impugnata.

La corte di merito fonda le sue conclusioni sulla interpretazione, intanto, della dichiarazione con cui il debitore ceduto, ossia BIT spa, ha accettato la cessione. Secondo la corte il debitore ha inteso rinunciare alle eccezioni, e dunque accettare incondizionatamente la cessione del credito, solo per il 92% del suo ammontare. Questa limitazione risulterebbe, secondo la corte di merito, dal tenore della cessione, in cui è previsto che il pagamento dovesse avvenire secondo le modalità indicate nelle fatture, e cioè rinviando il saldo dell’8% al momento della conclusione delle opere, che non erano state di fatto terminate dall’appaltatore, ma anche dal fatto che la possibilità di sostituire quell’8% con una polizza, era, in contratto, prevista solo in caso di ultimazione delle opere, condizione questa non realizzatasi.

2.- La società ricorrente contesta questa ratio con cinque motivi.

Con il primo motivo denuncia violazione dell’art. 112 c.p.c., nonchè difetto assoluto di motivazione.

Secondo la società ricorrente, la corte di merito non ha motivato adeguatamente su un aspetto importante della controversia, vale a dire sulla esistenza dell’inadempimento dell’appaltatore, che non avrebbe ultimato l’opera, condizione questa prevista per il mancato pagamento dell’8% del corrispettivo. In sostanza, pur avendo la corte premesso che quella percentuale era giustamente trattenuta dal debitore a fronte dell’inadempimento dell’appaltatore, però non ha mai argomentato circa tale inadempimento ed il danno conseguente; anzi, non ha pronunciato affatto sulla domanda di BIT spa di far accertare l’inadempimento dell’appaltatore, e sulla correlativa eccezione di F.IS. di non compensabilità di tale inadempimento con il credito ceduto.

Il motivo è inammissibile.

Esso non coglie la ratio della decisione impugnata.

A ben vedere, la corte di merito non investita di alcuna domanda circa l’accertamento del mancato adempimento dell’appaltatore, che è una circostanza accertata in via incidentale, ossia come presupposto per ritenere operante la clausola di garanzia dell’8%.

La corte prende atto di un dato emerso durante l’istruttoria e qui non censurabile, in quanto accertamento di fatto, secondo cui “i lavori non furono mai collaudati ed anzi Termoter s.r.l. abbandonò anzitempo cantieri prima di ultimare le opere” (p. 10 della sentenza).

Con la conseguenza che il presupposto di fatto (ossia l’inadempimento del cedente) della questione di diritto (se il debitore ceduto avesse diritto di trattenere di conseguenza l’8% del compenso), è dato per accertato dalla corte.

La condizione che consente al debitore ceduto di trattenere l’8% è data per accertata dalla corte di merito, e risulta come tale anche in primo grado, anche se ivi diversamente valutata.

3.- Secondo e terzo motivo traggono conseguenza dal primo, e denunciano violazione degli artt. 1988 e 2735 c.c.. Possono essere trattati congiuntamente.

La ricorrente ritiene che la corte abbia erroneamente inteso la dichiarazione con la quale BIT spa, accettando la cessione del credito, ha rinunciato a fare eccezioni al cessionario, non considerando che quella dichiarazione valeva come confessione del debito, cosi che la prova della sua mancanza di causa, giusta la previsione dell’art. 1988 c.c. gravava, per l’appunto, su BIT spa.

Con il secondo motivo, precisamente, la ricorrente lamenta violazione dell’art. 2735 c.c., attribuendo alla corte di non avere assegnato alla accettazione del credito valore di confessione, mentre con il terzo motivo lamenta violazione degli artt. 1988 e 2697 c.c., ritenuti di conseguenza applicabili sul presupposto che la dichiarazione di accettare incondizionatamente la cessione del credito costituisca una confessione cosi determinando inversione dell’onere della prova.

Entrambi i motivi sono infondati.

Quanto al secondo va intanto osservato che la confessione è l’affermazione di fatti a sè sfavorevoli, mentre accettando la cessione del credito, la società ceduta non ha ammesso fatti a sè sfavorevoli, ma ha semplicemente rinunciato alle eccezioni da opporre al cessionario; non ha confessato di essere debitore, ma ha rinunciato ad una facoltà che, in quanto debitore ceduto, gli competeva per legge.

Così che non v’è alcun errore da parte della corte di merito nel non avere ritenuto quella dichiarazione come una confessione. Peraltro, la ratio della decisione non investe la natura della dichiarazione, bensì il suo contenuto, dal momento che la corte di merito ritiene che la rinuncia alle eccezioni valesse solo quanto al 92% del corrispettivo, e non al restante oggetto di ritenuta in garanzia.

L’infondatezza del terzo motivo conseguente.

Se si ritiene, come correttamente ha fatto la corte di merito, che la dichiarazione resa dal debitore ceduto costituisce, si, una rinuncia alle eccezioni e, per converso, dichiarazione di liquidità ed esigibilità del credito, ma solo per il 92% e non per il restante 8%, allora semmai l’onere di prova contraria investe quel 92%, ossia investe l’ambito della dichiarazione e non ciò che ne è fuori.

4.- Con il quarto motivo si denuncia violazione dell’art. 1248 c.c..

Ritiene la ricorrente che la corte ha male interpretato la norma, non considerando che non poteva opporsi in compensazione un credito sorto successivamente alla cessione. In sostanza, effettuata la cessione, il debitore ceduto avrebbe opposto in compensazione le spese sostenute per rimediare all’inadempimento del cedente, che però sono state effettuate successivamente alla cessione. E l’art. 1248 c.c., impedisce la compensazione dei crediti sorti posteriormente alla notificazione.

Anche questo motivo è infondato.

Va da sè che non di compensazione si è trattato, ma di applicazione della clausola contrattuale che consentiva al debitore, committente dell’appalto, di trattenere una parte del compenso, pari all’8%, in caso di inadempimento dell’appaltatore, ossia di non ultimazione delle opere da parte di quest’ultimo.

Secondo l’accertamento fatto dalla corte di merito, e per certi versi neanche contestato adeguatamente, la dichiarazione di accettare incondizionatamente la cessione del credito era riferita al solo 92o dell’ammontare di quest’ultimo, il che significa che l’8% non è pari ad un credito opposto in compensazione, ma è pari alla percentuale che il committente aveva diritto di trattenere (rectius di non pagare) in caso di inadempimento dell’appaltatore (cedente).

5.- Il quinto motivo denuncia omesso esame di un fatto decisivo e controverso.

La corte di merito non avrebbe considerato che la garanzia dell’8% era sostituibile con una polizza fideiussoria che la F.I.S. ha puntualmente offerto, e dunque l’8% andava pagato e la sua funzione sostituita dalla polizza in questione.

Il motivo è infondato.

Intanto, il fatto è preso in considerazione dalla corte, la quale ritiene che l’effetto “sostitutorio” avrebbe potuto verificarsi solo dopo l’ultimazione dei lavori (p 12-13 della sentenza).

Inoltre, questa osservazione della corte di merito, oltre che esplicita, è altresì fondata nel merito, posto che espressamente l’art. 9.2. del contratto, riportato in sentenza, prevedeva che la sostituzione dell’8% con una polizza fideiussoria, aveva come condizione l’ultimazione dei lavori.

Si tenga conto che l’8% presuppone il restante 92%, che è un totale misurato appunto su tutti i lavori e non su parte di essi.

Il ricorso va pertanto respinto.

PQM

La corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento della somma di 6000,00 Euro di spese legali, oltre 200,00 di spese generali. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, la Corte dà atto che il tenore del dispositivo è tale da giustificare il pagamento, se dovuto e nella misura dovuta, da parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, il 14 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 9 novembre 2020

 

 

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